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sab
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giu 06

E’ l’EcoNOmy, bellezza

Sempre allo scopo di aumentare il prodotto interno lordo, e quindi per onorare come si deve l’unico culto davvero unificante del pianeta, succede ogni tanto di dover criticare sprechi e sciatterie che ostacolano il mercato. Un esempio lampante è costituito dal rapporto di due strani prodotti tecnologici che si interfacciano: gli italiani e i telefonini. Abbiamo 70 milioni di linee telefoniche cellulari e siamo in 58 milioni. Bene! Abbiamo un enorme capitale, abbiamo più di quel che serve (1,2 linee a testa, compresi neonati e sordomuti), e questo, si sa, al mercato piace tantissimo. Ma, approssimativi e superficiali come siamo, ci siamo illusi che basti avere una linea telefonica (o due, o tre) per dare all’economia quella salutare scossa che porterebbe inevitabilmente a un aumento del Pil. Ingenui! Non basta avere tante linee telefoniche, bisogna anche parlarci dentro! E noi italiani, diciamolo, come utenti telefonici siamo decisamente poco redditizi. In un mese parliamo al telefonino per 126 minuti, che non è nemmeno il tempo di dire ogni giorno “butta la pasta”. Un utente americano parla per 798 minuti al mese. Cinesi, indiani, francesi, canadesi, israeliani (e persino belgi!) parlano più di noi al telefonino. Non è uno scandalo? Non si tratta di un indicibile spreco?
La Cina ha 393 milioni di linee telefoniche cellulari, gli Usa 208 milioni e la Russia 126. Un francese parla al cellulare quasi il doppio di un italiano (fonte Merryl Linch)

Cifre di fiducia degne di un boom economico, strepitosamente ottimiste, numeri di una nazione in corsa verso il benessere. Il 69,5 per cento pensa che i propri redditi aumenteranno. Il 61,3 per cento è convinto che saliranno i consumi. Il 42,6 per cento pensa che saliranno anche i risparmi. Chi sono? Sono (indagine Censis) gli immigrati italiani, che si aspettano da questo Paese ciò che gli italiani si aspettavano nei primi anni Sessanta. Non è un buon motivo per vendergli il Moplen e le case costruite con l’amianto, però (due must del boom economico). Ma per capire quanto questi superottimisti consumatori possano fare la loro per il nostro adorato pil, basta guardare le cifre sulle abitazioni: solo l’11,8 per cento vive in una casa di proprietà. Immigrati, una miniera d’oro! Prima gli diamo un reddito e prima ci guadagniamo tutti.
Il 61 per cento degli immigrati in Italia hanno un conto corrente, il 41 per cento ha il bancomat, il 13 per cento una carta di credito (fonte: Censis)

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