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set 21

Lavoro 2.0. Altro che salario minimo, sembra lo Spotify dello sfruttamento

PIOVONOPIETREIl reddito di cittadinanza è ormai un genere letterario, credo che dovrebbero istituire dei premi appositi. La prima cosa che si fa nei giornali quando c’è una notizia di reato (rapina in banca, furto con scasso, spaccio, sequestro di persona, furto di cavalli) è andare a controllare se il colpevole prende il reddito di cittadinanza, in modo da completare la facile equazione: delinquente uguale sussidiato. E’ solo la punta dell’iceberg, il resto è garrula narrazione diffusa: non hanno voglia di lavorare, meglio il divano, è diseducativo alla fatica (Renzi), è diseducativo alla fatica (Salvini, la ripetizione non è mia, ndr), eccetera eccetera. Come dicevo, un vero genere letterario. Lo dico subito a scanso di equivoci: chi prende il reddito di cittadinanza e non ne ha diritto va sanzionato, in primis perché magari lo toglie a chi ne ha più diritto e bisogno, e in secondo luogo perché ricorda le vecchie storie di quelli che congelano il cadavere della nonna per continuare a prendere la pensione (non è che per questo si chiede l’abolizione delle pensioni).

C’è però un altro genere letterario che meriterebbe attenzione, e che riguarda sempre il mondo del lavoro: quello delle offerte di impiego. Basta sfogliare uno dei tanti portali di annunci per assaggiare meravigliosi stralci di prosa italiana del XXI secolo, roba che dovrebbe entrare nelle antologie. Tipo il barista per dieci ore al giorno, ma ve ne pagano quattro, il banconista a due euro l’ora, la commessa “stagista con esperienza”, eccetera eccetera. Lettura ricca di colpi di scena, per cui ognuno potrà farsi la sua top ten dell’annuncio più spericolato. Il mio preferito – me l’ero segnato a suo tempo – era un’inserzione per banconista in un negozio di autoricambi a Messina: dieci ore al giorno per sei giorni alla settimana, più la mattina della domenica: totale 66 ore settimanali per 400 euro al mese (ve lo faccio io, il conto: fa 1 euro e cinquanta all’ora). Ma non voglio consigliarvi la mia playlist preferita, fatevi la vostra, tra baristi, commessi, addetti alle pulizie, eterni stagisti, avrete un campionario infinito, una specie di Spotify dello sfruttamento, un pozzo senza fondo. Trattandosi di annunci di lavoro, c’è sempre un riferimento, un contatto, un numero da chiamare o una mail a cui scrivere, e ci si chiede come mai, ogni tanto, non risponda l’ispettorato del lavoro: è lei che cerca un commesso a un euro e cinquanta l’ora? Venga con noi. Non sarebbero indagini difficili, ma non le fa nessuno, peccato (lo dico anche per i giornali, sarebbe una fonte inesauribile di spigolature divertenti).

Intanto, in Europa, ventuno paesi su ventisette hanno un salario minimo garantito. Traduco: se lavori non puoi prendere meno di una certa cifra. E sono, in certi casi, cifre da capogiro 1.555 euro mensili in Francia, 1.626 in Belgio, 1.685 in Olanda, per non dire del Lussemburgo, dove nessuno, per legge, può lavorare per meno di 2.202 euro mensili. Per chi vuole guardare oltreoceano, negli Stati Uniti siamo a 1.024 euro, niente male.

Qui no. Qui il salario minimo era in una bozza del famoso Recovery plan, che sciccheria, ma poi è sparito – puff! – quando il testo è arrivato in Parlamento. Mistero: chi sarà stato? Come mai? Come si dice in questi casi, le indagini sono ferme, si brancola nel buio, si seguono tutte le piste. C’è evidentemente un caso di sordità selettiva, perché un salario minimo, a ben vedere “ce lo chiede l’Europa”, ma da quell’orecchio, chissà perché, l’Italia non ci sente.

10 commenti »

10 Commenti a “Lavoro 2.0. Altro che salario minimo, sembra lo Spotify dello sfruttamento”

  1. Ritorno ad un’organizzazione del lavoro ottocentesca come quella descritta da Dickens.
    La chiamano modernità.

    da Claudio   - mercoledì, 15 settembre 2021 alle 09:46

  2. Proposta: perché non torniamo alla schiavitu’? Li compriamo da piccoli, in campagna servi della gleba, nelle fabbriche schiavi, li mettiamo a dormire in un capannone, c’è ne sono molti di vuoti in Padania, per mangiare pane e acqua o polenta e acqua. Nessun salario, fatica e salviamo l’economia.

    da Lorenza   - mercoledì, 15 settembre 2021 alle 13:33

  3. Incredibile vero? Sulla giustizia il “governo dei migliori”, i soliti noti…recepiscono in un nanosecondo l’appello della comunità europea,che per altro nulla ci ha chiesto a livello penale, partorendo una schiforma appena,appena resa meno nauseante grazie a una parte del parlamento,per chi è potente non gli è parso vero poter chiudere con un nulla di fatto le malefatte…
    Ma sul salario minimo di garanzia,ovvero di lavorare e non continuare ad essere miserabili,la casta non ci sente,anzi vorrebbe dirottare i soldi del reddito di cittadinanza alle imprese,ovvero i diffusi prenditori delocalizzanti…
    Ma queste cosucce sulle Tv e giornaloni viene dato uno spazio irrisorio o celano di proposito,meno sa il popolino,meglio è.

    Evviva i ricchi sempre più sfondati del “bel paese”, durerà l’incantesimo?

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 15 settembre 2021 alle 13:34

  4. Il bello è che pontificano quelli che mi chiedo se abbiano realmente mai lavorato, ma percepiscono una lauta indennità (fin da giovanissimo) a spese della collettività. Questo non è un paese dove si possano accettare regole civili. E poi si stupiscono se l’economia non gira, con quali risorse se i salari sono da fame?

    da Adriana Spera   - mercoledì, 15 settembre 2021 alle 14:40

  5. Il prossimo passo sarà l’obbligo di accettare queste offerte. Chissa che nome troveranno per la nuova schiavitù.

    da Vittorio   - mercoledì, 15 settembre 2021 alle 19:18

  6. Lei, ovviamente, ha straragione sullo scandalo del lavoro sottopagato e addirittura  impunemente pubblicizzato attraverso annunci senza che  l’Ispettorato del Lavoro, che con estrema facilità potrebbe intervenire, faccia alcunché. Non dimentichiamo però le decine di migliaia di imprese che si comportano in maniera diametralmente opposta e che sono danneggiate da questi comportamenti. Sul salario minimo il detto e non detto dell’articolo lascia intendere che, tanto per cambiare, “ha stato Draghi”. Io non dimenticherei le responsabilità, nel nostro campo, di Landini e Bersani che non sono propriamente favorevoli. Muovono da un assunto anche giustificato (il timore del depotenziamento dei contratti collettivi nazionali) ma, oltre all’errore di non vedere la realtà come è ma come vorrebbero che fosse, sorge anche il sospetto che, come al solito, difendano principalmente  i loro “clientes”.

    da Roberto   - mercoledì, 15 settembre 2021 alle 22:59

  7. @Ivo Serentha come banalizzare problemi gravissimi che gravano sulla carne viva di milioni di lavoratori da ormai quasi trent’anni come se fosse un problema sorto negli ultimi sei mesi. Secondo me con le parole d’ordine “ha stato Draghi”; “i ricchi”, i “giornaloni”, “la schiforma”, non mi pare, ad occhio, si possa fare qualcosa di costruttivo. Non manca, per chiudere il cerchio, il disprezzo malcelato per il “popolino”.

    da Roberto   - mercoledì, 15 settembre 2021 alle 23:08

  8. Se l’incantesimo dei neo occupati miserabili rimarrà tale, tutti i roberto potranno lanciare dalla finestra le famose brioches tanto care alla nobildonna di alcuni secoli fa.

    Durerà? Incroci le dita…

    Non le rispondo più, mi sono sforzato tremendamente solo per la citazione,d’ora in poi non basterà, la nausea con personaggi come lei è insopportabile.

    da Ivo Serentha   - giovedì, 16 settembre 2021 alle 13:46

  9. Ripeto, non dovrebbe essere concesso insolentire chi ha un’idea diversa dalla propria. Nausea lo rispedisco al mittente. E, ribadisco, anche se può dare fastidio: sono un lavoratore con un onesto stipendio di poco meno di 1500 euro al mese dunque non appartengo alla categoria dei “ricchi”

    da Roberto   - venerdì, 17 settembre 2021 alle 10:00

  10. Sig. Roberto, non mi interessa molto la categoria a cui appartiene. Per me appartiene alla categoria di chi pubblica l’indirizzo privato di uno che polemizza con lei (in un commento che ho cancellato). Che non si ripeta, perché chi entra qui dentro a discutere lo decido io, e quello è un discrimine molto preciso

    da Alessandro   - venerdì, 17 settembre 2021 alle 10:04

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