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Neppure Siberia e manganelli hanno mai fermato la satira (libero sberleffo su libera coscia)

Schermata 2016-08-14 alle 10.23.54Per quanto interessante, il dibattito sulla satira è piuttosto ripetitivo, probabilmente è dai tempi dei sumeri che, se non si può vietarla, la si accusa di volgarità, di cattivo gusto, di zozzeria eccetera eccetera, insomma le si rimprovera di essere satira. Per dire della raffinatezza storica della materia, capitava non di rado che durante la commedia dell’arte gli attori mimassero sul palco l’atto del defecare (a volte nemmeno fingevano), e nel Medioevo (ma pure dopo), quando un nobile veniva assolto ingiustamente, si inscenavano in piazza delle “executio in effige” in cui il potere veniva sbertucciato in ogni modo (seguiva repressione). Ma insomma, l’arietta non è nuova: la satira prevede una libertà assoluta e ribelle, e se si vuole partire con la faccenda del pensiero unico, beh, storicamente è la prima che prende qualche sberla.

Solo che vietare la satira (o chiederle di piegarsi al conformismo grottesco del politicamente corretto, che è lo stesso) non  ferma la satira, perché chiedere ai sudditi di non ridere di chi li comanda è al di là delle umane cose.

Ah, sì, Mannelli, ovvio. Il sessismo è trovata relativamente nuova, ma la faccenda del cattivo gusto e dell’oscenità, invece è roba antica. George Grosz, a cui dobbiamo la più feroce descrizione della Germania anni ’20, coi suoi pescecani di guerra, fu condannato (e rovinato: morì in un manicomio) proprio per oscenità, per il disegno di un Cristo con la maschera antigas, vignetta di protesta contro la Grande Guerra. Ma il vero osceno della sua opera sono quei volti sfatti dal benessere diseguale, dalla ricchezza arraffona. E le donne, puttane povere o razza padrona, con quei corpi tumefatti dal presente, lividi dall’avere troppo, o troppo poco, dicono alla perfezione lo spirito dei tempi. Insomma, satira. Sgradevole, anche, e quindi buona.

Non che andasse meglio in altri posti e in altre epoche. Vero che il fascismo tollerò qualcheIMG_0296 risata, ben attento che l’umorismo non tracimasse nella critica. E vero anche che molti dei migliori talenti del dopoguerra maturarono in giornali satirici blandamente tollerati (Zavattini, Scola, Fellini, Marcello Marchesi al Marc’Aurelio, per dire). E l’immenso Petrolini, insignito di qualche medaglia dal regime riuscì addirittura a prenderli per il culo durante la cerimonia, urlando: “Me ne fregio!”. Grandioso.

Però quando il gioco si faceva duro, niente da fare, censura e confino. Così per Giuseppe Scalarini, che di fatto inventò la vignetta politica italiana, fu un continuo di condanne e soggiorni punitivi. E Il Becco Giallo, che faceva ridere un bel po’, fu fatto chiudere senza tante cerimonie. Osava, tra l’altro, irridere il fervente fascismo di Luigi Pirandello chiamandolo P.Randello. Chapeau.

Non per questo gli italiani smisero di ridere dei loro (in effetti ridicoli) capataz: le barzellette sul Duce sono state una specie di genere letterario per anni. Punite e represse dall’occhiuto regime, che quindi faceva più ridere ancora e generava più barzellette, come quella storica dell’autista di Mussolini che investe con la macchina un maiale.

“Vai a avvertire alla fattoria – dice il Duce, sempre attento al popolo – dì che sei il mio autista”.
Quando quello torna carico di doni, il Duce fa la faccia stupita e il milite spiega:
“Ho detto: sono l’autista del duce e ho ammazzato il porco. E quelli mi hanno fatto festa e coperto di doni”.
Divertente. Oggi si direbbe che alimenta la violenza? Mah.

Scalarini2A vietare la satira, poi ci hanno provato tutti. Nel grigiore sovietico del dopoguerra, anche dopo Stalin, la risata sul regime era un classico, e si rischiava pure parecchio, come dice appunto la barzelletta dei due giudici che parlano tra loro:

“Ah, oggi ne ho sentita una bellissima sul Politburo”.
“E come fa?”.
“Fa tre anni e sei mesi di Siberia”.

Raffinatezze russe, mentre nella Germania dell’Est si andava più terra-terra e fa ridere la storiella di Honecker che ordina di costruire una passerella sul lago per mostrare al suo popolo che sa camminare sulle acque. I tedeschi guardano la scena e commentano:

“Pensa come siamo messi, abbiamo un Segretario Generale che non sa nemmeno nuotare”.

Ora, diciamolo: non sono più i tempi adolescenti e belluini in cui si credeva che “una risata vi seppellirà”, però è innegabile che la risata contro il potere rimane un gesto eversivo. Persino quando la fa il potere stesso: perché sarà vero che l’aperto sghignazzo di Merkel e Sarkozy in faccia a Silvio buananima (ottobre 2011, memorabile) non era satira, però che l’abbiano seppellito non c’è dubbio.

Ma sia come sia, quello che viene dal basso, dalla pancia dolente delle persone qualunque, cittadini trasformati in sudditi, è un ridere amaro e strafottente, sempre al confine tra la satira e l’insulto, tra il sarcasmo e l’ironia, e del “buongusto” e del “politicamente corretto” ama fottersene alla grande.

Certo si può vietare la satira con le cattive o con le buone (blandendola, levandole il detonatore del coraggio, o della volgarità, o del cattivo gusto, o della sgradevolezza, insomma, ammaestrandola, rendendola digeribile), ma non ce se ne libererà mai veramente. Nemmeno nei casi più gravi, come dice la vecchia storiella russa dei due amici dissidenti:

“Senti, ho un brutto presentimento. Facciamo così, se mi deportano in Siberia io ti scrivo. Se scrivo con inchiostro nero è tutto vero, se scrivo con inchiostro rosso vuol dire che mi controllano e non devi credere a quello che dico, ok?”
“Ok”
Mesi dopo l’amico riceve una lettera dalla Siberia
“Caro Boris, ti scrivo finalmente dalla mia nuova casa. Qui è tutto bellissimo, si mangia bene, le ragazze sono gentili, un vero paradiso. Solo un piccolo difetto: non vendano inchiostro rosso”.

Ecco, siamo in un periodo in cui l’inchiostro rosso è meglio tenerselo stretto, e anche se il dibattito su quanto è sgradevole e scorretta la satira lo sentiamo dai tempi delle piramidi è bene dirlo ancora: trattasi di luogo libero, così libero che non c’è nulla su cui non si possa ridere, specie se potente. Corpi santi non ce n’è, spiacenti, né petto né coscia.

12 commenti »

12 Commenti a “Neppure Siberia e manganelli hanno mai fermato la satira (libero sberleffo su libera coscia)”

  1. Condivido in pieno , una bella risposta e dei bei esempi a chi ha gridato al sessismo

    da Vincenzo   - domenica, 14 agosto 2016 alle 14:59

  2. Mah. Penso che nessuno voglia censurare Mannelli, nel senso di impedirgli di disegnare.
    Peró se lui ha la libertá di scrivere vignette chiaramente sessiste (non ritrae Renzi con le cosce di fuori, ma solo la Boschi, strano!) avranno bene gli anticorpi democratici il diritto di criticarlo, o no?

    da federico_79   - domenica, 14 agosto 2016 alle 18:23

  3. “Chiaramente sessiste” e “anticorpi democratici”. Tutto autocertificato, sembrerebbe. Bene, io penso che la vignetta di Mannelli fosse ottima (diciamo che sono del ramo e che pubblicavo vignette di Mannelli venticinque anni fa… ah, off topics, non sarebbe male, quando si parla di un autore, conoscerne l’opera e, se così si può dire, “il discorso”, e basterebbe questo per capire che il sessismo non è roba di Mannelli). Comunque sia, io credo che la vignetta rendesse la ministra Boschi in tutta la sua consistenza, e credo che non esistano “corpi santi”. Naturalmente si può criticare, ovvio, (lascerei da parte gli “anticorpi democratici”, che su tutto il resto tacciono e non esistono, ma eccoli potenti e tuonanti a difendere la ministra. Mah).
    PS – Mannelli non ritrae Renzi con le cosce di fuori perché malauguratamente Renzi non le mostra. Credo che Mannelli non aspetti altro, e credo che sarebbe un bel disegno)

    da Alessandro   - domenica, 14 agosto 2016 alle 21:15

  4. Siamo talmente liberi,che l’unico più famoso rimasto della satira contemporanea televisiva,dopo una certa emarginazione su La7 ora è andato su Discovery mi pare,così tanto per ridurre ancor di più la nicchia di spettatori che lo possano seguire.

    E dopo tutte le gaffe,da impreparata allo sbaraglio della Ministra in giro per l’Italia,detta anche l’intoccabile dalle parti pidine,c’è stata una insurrezione mediatica per un paio di cosce al vento,particolare che lo stesso giornale ha riportato il giorno dopo con l’immagine in cui la ministra era beatamente scosciata in foto,sempre che la Boldrini possa tollerare la libertà di mostrarle.

    Senza riflettere quanto sia esteticamente notevole la signora delle riforme,e nello stesso tempo nettamente in contrasto con il disordine di idee che sta seminando.

    A questo punto e fortunatamente,anzichè il rogo per Mannelli della santa inquisizione mediatica,abbiano chiesto solo il fine rapporto professionale con l’artista,e dalle parti del Fq la risposta è stata giustamente una colossale pernacchia.

    Nous sommes Riccardo Mannelli

    da Ivo Serenthà   - domenica, 14 agosto 2016 alle 22:28

  5. Ciao Alessandro

    ti vedo moltro convinto e forse hai ragione tu.

    Come giustamente deduci, non conosco Mannelli: non mi sembra del resto di averne condannato vita e opere.

    Dopo ardua riflessione, capisco che il concetto dietro l’ idea della vignetta fosse che la Boschi non ha nulla di utile da dire ma é posizionata lí solo perché distrae i votanti con le sue belle forme; quindi non un disegno sessista ma semmai che denuncia il sessismo. Giusto?
    A mia disprezzabile opinione, la Boschi porta invece avanti dei contenuti, negativi (intendiamoci), e meriterebbe una critica sul punto, ad esempio sullo stravolgimento costituzionale, e non sulla gonna corta.
    Su Renzi in minigonna, credo che se vi comparisse non andrebbe deriso ma elogiato; e sarebbe tra l’ altro la prima volta.

    So che c’é stata contro Mannelli una levata di scudi, da parte di gente con cui non sempre prenderei volentieri un caffé; con “anticorpi democratici” non mi riferisco a tutti quelli che hanno detto “no no”, ma ad alcune voci che rispetto, ad esempio Laura Boldrini e il Manifesto.

    Non ci inacidiamo, ci dev’ essere un 90% che ci unisce da qualche parte

    da federico_79   - lunedì, 15 agosto 2016 alle 06:40

  6. caro Federico,
    resto fedele al vecchio adagio per cui le vignette non vanno spiegate. E ritengo che quella di Mannelli fosse di facile lettura, e non è solo una questione di “forme” (del resto lo disse la Boschi stessa: “Guardate le riforme, non le forme”), ma di un personaggio angelicato e intoccabile, presentata come la grande regista della Riforma, il genio, la ragazza che ce la fa… Poi, quando vai a vedere, trovi che la riforma fa schifo e la fatina è un mediocre avvocato di provincia cresciuta e allevata per il nuovo potere, che ripete il suo compitino (tra l’altro: tenuta al riparo da domande e contraddittorio: arriva, recita la favoletta, mente dicendo che senza la sua riforma moriremo tutti e se ne va)…
    Non è solo questo. Intorno alla Boschi c’è un cordone di sicurezza un po’ ridicolo. Persino la parodia di Virginia Raffaele (Shabadabadà) venne accusata di essere sessista: argomento che si ritiene forte grazie al pensiero debole che ci circonda. Per dire: c’è in giro un tizio frustratino, poveretto, che mi insulta e mi accusa di sessismo ogni volta che scrivo “fatina delle riforme”, mentre quando scrivo “mago della finanza” non mi insulta mai, ma non importa, il conformismo è una cifra dei tempi… Quel che voleva dire Mannelli è che guardi la prima alfiera della Grande Riforma e – come si dice dalle mie parti – non c’è attaccato niente, il vuoto pneumatico. E sia. Le critiche sul punto si fanno eccome, e quella è una critica sul punto: non si riconosce alla Boschi né la statura né la competenza per cambiare la nostra Costituzione.
    Ma c’è di più, ed è una faccenda che travalica la povera fatina: se sfogli oggi un’annata di Cuore (o del Male, o di Frigidaire), ti accorgerai di quante vignette, pezzi, titoli, oggi sarebbero considerati impubblicabili, e in generale di come cose che si potevano dire oggi sono criticate col ditino alzato (penso al Tognazzi de La vita agra di Bianciardi, per esempio, che voleva far saltare il grattacielo Pirelli per vendicare gli operai morti in miniera: credi che oggi sarebbe possibile? Violenza! Terrorismo! No, non sarebbe possibile). In generale dietro le nobili faccende del sessismo si nasconde il vecchio intervento censorio che c’è sempre stato, ormai è una specie di riflesso condizionato. Quanto a Mannelli fa un lavoro sui corpi (sui corpi esausti, tumefatti, così disperati e decadenti) che è lì da vedere, non ha bisogno di difese, parla la sua opera, diciamo. E quanto al dibattito, vedo con piacere che molte donne (sui social e anche su qualche giornale) non si sentono per niente offese da quella vignetta: l’hanno capita, ecco. In sostanza ci si aggrappa ad accuse di sessismo un po’ così, alla cazzo, in un paese in cui gli stipendi delle donne sono inferiori a quelli degli uomini, per dire, per cui magari invece che da Mannelli bisognerebbe cominciare da altre cose…
    Ma vedi, non è nemmeno questo, in fondo. Il fatto è che, come al solito, si è costruita una narrazione: la donna giovane, carina (qui vorrei dissentire…), dinamica, che dimostra che la nuova classe dirigente è meglio della precedente. Quando questa narrazione viene messa in crisi, ecco che scatta l’allarme: sessisti! Una cosa analoga è successa a Vauro: fa una vignetta su Israele e immediatamente si becca l’accusa di antisemitismo, grossa scemenza in malafede. Invece il discorso sul corpo (e sul corpo del potere) è importante. Non è questione di inacidirsi, è questione di stare molto all’erta quando spazi di libertà vengono ristretti o compressi. La satira si occupa (anche) di questo (i corpi osceni della Germania di Grosz, anni Venti, erano esattamente questo). Che la presidente della Camera intervenga su una vignetta mi sembra (altro che anticorpi!) assai grave, per esempio. Trovo la cosa strabiliante in un paese in cui ogni prestigioso quotidiano fa l’acchiappaclic con tette e culi… guarda caso si attacca il discorso politico, non il pornosoft delle foto delle pallavoliste… mah. Mala tempora currunt, e questo si sa. Per trovare le cose che ci uniscono, però, che sicuramente ci sono, bisogna saperle leggere, capire quando certe accuse sono strumentali…
    PS) a volte i difensori fanno pure peggio, come la Picierno che, per difendere la Boschi dall’attacco sessista, le fa i complimenti dicendole che “ha le palle”. da manuale

    da Alessandro   - lunedì, 15 agosto 2016 alle 08:28

  7. Posso solo aggiungere che l’alzata di scudi della Boldrini mi sembra in realtà abbbastanz pelosa. Evidentemente la stessa Boldrini, che si è posizionata da sola d’ufficio su un piedistallo di autorevolezza, teme battute che possano svelarne la pochezza, accomunarndola alla stessa Boschi.

    da Eparrei   - lunedì, 15 agosto 2016 alle 16:04

  8. Non mi risulta che Grsz sia morto in manicomio.
    Il quadro è del 1927 e Grosz poi emigrò in USA questo per amore di precisione, per il resto condivido l’articolo con una precisazione: la satira costruita ironizzando su deboli, su profughi sugli ebrei nella Germania di Hitler, non è satira ma propaganda a favore del potere.

    da Fridolin   - lunedì, 15 agosto 2016 alle 17:06

  9. La cosa di Grosz morto in manicomio è un errore, mi scuso. Però è vero che passò parecchi guai e di fatto fu costretto a emigrare. Per chi vuole sapere come è morto, la cosa è abbastanza satirica: era ubriaco e invece di entrare nella porta d’ingresso infilò quella della cantina cadendo dalle scale. Quanto alla satira razzista (oh, sì, il giudeo raffigurato dalla propaganda razzista e fascista) la domanda è: può un pensiero indotto e incoraggiato dal potere (sui suoi giornali, con la sua benedizione) essere considerato satira? Diri di no, direi che quella era propaganda razziale

    da alessandrorobecchi   - lunedì, 15 agosto 2016 alle 18:53

  10. Grazie per la spiegazione, mi hai fatto cambiare idea.

    da federico_79   - martedì, 16 agosto 2016 alle 06:56

  11. C’è anche un’altra versione della storiella di Honecker:
    Un compagno legge dal giornale ed esclama meravigliato: “Il compagno Honecker attraversa il fiume camminando sull’acqua!”.
    Il dissidente sente e gli risponde sicuro: “Per forza , non sa nemmeno nuotare!”
    Sono d’accordo, non è molto politically correct …

    da Marco da Zurigo   - mercoledì, 17 agosto 2016 alle 09:03

  12. Beh, a questo punto anche se non è del tutto in tema ci può stare anche il mio commento seguente.
    La Repubblica di oggi 18 agosto 2016 pubblica una lettera del giurista ex Ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer indirizzata al Direttore del giornale Mario Calabresi. La lettera tratta del referendum sulla riforma della Costituzione e più precisamente esprime la confidenza del giurista di votare sì alla riforma, malgrado Matteo Renzi (?). L”ex Ministro Berlinguer davvero ci tiene tanto a fare sapere le sue intenzioni di voto al Direttore Mario Calabresi? E quest’ultimo, davvero ha creduto di fare opera giusta e democratica rendendo pubbliche le intenzioni di voto dell’ex Ministro? Capirei se il giurista Luigi Berlinguer fosse un articolista fisso di La Repubblica, ma questo non risulta. Diciamola tutta la pubblicazione è un atto di cortesia… Ci mancherebbe!… Nel merito le motivazioni espresse a favore del si non sono per niente convincenti. Anzi la lettera mi ha confermata l’impressione di una nuova predica fritta e rifritta, buttata lì in termini generali senza entrare nello specifico, come quelle che vanno di moda oggi nel moderno cd Partito Democratico. Cambiare e riformare, non importa come, sono ormai gli unici doveri della politica dei nostri tempi? Mah!…

    da Vittorio Grondona   - giovedì, 18 agosto 2016 alle 18:25

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