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Tranquilli, Dylan ritirerà il Nobel, forse si lamenterà solo del ritardo

fattoquotidiano161016Se il dylanismo fosse una scienza esatta sarebbe tutto un po’ meno divertente. Invece nulla è imprevedibile come mister Zimmerman, cosa che ha scatenato negli anni moltitudini di dylanologi dediti all’ipotesi ardita, alla lettura dei segni, all’interpretazione cervellotica di occhiate e mezze frasi: cosa dice, fa, pensa Dylan? Il modo migliore di saperlo, naturalmente è comprare il biglietto: Dylan suona sempre, il suo tour si chiama “Neverending” e chissà, magari se oggi andate a Phoenix, o martedì a Albuquerque, o mercoledì a El Paso, potete chiederlo a lui. Non ha cambiato programmi, sarà sul palco.

Per ora si sa che quelli dell’Accademia svedese continuano a cercarlo per telefono e a non trovarlo, il che eccita parecchio i media: che farà Bob? Un no grazie come Sartre nel ’64? Manderà qualcuno a ritirarlo, come fece per protesta Marlon Brando con l’Oscar? Fanno notare i dylanisti più attenti (è una forma di follia, sapete?), che a Las Vegas – già sapeva del Nobel – ha chiuso il concerto con un pezzo dell’amato Sinatra, Why try to change me now, che sembra un commento beffardo dei suoi, ma sarà invece un caso, uno di quelli che alimentano le leggende.

Ora si può immaginare la telefonata: mister Dylan? Qui è l’Accademia di Svezia… Eh? Chi? Ah, sì, ho letto qualcosa… Cortese e fuggevole: Dylan è sempre stato questo in fondo, la proiezione di quello che gli altri avrebbero voluto che fosse. La sua rivincita, dunque, è di essere quello che è, ed è una cosa che sa probabilmente solo lui.

Ma che Dylan non vada a prendersi il suo Nobel è piuttosto improbabile: non è un tipo che disdegna i premi, e se volesse inscenare una protesta probabilmente protesterebbe perché non gliel’hanno dato prima. Alla consegna della Legion d’Onore, a Parigi, tre anni fa, si presentò in cravatta con un’improbabile giacchetta simil-marinara, impettito come un generale durante l’inno, mentre per prendersi la medaglia della Libertà alla Casa Bianca (2012) si mise pure il farfallino, la faccia di una vecchia prozia, le labbra piegate impercettibilmente come se dicesse: che ci faccio io qui? Una siderale, ma anche ironica, inscalfibile distanza dal mondo.

Non si preoccupino troppo gli accademici di lassù: Dylan non è un ospite ingombrante, non è uno che fa lunghi discorsi e di solito se ne va all’inglese. Intervistato da Rolling Stone sul suo incontro con Dylan per un concerto all-stars alla Casa Bianca, Barack Obama ha confessato di non essere riuscito a farsi far una foto con lui: “Finisce la canzone, scende dal palco – io sono seduto proprio davanti a lui – si fa avanti, mi stringe la mano, fa un cenno con la testa, un mezzo sorriso e se ne va”. Ecco, diciamo che Dylan non è uno che si ferma al rinfresco, di solito. E si noti en passant che di solito si chiede ai cantanti come hanno trovato il Presidente, e non viceversa. Per dire del fenomeno.

Mai come in questi giorni, parafrasando quello che McLuhan diceva del rock, Dylan è “un evento elettromagnetico che avvolge il pianeta”. E magari chissà, un giorno verremo a sapere (manoscritti ritrovati? appunti sparsi?) cos’ha pensato mentre il mondo si divideva tra apocalittici (Sacrilegio! Così si uccide la letteratura! Un cantante!) e integrati (Giusto così, perché Dylan è anche grande letteratura). Il ragazzo (75 anni) sa essere autocritico, ma non si può dire sia un falso modesto: “Nessuno ha fatto quello che ho fatto io”, e “Non pretendo di essere capito, forse succederà tra un secolo”, frasi storiche. Al momento, mentre scrivo, non ha ancora risposto il telefono, né commentato sul suo sito, dove campeggia invece la maestosità dell’ultima follia di noi collezionisti: 36 cd (trentasei!) con tutto ciò che ha suonato nell’anno di grazia 1966, quando il ragazzino del folk diventava elettrico. Ora pare interessante guardare al mistero e scuotere il capo per Bob che non risponde al telefono, ma chissà, magari trovano occupato, magari sta solo cercando un volo per Stoccolma.

10 commenti »

10 Commenti a “Tranquilli, Dylan ritirerà il Nobel, forse si lamenterà solo del ritardo”

  1. Come ha scritto bene lei,c’è un po’ di tutto nel silenzio del cantautore statunitense,il suo carattere bizzarro,una certa superbia per non averlo ottenuto prima,e c’è la sicurezza,almeno ci scommetterei,che si presenterà a suo modo nel ricevere l’importante riconoscimento.

    E che snobbi lo starsystem da sempre,direi che è la migliore dote che possiede,anche perchè quel sistema non è da oggi che si dimostra ridicolo,idolatrando e in molti casi distruggendo, piccoli e grandi interpreti di ogni settore.

    da Ivo Serenthà   - domenica, 16 ottobre 2016 alle 21:19

  2. Pare che nel ’65 abbia pure detto a Jagger e Richards “io avrei potuto scrivere Satisfaction, voi invece non riuscirete mai a scrivere Desolation Row.” La modestia pare non faccia per lui. Cmq nel 97 io lo vidi baciare le mani al papa o inginocchiarsi al suo cospetto. Il papa lo omaggiò con un’omelia in cui ribadiva candidamente che il vento dylaniano non è altro che lo spirito santo, e che noi atei e razionalisti non abbiamo capito una fava (commento mio). Mi è capitato inoltre di leggere qualche intervista a Bob e mi parve che ben pochi personaggi della musica sia così schivi e facciano così tanta attenzione a non dire nulla. Insomma meglio sul palco.

    da sebastiano   - lunedì, 17 ottobre 2016 alle 10:18

  3. Se uno legge Chronicles, sa che a Dylan il consenso ed i riconoscimenti non gli sono mai stati indifferenti. E’ solo che lui non si mischia, Lui è come l’acqua con l’olio. Divisa, ma unità nello stesso tempo.
    Capisco anche i detrattori, ma per sapere di Dylan bisogna conoscerlo bene, poiché la sua arte non è solo musica, ma è qualcosa che circonda la vita di ognuno di noi. Bisogna solo fare uno sforzo e cercare di penetrare al suo interno.
    Quando vi si riesce, ogni cosa diventa semplice, proprio come quel passo che l’uomo dovrebbe fare per liberarsi una volta per tutte delle concezioni religiose che ci hanno “soffocato” per migliaia di anni
    Grazie Alessandro
    Marco

    da marco chemello   - lunedì, 17 ottobre 2016 alle 10:22

  4. Vedo che il vecchio Bob crea ancora dibattito. Ha suonato per il papa (senza baciamano, ma chissene, anche), ha suonato in Cina (uh, dai cattivi dittatori). Che lui avrebbe potuto scrivere Satisfaction non so (credo il tema non gli interessi), che quelli non avrebbero saputo scrivere Desolation row è pacifico e ovvio. E’ stato persino cristiano rinato (ha scritto dei gospel mica male, a quei tempi, anche se i dischi non erano granché, ma dal vivo, nello stesso periodo, era strepitoso). Poi si è riavvicinano agli ortodossi ebrei, poi ci ha ripensato ancora. Probabilmente ancora mille volte, come fanno gli uomini liberi. Della questione del vento che dà le risposte hanno detto tutto tutti, il papa, i buddisti, i vegani, i militari uzbeki, e naturalmente chissenefrega. Dylan è questa cosa qui, uno può anche irritarsi, ma ha senso? Se non dice nulla (e non è vero) è perché “dice” da più di cinquant’anni. E comunque io spero che questo premio faccia un po’ studiare l’opera, il corpus intendo, non il solito greatest hits. Solo che studiare Dylan non è facile e Dylan ci mette di fronte a molte suggestioni letterarie (sì, letterarie) e umane… Vorrei leggere cose che dicono della poetica di Dylan e del rimpianto, o dell’estetica del rancore nei suoi addii, invece stiamo lì: mi sta simpatico, mi sta antipatico… Un po’ poco se si parla di un autore con una produzione cinquantennale… La cosa più incredibile del premio mi sembra questa: Dylan è forse il Nobel più popolare di sempre (tutti hanno sentito parlare di lui) e al tempo stesso quello la cui opera è andata più superficialmente (il cantante di protesta, il menestrello, ecc. ecc.). Mah. A me, che sono dylaniano (e un pochetto anche dylanologo) che lui canti per il papa o per i fricchettoni o per i contadini del Minnesota, o per i fighetti di New York, o per i signori del Nobel non è interessante (o forse sì, perché questa cosa garantisce che suoni un po’ anche per me). Dopodiché il corpo dell’opera è massiccio, ma il materiale di studio non manca (le bootleg series servono anche a questo, allo studio dell’opera, come se il Petrarca avesse pubblicato anche gli appunti, le variazioni, le prove, ecco). Insomma, al lavoro, dai!

    da Alessandro   - lunedì, 17 ottobre 2016 alle 10:46

  5. Ma su Dario Fo niente? Non si meritava nemmeno un articoletto?

    da Irene   - lunedì, 17 ottobre 2016 alle 11:12

  6. Ed allora il bicchiere Bob Dylan è mezzo pieno o mezzo vuoto?
    Io direi, il vino Bob Dylan è eccellente!

    da Marco da Zurigo   - lunedì, 17 ottobre 2016 alle 12:22

  7. Scusi Robecchi, ma un bel chissenefrega se Dylan ritirerà o no il premio possiamo dirlo? Premio meritato, imho.
    Sì, avrei preferito anch’io qualche parola su Dario Fo.
    A tal proposito ho trovato molto fiacca, di maniera e per niente partecipata l’apertura di Crozza venerdì sera. Forse non c’è stato il tempo per rendere un omaggio degno, ma la visione era piuttosto triste, nonostante i colorati costumi disegnati dal nostro “giullare”.

    da giulia   - lunedì, 17 ottobre 2016 alle 15:42

  8. Non so se prendere come un complimento questo “ma perché non scrivi qualcosa su Dario”. Insomma io l’ho visto alla palazzina Liberty quando ero un ragazzino, e poi… vabbé, non importa. Boh, forse ci sarà tempo e modo, ma in generale non mi piace il necrologio, il ricordo affettuoso… il rischio della retorica sta sempre lì in agguato… e poi ogni tanto (non so come spiegarlo) c’è anche la voglia di tenersi delle cose per sé, boh, forse pudore, non è che si può scrivere tutto, eh! Per quanto riguarda l’apertura dello spettacolo di venerdì non sono d’accordo: ne abbiamo discusso a lungo, ovviamente, e abbiamo deciso che l’omaggio era un omaggio, che non saremmo andati sopra le righe, che rifare una sua canzone era la cosa giusta, senza aggiungere troppo, senza fare lunghi discorsi. Dario Fo non ha bisogno che si spieghi chi era Dario Fo, e q

    da Alessandro   - lunedì, 17 ottobre 2016 alle 15:55

  9. … qualunque modo di celebrare Dario Fo sarebe stato inadeguato. Abbiamo deciso che era meglio così, un abbraccio di addio affettuoso senza esagerare…

    da Alessandro   - lunedì, 17 ottobre 2016 alle 15:57

  10. Il genio di Bob Dylan: dice che ci ha messo una mesata a rispondere perchè quelli del Nobel lo avevano lasciato “senza parole”.

    da david   - lunedì, 31 ottobre 2016 alle 10:34

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