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Caso Regeni, l’invenzione della memoria fatta per dimenticare tutto

mercoledi-6-settembre-2017-630x928Trattasi di materia intricata e nobilissima, spesso sommersa dalla retorica, una necessità umana e civile che a volte diventa trucchetto per distrarre tutti. Insomma: la memoria.

Ricordare quello che è stato, cosa è successo, perché. Mantenere vivo il ricordo delle ingiustizie passate in forma di monito per il presente. Il grido “Per non dimenticare” è uno dei più alti e dolorosi nel paese, riguarda stragi, delitti, presunte fatalità, fa parte del sapere popolare, sono ferite aperte che potrebbero guarire se si arrivasse alla verità, cosa che accade raramente, quasi mai.

Per questo risultano strabilianti le comunicazioni del governo, nella persona del ministro degli esteri Angelino Alfano, sul caso Regeni. Perché introducono nel discorso operativo sulla questione un bizzarro tipo di memoria: una memoria che archivia, che nasconde.

Il paradosso di una memoria costruita per dimenticare.

Perché il nostro ambasciatore torna in Egitto, il loro torna qua, l’Egitto è un posto dove abbiamo molti affari, non possiamo permetterci di rompere, eccetera eccetera. In cambio – occhio che arriva la memoria – il governo si impegna a fare un sacco di cose per non dimenticare Giulio Regeni. Gli intitoleranno un auditorium. Il governo si è “attivato con il Coni” (urca!) perché ai Giochi del Mediterraneo, in Spagna, l’anno prossimo, si osservi un minuto di silenzio. E poi, se e quando si farà, potrebbero intitolargli l’Università italo-egiziana, la cui realizzazione Angelino “auspica”. Perbacco. Ecco fatto: garantita la memoria, ufficializzato in qualche modo il senso di ingiustizia che tutti provano, e quindi normalizzata l’indignazione, la missione può dirsi conclusa, il caso Regeni quasi chiuso. Ma sì, ancora si parla (vagamente) di indagini, si allarga il campo tirando in ballo l’Università di Cambridge, addirittura (questo è Cicchitto) si insinua che l’inchiesta del New York Times – l’Italia conosce prove schiaccianti – sia stata ispirata dai servizi  americani in chiave Anti-Eni.

In una parola: polverone.

E’ uno di quei casi in cui la memoria ostentata e cannibalizzata dal potere (da chi dovrebbe risolvere il caso, non semplicemente ricordarselo!) si rivela spaventevole ipocrisia. E’ una memoria come concessione, la risposta di Angelino a chi si ostina a dire che non dimentica è la seguente: ok, non dimentichiamo nemmeno noi, ma andiamo avanti, che l’Egitto è partner irrinunciabile in affari.

Non è l’unico caso in cui la memoria fa brutti scherzi. Nel paese della Resistenza e delle sue infinite (e sacrosante!) celebrazioni, per dirne una, si assiste all’avanzata burbanzosa e impunita di alcune milizie fasciste che innalzano labari, stampano fasci littori sui manifesti, scimmiottano lo Schifoso Ventennio, accolte da scuotimenti di teste, piccoli lazzi e molta tolleranza, nonostante esistano leggi in materia (le meno applicate della Galassia).

La memoria, tra l’altro, è variabile, anche in modo veloce e repentino. Sono passati solo un paio di anni da quando si celebrava Lampedusa come terra della salvezza per molti migranti, quando la si candidava al Nobel e ci si commuoveva per le sue storie di accoglienza, quando la si indicava ad esempio. Ora che si è spostato il problema qualche centinaio di chilometri più a sud, nel deserto anziché in mare, quella memoria funziona meno, si tende a scordarla, la si rimuove un po’. Quell’esempio non serve più, non si incastra più con la narrazione corrente, che ora è “aiutiamoli a casa loro”, e quindi il luminoso esempio di Lampedusa che li salva a casa nostra non piace più. Una memoria vera, consapevole, vorrei quasi dire militante, dovrà tener conto anche di questi andirivieni della memoria, valore altissimo in balìa dei venti mutevoli delle furbizie, delle tattiche, delle convenienze del momento.

17 commenti »

17 Commenti a “Caso Regeni, l’invenzione della memoria fatta per dimenticare tutto”

  1. Ma si dai,basta guardarsi intorno,siamo circondati da gente che i principi non sa se si mangiano o meno,la convenienza innanzi tutto,la verità sull’orribile scomparsa di Regeni non verrà mai fuori,non ci sono prove e ormai sappiamo tutti che il potere in Egitto l’ha messo a tacere perché scomodo.

    Gli affari prima di tutto,servirà a poco una ristretta minoranza che non dimentica,alla mostra di Venezia le poche voci assordanti si sono fatte sentire,purtroppo un’altra vittima politica stavolta fuori dai nostri confini, si aggiungerà al lungo elenco.

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 6 settembre 2017 alle 09:54

  2. Ancora una volta ci copriamo dietro la “ragione di Stato” ? Quante volte l’abbiamo sentito…dagli anni 70,forse da prima. Solo che oggi lo si fa spudoratamente. Angelino Alfano è l’ultimo Ministro (Ministro ?! sic !)che non rappresenta nessuno, che conta meno di Casini ai tempi, ma che “ricatta” parecchio, se tutti lo corteggiano…si è presentato in TV per motivare una decisione umanamente vile con il piglio del siciliano che sa trasformare in commedia la più grave tragedia. Si perde così, ancora una volta, il “restiamo umani” di Vittorio Arrigoni assassinato e dimenticato a Gaza…

    da teo de luigi   - giovedì, 7 settembre 2017 alle 17:31

  3. mi permetto una osservazione:- alla base di tutto c’è, però, l’atteggiamento mai chiarito dell’Università, sia inglese che egiziana, che ha mandato il povero Regeni, in un posto estremamente pericoloso … e per un’indagine ancora più pericolosa.

    da gis   - giovedì, 7 settembre 2017 alle 19:41

  4. Si fa presto a dire “memoria”. “Memoria punto e basta” e’ un concetto ambiguo e perfino fuorviante. Memoria di che? Azzardo una distinzione: memoria del sacrificio consapevole vs memoria della morte inconsapevole. Nel senso: commemorare Cesare Battisti non e’ la stessa cosa di commemorare Giulio Regeni.

    Sul fatto che Cesare Battisti abbia sacrificato consapevolmente la sua vita sull’altare della nostra libertà’ nessuno ha dubbi. Ovverosia Battisti fu un eroe. Possiamo dire altrettanto di Giulio Regeni? Direi di no. Il sacrificio di Regeni non fu consapevole. Mi pare infatti più’ sensato dire che-fatti alla mano- egli abbia pagato con la vita innanzitutto una sua imprudenza. Del resto chi si butta nel cortile dei leoni non e’ un eroe: e’ un imprudente.

    Tiriamo le somme: laddove dedichiamo in tutta Italia piazze, strade, istituti alla memoria di Cesare Battisti, martire consapevole della nostra libertà’, ha senso dedicare alla persona Regeni qualcosa di pubblico per commemorare una morte inconsapevole? Facciamo più’ un doveroso onore a Regeni, o più’ un innegabile torto a Battisti?

    Beninteso, stiamo qui parlando di “memoria pubblica” non del ricordo di Regeni che strazia i suoi familiari e giustamente costituisce e costituirà’ per loro irrefrenabile appello alla giustizia, fino a quando (Dio voglia) si riuscira’ ad appurare le circostanze della morte. Appello al quale anch’io senz’altro mi associo.

    Dello sballottare i defunti ad uso e consumo di certa torva propaganda, se ne parla un’altra volta.

    da egidio scrimieri   - sabato, 9 settembre 2017 alle 15:24

  5. @gis, è vero. Lo penso anch’io. E anche ora l’università di Cambridge continua a guardare dall’altra parte. E’ davvero vergognoso. Ma se non alziamo la voce con l’Egitto, figuriamoci se lo faremo con l’Inghilterra!

    da Irene   - sabato, 9 settembre 2017 alle 20:40

  6. Dunque il sig. Scimieri sposa la tesi del “se l’è cercata”. Peccato, speravo fosse una discussione “Sallusti-free”

    da a.r.   - sabato, 9 settembre 2017 alle 21:06

  7. Il punto non e’ questo. Il punto, vede caro a.r., e’ che e’ consuetudine scrivere sotto i monumenti degli uomini illustri una frase commemorativa. Orbene, sotto il monumento (continuando il paragone) a Cesare Battisti e’ molto facile trovarla. Per es. “si fece carico delle istanze del popolo italiano sacrificando la sua vita” o cose del genere. Ma sotto il monumento a Regeni cosa possiamo scrivere? In nome di chi egli ha sacrificato la sua vita? Chi sapeva che egli era li’ in Egitto? Esiste un comitato italiano di liberazione del popolo egiziano?

    da egidio scrimieri   - domenica, 10 settembre 2017 alle 16:10

  8. p.s.: secondo punto. Un monumento serve non tanto a commemorare la vita d’un personaggio illustre, quanto soprattutto ad additare un esempio da imitare. Lei ritiene, caro a.r., che l’esempio di Regeni sia da imitare? Vogliamo forse promuovere vacanze studio a Pyongyang per i nostri figli, affinché’ essi vadano a sputare in un occhio a Kim Jong Un?

    da egidio scrimieri   - domenica, 10 settembre 2017 alle 16:44

  9. Vedo che il signor Scrimieri, per mero gusto della polemica, non solo si arrampica sugli specchi, ma se li costruisce a sua misura. Il paragone con Cesare Battisti non solo è scemo un bel po’, ma anche molto campato per aria. Qui non si discute se Giulio Regeni fosse un eroe (io non credo, e non l’ho nemmeno mai letto da qualche parte), ma se uno stato democratico sia capace di difendere e chiedere giustizia per i propri cittadini torturati e assassinati. Si direbbe di no. Si preferiscono le bugie del regime con cui non vogliamo rompere perché ci facciamo molti affari. Punto. Il resto, i monumenti, gli eroi, sono cazzate messe lì per far polemica. La cosa è molto più semplice. Il governo italiano dovrebbe conoscere i colpevoli (Il NYT dice anzi che li conosce, che ha prove schiaccianti), ma si limita a qualche ricordino per tentare di placare l’indignazione. Fosse successo a un cittadino americano, o francese, credo non finirebbe così. Ma il governo italiano, evidentemente, preferisce che non si creino problemi affaristico/diplomatici e sacrifica per questo verità e giustizia. Al signor Scrimieri va bene così, anzi, lo trova giusto e lo rivendica. Per fare questa sua rivendicazione tira in ballo eroi del passato che con il caso Regeni c’entrano una bella cippetta di cazzo. Insomma, giustifica. Sarà uno di quelli che giustificò l’omicidio Baldoni in Iraq, magari, non lo so, ma il tono è quello. Regeni se l’è cercata, non è un eroe, non gli facciamo il monumento e anzi, sai che c’è? Chi cazzo se per frega se un regime dittatoriale l’ha fatto torturare e uccidere dai suoi servizi segreti perché Regeni stava svelando alcuni meccanismi della repressione dei quel regime. Anzi, ben gli sta, così gli affari sono salvi. Questo è il discorso. Siccome è un discorso complice e il signor Scrimieri non ha il coraggio di scriverlo chiaro e tondo, chiama in causa paragoni storici col famoso metodo a cazzo, insomma, fa polverone, mentre la realtà è tanto semplice: un cittadino italiano è stato ucciso all’estero, e il governo italiano ha assistito più o meno indifferente a depistaggi e verità di comodo per salvare un po’ di milioni. Però faranno un minuto di silenzio in qualche cazzo di partita. Ecco: Scrimieri è d’accordo ed è contento. Io no. Tutto qui.

    da Alessandro   - domenica, 10 settembre 2017 alle 17:16

  10. Provo ad interpretare il commento di Alessandro. Visto il fraseggio ripetitivo e grossolano (la parola più’ frequente e’ “cazzo” reiterata ben 4 volte) non e’ impresa facile: spero che il mio interlocutore apprezzi il mio sforzo. Riassumendo:

    1) Pare che intanto si sia tutti d’accordo sulla distinzione tra un eroe e Giulio Regeni che eroe non e’. E’ un buon segno: del resto si tratta di una distinzione non da poco, visto che qui si parla tra l’altro di istituti o auditorium che finirebbero intitolati a chi speciali meriti personali non ha. Non avrebbe granché’ senso.

    2) Gran parte del commento di Alessandro si fonda molto ossessivamente sull’insinuazione che a me la verita’ sulla morte di Regeni non interessa. Si tratta di un argomento vanamente retorico poiché’ il fatto che il sottoscritto sia interessato o meno alla scoperta delle circostanze di quella morte non modifica minimamente le conclusioni esposte nei punti 1) e 3). (Chi fosse comunque interessato trova la risposta nel mio primo post: scrivevo cola’ di associarmi senz’altro alla richiesta di giustizia dei familiari del Regeni.)

    3) Questione assai più’ rilevante e’ la ricerca della verita’ sul caso. Alessandro scrive “Il governo italiano dovrebbe conoscere i colpevoli”. Egli usa correttamente il condizionale “dovrebbe”: infatti Alessandro non possiede il minimo indizio a favore dell’ipotesi che il governo conosca i colpevoli. Paradossalmente la cosa non gli impedisce d’accusare comunque il governo: il governo occulta la verita’, il governo antepone i suoi interessi, fosse successo in America le cose andrebbero diversamente ecc. ecc. E’ appena il caso di osservare che si tratta d’affermazioni di livello non diverso dal notorio “piove governo ladro”. Non vogliamo credere che Alessandro non riesca a immaginare che la circostanza di gran lunga più’ verosimile sia semplicemente che il caso sia molto difficile da risolvere, ne’ che egli non si renda conto che il mantener sospese le relazioni con l’Egitto finirebbe ovviamente per rendere le indagini ancora più’ difficili (*).
    Più’ facile supporre che Alessandro stia solo cercando di sfruttare la morte di un povero ragazzo al misero fine di gettar fango gratuito sull’attuale governo. A lui va bene così’. A me pure: a differenza di Alessandro, non sono incline al moralismo d’occasione. Tutto qui.

    (*)http://www.repubblica.it/cronaca/2017/08/17/news/regeni_un_investigatore_affianchera_l_ambasciatore_le_condizioni_per_il_rientro_al_cairo-173202995/

    da egidio scrimieri   - lunedì, 11 settembre 2017 alle 08:38

  11. Certo la qualunque,una tantum direbbe “più monumenti per tutti”,altrimenti che fini statisti avremmo in questo paese che pensa solo alla gnocca…

    da Ivo Serenthà   - lunedì, 11 settembre 2017 alle 08:42

  12. Ovviamente si tratta del famoso Cetto la qualunque,meglio puntualizzare

    da Ivo Serenthà   - lunedì, 11 settembre 2017 alle 08:43

  13. Giulio Regeni non sarà stato un eroe nel senso che non è andato in Egitto a fare una lotta di liberazione, ma se è morto mentre lo torturavano vuol dire che ha resistito alle torture senza tradire nessuno. Insomma, si è trovato nell’orrore e ha saputo resistere, e in questo senso sì che è stato eroico. Purtroppo sputare sui morti, soprattutto se coraggiosi, è un altro sport nazionale molto amato dal nostro popolo vigliacco e meschino.

    da Irene   - lunedì, 11 settembre 2017 alle 08:46

  14. I sofismi, sì, bella cosa, divertente, ho fatto anch’io il liceo. Ma vedo che il dibattito non si sposta, le posizioni sono chiare, direi di finirla qui: chi ha letto avrà capito. L’idea di “eroe” di Irene non mi dispiace, ma sicuramente visto che Regeni si è trovato schiacciato tra poteri più forti di lui, la parola giusta – se non fosse insozzata dai tempi – sarebbe “martire”

    da Alessandro   - lunedì, 11 settembre 2017 alle 09:07

  15. Andiamo, cara Irene: al momento non si sa nulla sui dettagli della morte di Regeni: il problema e’ appunto questo. Semmai si dovesse scoprire che egli ha “resistito alle torture senza tradire nessuno” saremmo tutti lieti di dedicargli un monumento.

    da egidio scrimieri   - lunedì, 11 settembre 2017 alle 09:17

  16. p.s.: concordo: “martire” sta bene anche a me. Meglio ancora “martire della strumentalizzazione politica”.

    da egidio scrimieri   - lunedì, 11 settembre 2017 alle 10:12

  17. A proposito di misteri insoluti come il caso Regeni, o, per meglio dire, a proposito di certe particolari reazioni del pensiero umano messo di fronte al mistero e’ molto istruttivo un brano che ho appena letto, tratto dal libro “Democrazia dei creduloni” del sociologo Gerald Bronner. Ricopio: “Chi aderisce al mito del complotto ha la sensazione di saperne di più di una persona qualsiasi e di essere perciò meno ingenuo di lui. Per questo non è affatto semplice convincerlo della inconsistenza dei suoi argomenti, perché egli vede immediatamente il suo interlocutore come difensore della tesi ufficiale che lui vuole combattere. Se si aggiunge a questo che i miti del complotto corteggiano spesso stereotipi e forme di sottocultura, si capisce facilmente che non c’è bisogno di essere razionali per considerarli seducenti”.

    da egidio scrimieri   - lunedì, 11 settembre 2017 alle 16:06

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