Alessandro Robecchi, il sito ufficiale: testi, rubriche, giornali, radio, televisione, progetti editoriali e altro
 
mer
20
nov 19

Fare, fare, fare: ma cosa? Lo spettacolo d’arte varia del partitino privato

PIOVONOPIETRENon so se siete pronti alla Rivelazione e spero che ciò non sconvolga troppo le vostre vite, ma venerdì questo, cioè dopodomani, nasce il nuovo partito di Calenda Carlo, come il countdown sulle sue homepage fa intuire (meno tre! Meno due!, tipo razzo nordcoreano). Non ci soffermeremo sull’evento, programmi, statuto, leadership, simboli e nomi, ma sul vezzo italiano di farsi un partito quando la situazione si fa confusa (cioè sempre). Onore a Calenda che almeno ha un suo percorso politico (simile al labirinto di Shining, peraltro), ma in generale si sente un intenso profumo di proporzionale e c’è chi pensa di contare tanto contando poco, un classico dai tempi di Bettino buonanima.

Va detto che ne abbiamo visti un bel po’, passare sotto i ponti, e la questione dei nomi da dare ai partiti si fa complicata. Sembra passato un secolo, ma era solo il 2011 quando Montezemolo sventolava il suo programma per salvare l’Italia, (“il foglio del fare”, lo chiamava), annunciando sue liste alle elezioni, che poi non fece. Era una specie di liberismo operoso, un volenteroso lasciate-fare-a-chi-ha-la-Ferrari, smart, futurista, poi si aggregò al carro di Monti e se ne persero le tracce. Si chiamava Italia Futura, non risulta nemmeno una lapide da nessuna parte.

Siccome “futura” aveva portato un po’ sfiga, Corrado Passera si inventò Italia Unica, sembra un altro secolo, ma era l’altro ieri: 2015. L’ambizione era di fare “un grande partito, anzi il più grande partito italiano”. Ministro di Monti, gran capo di Banca Intesa, anche Passera aveva un sogno efficientista-liberista, anche lui parlava molto di fare, di sbloccare, di agevolare, con quel virile su-le-maniche-e-lavorare che ha reso famosi i lombardi, specie nelle barzellette. Dopo il pomposo varo, della nave si perse traccia, fino al momento del naufragio, nemmeno due anni dopo, un dignitoso autoscioglimento, erano tristi pure le tartine.

E poi, diciamolo, il partito è una specie di status symbol, un po’ sopra lo yacht di lusso, la villona col molo privato, il jet personale. Così abbiamo Flavio Briatore che si mette “al servizio degli italiani” con il suo Movimento del Fare. Tutti vogliono fare, fare, fare, ma le cose si complicano quando si cerca di spiegare che cosa cazzo fare. Se ho ben capito dalla laboriosa spiegazione del leader, si tratterebbe di mettere in rete alcuni talenti (mia supposizione: imprenditori), per fare delle cose. Un po’ vago, diciamo, a parte il sogno di Briatore più volte ripetuto: fare della Sardegna una specie di Ibiza e della Puglia un cronicario per pensionati ricchi europei (come la Florida, infatti). Trattandosi di imprenditore turistico, direi che siamo più vicini al Movimento del Fatturare.

Più preciso il disegno di Noi italiani, il movimento di Della Valle, fondato e annunciato nel 2015, poi scomparso dai radar, recentemente tornato a galla, forse causa invito televisivo. Dice il leader e fondatore Della Valle che lui la pagherebbe anche, una patrimoniale, ma poi non sa dove vanno a finire i soldi. E allora propone di pagare questa patrimoniale telefonando al sindaco e chiedendo se c’è da mettere a posto un’aiuola, o da pitturare il soffitto del Comune. Facessero così tutti gli imprenditori… Eccellente proposta politica che teorizza, in pratica, il ritorno alle Signorie, con il miliardario di zona che elargisce welfare e manutenzione. A quei tempi i signorotti gareggiavano a chi aveva la torre più alta, ora si inventano un partito, sempre, sia chiaro, improntato al buon senso e soprattutto al fare, fare, fare, qualunque cosa voglia dire. Diciamo che tra banchieri, imprenditori, grandi manager, questa faccenda di fare i salvatori della patria torna periodicamente di moda, nel nome c’è sempre Italia, o Italiani, o futuri, o unici, o a tempo perso. Insomma, suggerirei di lasciar perdere, per decenza.

3 commenti »

3 Commenti a “Fare, fare, fare: ma cosa? Lo spettacolo d’arte varia del partitino privato”

  1. Non avrei mai pensato di disquisire su Calenda talmente mi risulta poca cosa,da quel poco che ho visto qua e là tra i talk,un po’ irascibile se gli si fa delle domande o riflessioni che non gli piacciono,evidentemente si ritiene determinante nel futuro del Paese,ci crede e si metta sotto esame,staremo a vedere quale appeal avrà fra gli elettori,probabilità zero a mio giudizio.

    C’è solo una possibilità per costoro,riguarda anche l’Italia che dovrebbe tornare viva…dopo le briciole date dal caimano quasi scomparso dai radar,a medio termine se si sgonfia il pesce palla lombardo,potrebbero ricevere ricadute dalla transumanza,ma si tratta di fantapolitica,se ci si brucia al primo esame,dopo rimane da fare altro nella vita,e sarà dura!

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 20 novembre 2019 alle 10:36

  2. Faccio notare che il count-down di Calenda corrisponde esattamente a quello per i saldi autunnali.

    da Marco Fulvio Barozzi   - mercoledì, 20 novembre 2019 alle 11:11

  3. Tanti partitini senza idee per una buona politica condivisa e di interesse generale. Tutti alla furiosa ricerca di un posticino in Parlamento dove i soldi sono facili e l’impegno è limitato a professare le direttive del leader capo. Imparare la lezione a memoria e via a ripeterla mille volte ad ogni intervista ed in ogni show, pronunciandola in questi ultimi a cantilena sopra le cantilene altrui senza curarsi se la gente riesca a capirci qualcosa. L’unico/unica che ci capisce qualcosa (?) in quel vociare confuso da pollaio in festa è il conduttore/conduttrice col suo “chiarissimo” passando nel contempo ad altre tiritere. Siamo arrivati al punto di essere governati da una srl… Che Dio ce ne scampi e liberi… Come siamo governati?, mah!… “La Volpe, che era zoppa, camminava appoggiandosi al Gatto: e il Gatto, che era cieco, si lasciava guidare dalla Volpe” (Collodi: Pinocchio)

    da Vittorio Grondona   - domenica, 24 novembre 2019 alle 13:05

Lascia un commento