Ristrutturato a regola d’arte, riaprirà in aprile il museo della Resistenza di Dongo, ripensato fin nel nome: non più “museo della Resistenza” ma “museo della fine della guerra”.
“Non si tratta di una valutazione politica – ha detto il sindaco – ma una scelta di marketing per cui ci siamo rivolti a degli esperti”.
Non è glamour, la Resistenza, non è cool, è una cosa vecchia, conservatrice, ideologica, non ha il touch screen, non è redditizia e non attira i turisti. “Fine della guerra” dà un messaggio più positivo, apre alla speranza, fa sognare.
Perché diciamolo, la memoria è come lo sport o il sesso: più se ne parla e meno si pratica.
Ricordatevelo quando passate per il centro di Milano. Ma sì, lì, vicino al Duomo, dove ci fu la famosa fuga di gas di Piazza Fontana.
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magari hanno ragione loro e finisce che ci va qualche persona in più e magari impara anche qualcosa; è triste pensare che il termine Resistenza possa essere “respingente” ma se è così non è detto che sia colpa del museo di Dongo; ciò non toglie che, in certe cose, quando sento la parola marketing metto mano a Goebbels.
da david - giovedì, 27 febbraio 2014 alle 09:45