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sab
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ago 08

Una faccenda di Cuore, vita, morte e miracoli del settimanale di resistenza umana raccontati da chi c’era

E’ uscito ormai da un mesetto NON AVRAI ALTRO CUORE ALL’INFUORI DI ME (Rizzoli, Bur, pagg. 309, euro 27,50). Si tratta di un volume celebrativo di quella esperienza umana, satirica, giornalistica, psichiatrica eccetera eccetera che fu Cuore, il settimanale di resistenza umana con la carta verdina. Il reducismo cuorista mi ha sempre fatto un po’ impressione, ma in fondo, per una vlta, perché no? Il libro raccoglie un’antologia di quello che fu Cuore, alcune prime pagine, molte vignette, tante storie e alcune foto di quando eravamo giovani. Come caporedattore di quel foglio verdino mi hanno chiesto qualcosa che somigliasse a un ricordo, forse persino a un’analisi, un commento, o non so. Io gliel’ho mandato. Loro lo hanno pubblicato. Voi potete leggerlo qui sotto. Non è una ricostruzione, non è una nostalgia, non è una confessione. E’ quello che mi pare sia successo. Tra parentesi, è stato divertente. Il pezzo è uscito con il titolo:
COMPAGNO ROBECCHI, TE NE VAI CHE IL SOLE E’ ANCORA ALTO?
Buona lettura, se vi va.

Questa è la storia di quando ci hanno mangiato i coccodrilli, ma siamo qui a raccontarla, e i coccodrilli ci fanno ancora ridere.
Se devo dire i Cuori che ho conosciuto sono parecchi e buoni tutti. Si noti qui la classica tenerezza per quello che è successo vent’anni prima, che dunque è tenerezza per se stessi, prima di tutto, e questo si sa. Ma sono proprio quei tanti anni, quella distanza di sicurezza, a permettere di vedere in quell’esperienza-matrioska che fu Cuore, un filo vero e distinto, un suo perché. Ricordo il Cuore clandestino, che stava nell’Unità, ricordo Michele nei corridoi di viale Fulvio Testi che mi chiedeva una sostituzione estiva, e poi di correre con loro, Aloi, Paterlini, il Tato Banali, gli altri che giravano intorno, che via via si aggiungevano, nelle stanze al neon della tipografia dove stavano ancora certe lynotipe ed è come oggi dire un grammofono, un sarcofago, un tabarin. Tutto arrivava via fax, la pattuglia grafica montava enormi computer per l’impaginazione, ma ancora si attaccavano figurine sul tavolo luminoso. Si faceva per ridere e si rideva noi per primi, “piace a noi” era l’unico marketing ammesso, e ancora oggi credo sia l’unico marketing possibile. Si segnavano i voti del Giudizio Universale su un quadernone, una crocetta per voto, La figa, La fine di Andreotti, Vedere come va a finire.
Non era soltanto sublime artigianato, c’era anche un elemento fortissimo che ancora mi stringe il cuore: c’era uno splendido isolamento, una preziosa aristocratica distanza tra noi buffoni e il mondo che veniva sbeffeggiato. Il marziano di Flaiano, il povero Gurb di Mendoza, non a caso sono extraterrestri gli osservatori più candidi, i loro occhi sono distanti e vedono meglio l’assurdo, feroci ma non cinici. Noi e loro (il mondo), e nel mondo quei coccodrilli che ci davano tutto: il Chissenefrega, il Mai più senza, il Cronaca vera. I giornali e l’informazione che noi passavamo al setaccio fino fino, per distillarne la sopraffina (fina) idiozia. Molti occhi: il paradosso, la satira, ma anche Garrone, e pure l’affresco spaventoso-verista di un Mannelli, e il nonsense à la Perini, il surrealismo vinciniano, l’agile carpiato del paradosso à la Celi, e tutti gli altri e di più, ognuno posava il suo occhio, e ogni occhio era diverso e componeva un’immagine nitida: noi e loro. E tra questo, e di questo, cose oggi impensabili e dense, Che cos’è il comunismo, che a leggerli oggi, quei pezzetti, mette i brividi, e le migliori firme e teste del regno scrivevano, seriamente, sul giornaletto dei buffoni. L’elenco è infinito e non si può comporre alla leggera: c’era la sensazione di tenere insieme infiniti linguaggi che guardavano laggiù, quegli ometti che si agitavano e che erano la politica, l’Italia, gli italiani, la vita, e tutto il suo tragico e ridicolo agitarsi. A un certo punto – ci si diceva esterrefatti tra noi – ci trovavamo in mano un settimanale da decine (pure centinaia) di migliaia di copie, un giornale politico, con le sue adunate, le sue feste, il dibattito, lo psicodramma e un’aura di geniale impunità, faccia da schiaffi e pensieri forti. Questa la filosofia, credo, penso, mi ricordo.
E a rivedere oggi quelle pagine non si può capire dove eravamo veloci noi, pugili fulminei, o dov’era immobile il paese, visto che già papi e vescovi si occupavano di feti e embrioni (come oggi), visto che molti avevano la faccia come il culo (come oggi). Visto che “Siamo d’accordo su tutto basta che non si parli di politica”, titolo del primo numero di Cuore settimanale autonomo, dedicato alla nascita del Pds (ma se lo leggete ora per la nascita del Pd, non è… come oggi?).
Forse c’è da preoccuparsi se una battuta fa ridere uguale vent’anni dopo, specie se non è merito della battuta, ma colpa del fatto che le cose su cui ridiamo sono ancora lì, tutte quante.
Ma poi c’è la tecnica, grande cosa e grande lezione. Perché c’è tutto un lavoro intenso, dietro il fare ridere e il ridere di, che è un certosino sistemare sensi e sfumature, un cercare battute, un farle funzionare, un artigianato anche qui, con l’obbligo di metterci senso: una buona battuta con cui non sei d’accordo non è una buona battuta, e questa è etica, né più né meno.
Era una lingua. E i coccodrilli cominciarono a mangiarci. Un pezzettino qui, un pezzettino là, la nostra lingua da indiani veniva usata dai cow-boys. Chissenefrega, ora, lo scrivevano tutti. Per rendersi conto di quanto ci hanno mangiato i coccodrilli basta cercare un quotidiano italiano di vent’anni fa e confrontarlo con lo stesso quotidiano oggi. Non solo la satira, le battute, le vignette, i corsivi precisi come bisturi, ma tutta quella lingua e quelle occhiate da marziani, e quell’armamentario di trucchi, si sono travasati nei giornali, ci rubavano tutto, le nostre armi in mano al nemico. I coccodrilli ci mangiavano, e forse tra noi ce lo dicevamo, o forse lo sentivamo soltanto, ma Repubblica titolava: Belzebù, e parlava di Andreotti, e si provava un certo brivido: ma noi, dunque, che ci stiamo a fare?
Il Cuore di Sabelli Fioretti cambiò strada. Giornalismo. Per molti di noi (in redazione, tutti giornalisti), un’astrusa volgarità. Dopo esserci fatti mangiare dai coccodrilli si diventava un po’ coccodrilli anche noi. Ed era pure divertente, nuovo, eccitante, una nave corsara. Niente più splendido isolamento, niente più marziani. Andai (reportage) a una cerimonia triste di sottogoverno per scriverne col solito ghigno, e una platea di agghindati post-fascisti accolsero “l’inviato di Cuore” con un applauso: che bello, c’era anche il satirico, si sentivano importanti. E questo doveva far capire che si era vicini alla fine, che il filo su cui si camminava era sempre più esile e stretto. Come quando quello che hai preso in giro ti chiede la vignetta in ricordo. Ecco, li sentite i denti del coccodrillo? Se potesse parlare il coccodrillo ti direbbe: visto, amico?, non sei più un marziano.
Poi, tutto si sciolse. Calavano i lettori, calavano le idee, calavano sulle teste di tutti tempi più piatti, stanchezze. Michele dice che quelle così lì sono come lo yogurt e hanno la data di scadenza già scritta. Anche chi non voleva scadere, sotto sotto lo sapeva, ed è uno scherzetto lasciarsi quando non ci si ama più, ma non è facile farlo quando si è ancora invaghiti. Fu uno shock restare senza Cuore, ma chissenefrega, tutti sopravvissero e andarono a far danni altrove, sui giornali, in tivù, nei libri, nel web, nel mondo selvaggio dei coccodrilli, restandone sempre un po’ esterni e laterali, e dunque un po’ liberi. E poi, quando il passar degli anni rimpicciolisce e ingigantisce alla sua maniera, come una lente matta, capita di ripensare a quell’avventura politica e umana e professionale e altro, con un ghigno di cinico, affettuoso e sconsiderato affetto. Perché siamo stati mangiati dai coccodrilli, ma siamo ancora vivi, e i coccodrilli sono se possibile più scemi di prima. Tié.
Esco ogni tanto dal mio studio, da una redazione, da uno studio tivù, da un ufficio con la voce del Tato Banali nelle orecchie: compagno Robecchi, te ne vai che il sole è ancora alto!
Appunto, è ancora alto. Bene. Non è bellissimo rimanere ancora un po’ marziani?

15 commenti »

15 Commenti a “Una faccenda di Cuore, vita, morte e miracoli del settimanale di resistenza umana raccontati da chi c’era”

  1. Che Alessandro si sia salvato e ci abbia salvato grazie al sole ancora alto è un dato assodato. Anche navigando in questo suo sito. Si è salvato con le sue mani e con la sua testa e quindi bisogna essere veramente un po’ marziani al giorno d’oggi.

    Sul bel libro celebrativo di CUORE – che vale la pena consigliare anche per chi è venuto dopo la milano da bere – è interessante segnalare, anche per smentire dicerie che stanno girando parecchio in questi anni, un passaggio nel pezzo scritto da uno dei molteplici direttori di Cuore Claudio sabelli Fioretti (pag 253) un aneddotto su Robecchi.

    Ve lo riporto paro paro: …C’era Robecchi, il caporedattore più veloce del West, talmente veloce che sembrava non stesse mai facendo un cazzo e invece lo faceva ma alla velocità del suono.

    un abbraccio
    paolo

    da paolo trezzi- Khorakhane'   - sabato, 9 agosto 2008 alle 19:48

  2. per me Cuore e’ stato il blob (cartaceo) ante-litteram, mi ha raccontato un pezzetto di storia d’italia aiutandomi a digerirne meglio le brutture. Grazie di Cuore.

    da zioSilvio   - domenica, 10 agosto 2008 alle 01:00

  3. Cuore ha accompagnato la mia infanzia, il ricordo del mio Zione che lo leggeva seduto alla scrivania e io che aspettavo che finisse per potere leggere quel giornale tanto buffo. Sicuramente non capivo tutto, certi nomi, certi avvenimenti potevo beatamente ignorarli piccola com’ero.
    Mi sono trovata l’altro giorno in Feltrinelli a sfogliare il libro e sono stata colta da un’ondata di tristezza, amarezza e allegria tutto assieme. Tristezza per la mia infanzia andata, perchè il mio Zione non c’è più e nemmeno Cuore. Amarezza perchè moltissime cose e persone prese di mira da quella satira sono ancora quì a rompere i coglioni, Allegria perchè adesso che conosco un pò meglio certe situazioni sono riuscita a capire molto di più e a riderne.
    Prenderò il libro appena riesco, meditavo di regalarlo alla mamma così unisco questi due acquisti,,, in tempi bui come questi devo risparmiare al centesimo… sono studentessa quindi notoriamente squattrinata e per me 27 euri sono un bell’investimento ma lo faccio davvero di Cuore stavolta.

    Ah Robecchi… ovviamente verrò a romperti le scatole in ogni modo affinchè me lo firmi eh? 😉

    da Valentina   - domenica, 10 agosto 2008 alle 09:29

  4. 27,50 €??? per un revival stampato non sono un po’ tantini?

    da antonella   - domenica, 10 agosto 2008 alle 10:42

  5. Bel pezzo :’)

    da klochov   - domenica, 10 agosto 2008 alle 11:52

  6. La cosa piu’ triste del mio “asilo politico” in inghilterra … e’ che per motivi di trasloco e di spazio dovetti vendere (a un rigattiere a pochissimo) la serie completa di Cuore. Dal numero 1 al numero titolato Muore. compresi tutti quelli di Sabelli-Fioretti, piu’ alcuni da dentro l’unita’.

    Il mio compulsivo collezionismo non me ne fece perdere uno solo e arrivare all’universita’ ogni settimana e seguire le lezioni con Cuore era parte del tutto.

    Tra tutti quelli che citi, Alessandro, non capisco perche’ sono rimasti fuori Stefano Disegni e Massimo Caviglia che erano a chiusura di ogni numero la prima cosa che leggevo.
    Non capisco nemmeno perche’ da punta affilata della satira italiana sono spariti in un oblio. Dove sono finiti? Possibile che Disegni non trova da disegnare al di la’ del magazine del corriere?

    buone vacanze
    ciao
    Vale

    da liveon35mm.com   - lunedì, 11 agosto 2008 alle 11:49

  7. I ricordi fanno sempre tenerezza e commuovono. Quelli degli altri, poi, fanno rivivere anche i nostri. C’è sempre un’affinità. Come nello spettacolo, per esempio. Dopo la guerra e negli anni del boom le compagnie teatrali non badavano a spese… Spesso ci rimettevano anche. Il loro pane più ambito era l’applauso del pubblico. Spettacoli gremiti di grandi artisti, tutti protagonisti… Oggi ti sbattono in scena uno che sta lì per due ore… E parla, parla, parla… Quando ti svegli lo spettacolo è finito!… Il denaro ha preso il posto del cuore… Ben tornato “Cuore”… Un vero regalo per tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerti. Grazie a.r.

    da Vittorio Grondona   - lunedì, 11 agosto 2008 alle 11:52

  8. Alesssandro caro, nessun coccodrillo riuscirà mai a “inglobarti”
    nel suo grande ventre… se prima lo affrontavi con la spada e gli scarponi adesso ti limiti a osservare le sue buffe mosse da coccodrillo obeso, strapieno delle nullità di cui si nutre a iosa.
    e un po’ mi dispiace:è pur sempre un animale meritevole di ben altre gesta.
    ti voglio bene.

    da marialuisa   - mercoledì, 13 agosto 2008 alle 14:23

  9. È vero, Disegni e Caviglia erano favolosi, anch’io cominciavo da loro. Era bello aprire Cuore nel 1990 in mezzo a un aula stipata della facoltà di economia di Venezia, con la fauna che potete immaginare (per quel semestre e mezzo che sono durato)…

    da s|a   - giovedì, 28 agosto 2008 alle 10:35

  10. c’è la raccolta delle prime pagine dello splendido settimanale verdino che campeggia a lato del cesso di casa nostra. ogni volta che ci si ritira in seduta c’è il problema di alzarsi prima che il peso dei gomiti che sorreggono il mento porti al completo arresto della circolazione. e molti sono i brividi a pensare che sono passati tutti questi anni (su tutti “berlsconi è un pirla, ma vetroni è un deficente (scusa walter siamo in par condicio)”).

    da avtpea   - giovedì, 28 agosto 2008 alle 16:38

  11. Più che Disegni e Caviglia, dove è finito Enzo Lunari e i suoi vecchietti. ERA STREPITOSO! E Calligari con Donna Celeste, BUBLIME.

    da blob   - venerdì, 29 agosto 2008 alle 16:03

  12. vagando su internèt ho trovato questo

    http://www.unamanolavalaltra.it/home/Cuore.htm

    gran figata!!!

    da avtpea   - venerdì, 29 agosto 2008 alle 17:14

  13. ciao Alessandro,
    volevo dirti che un secolo fa ti ascoltavo al mattino in macchina mentre portavo le bambine a scuola.
    Anche loro ti conoscevano e ti aspettavano, e pur non capendo tutto quello che dicevi, ridevano con me ed erano felici. Mattine felici, nonostante tutto.
    Il buon umore del mattino aiutava a vivere,e noi non ti dimentichiamo.Grazie ancora per questo.

    Ado Franchini

    da ado   - domenica, 31 agosto 2008 alle 22:06

  14. ado parli di “piovono pietre” per caso? ha accompagnato tutti i miei giorni di liceo, e quando me lo perdevo era una giornata iniziata storta… Cuore me lo sono perso, ma le persone importanti in qualche modo si trovano sempre..

    da fra   - venerdì, 5 settembre 2008 alle 10:18

  15. facevo il liceo quando Cuore è morto (“Muore”!). ricordo che qualche mese prima mi avevano pubblicato anche una lettera (destinata a Roversi), e per l’emozione avevo chiamato amici e parenti invitandoli a comprare il giornale.

    inutile dire che in seguito a questo fatto ne ho persi alcuni (di amici. i parenti loro malgrado sono rimasti. il sangue non è acqua, cazzarola), e quando Cuore non è più stato pubblicato mi sono sentito un po’ colpevole anche io. ma soprattutto, nella mia inettitudine giovanile, mi sono sentito privato di qualcosa. pur non capendo tutto, o non essendo sempre d’accordo con gli articoli, Cuore era fantastico.

    scosso da fremiti di orgoglio e compassione, mi viene da pensare a come sarebbe Cuore oggi. e lo immagino ancora verde stinto ma meno vigoroso, com’era già prima di spegnersi. e rabbrividisco al pensiero che possa essere pieno di pubblicità e di leccate di culo, o di falso buonismo. e allora credo che forse sia andata meglio così, perchè noi che l’abbiamo letto in passato oggi ci portiamo dentro il suo contributo, e possiamo ancora fare qualcosa! 😉

    da baddi   - mercoledì, 10 settembre 2008 alle 16:02

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