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apr 14

Populista e antieuropeista, il vocabolario delle libertà

Credo avrebbe un certo successo un master universitario (ma anche un piccolo corso per principianti) sull’uso delle categorie politiche, delle formule più in voga per definire questo o quello schieramento, delle parole volatili sempre di moda e sempre alla frenetica rincorsa di un significato. Se, per dire, un papa della Chiesa di Roma, massima autorità del mondo cattolico, si sente costretto a precisare di “non essere comunista” significa che qualcosa non va, che una ridefinizione delle parole pare piuttosto urgente.
Oggi è papa Francesco, ieri i magistrati, le toghe rosse, i sindacati dei lavoratori, quelli di sinistra in genere e altri ancora. E’ stato dato dei “comunisti” anche quelli del Pd che, poveretti, avranno tante colpe ma di sicuro non quella.
Altre parole, naturalmente, vagano per l’aria come boomerang impazziti. La più recente e fortunata è “populista”. Gran brutta parola che parte da popolo (concetto vaghissimo e ricomparso da poco, per anni si è detto “gente”), fa il giro largo, raccoglie un po’ di furbizia oratoria, molta retorica, una discreta dose di opportunismo, e torna per colpire. Grillo, si sa, è populista (e l’ha pure rivendicato). Difficile però, in un’epoca di comunicazione diretta con il popolo (pardon…) negare che siano diversi e diffusi i populismi. Renzi, che impone al Pd un leaderismo personalistico, ha tratti populisti pure lui, per non dire del vecchio Silvio buonanima, che del populismo (promise la sconfitta del cancro per vincere le regionali in  Piemonte, ad esempio) è stato il campione per anni e anni. Sono populiste le trasmissioni che mettono il microfono sotto il naso dei passanti e fanno di poche ben selezionate scemenze da fila alla posta teorie universali. E’ populista la facile promessa che non verrà mantenuta, eccetera eccetera.
“Populista” è naturalmente (e in larghissima parte giustamente) considerato un insulto feroce, e basta controllare: ognuno rimprovera ad altri dosi più o meno massicce di populismo: siamo agli opposti pupulismi, e così la parola – come ogni parola maneggiata senza alcuna cura o rispetto – perde significato, diventa suono vuoto.
Altra contrapposizione di gran moda, un portato delle imminenti elezioni, è quella tra europeisti e antieuropeisti. Detta così (e usata come la si usa) pare una di quelle contrapposizioni frontali che faranno storia. Poi, quando si va a vedere, si nota che gli “europeisti” le loro rimostranze all’Europa così come si configura oggi le fanno eccome. E pure che molti “antieuropeisti” non pensano affatto di affiliarsi all’Oceania o all’America del Sud, ma semplicemente vorrebbero un’Europa diversa. Questo, ovviamente, al netto delle posizioni estreme, tipo certe deviazioni di tipo deliziosamente paracule della Lega, che non sapendo dove sbattere la testa tra mutande verdi e investimenti in Tanzania, se la prende con l’Euro come se fosse Belfagor, punto e basta.
Domina su tutto, a completare la confusione semantica, la perniciosa malattia del benaltrismo, per cui ad ogni critica si suole rispondere con una critica uguale e contraria. A Novara piove, dannazione! Risposta: e a Catania, allora che ci sono trenta gradi? Pura follia, insomma. E l’avvitamento è completo, le parole non hanno senso, ogni posizione che sfugga alla definizione semplicistica o a schieramenti prefissati pare indegna di cittadinanza. Il non allinearsi non è concesso, non è dato, è considerato diserzione. E come sempre quando troppi soldatini combattono, la popolazione civile se la vede male.

2 commenti »

2 Commenti a “Populista e antieuropeista, il vocabolario delle libertà”

  1. Il populismo fa male alla salute. I leader (sic, parolaccia che non vorrei mai sentire) attuali si sentono padroni del partito di cui sono diventati segretari (arisic) per una manciata di voti che gli ingenui polulisti gli hanno dato in un attimo di pura debolezza populista. Ora che hanno fra le mani il bastone del comando, questi eroi delle promesse e del brutto governo affamatore, hanno “isaccato” i populisti che li hanno votati e con quel bastone picchiano sodo gridando da fuori non più sono i comunisti che vi bastonano, ma sono i populisti come voi.

    da Vittorio Grondona   - giovedì, 24 aprile 2014 alle 10:30

  2. Egregio sig. Robecchi,
    anche se a leggere con la giusta acribia si capisce che il bersaglio è la semplificazione del discorso pubblico, devo dirLe che a me questo elogio del non allineamento non convince del tutto, io voglio la linea, anche solo tratteggiata, magari coi puntini da unire, ma una linea serve (si cerchi un altro blog, può giustamente dirmi, il fatto è che su molte cose sarei pure d’accordo con Lei),

    da david   - giovedì, 24 aprile 2014 alle 15:33

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