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Ridere per resistere: poche regole migliorano la vita

Fatto Ridere270719

Se avessi uno stemma nobiliare (già fa ridere l’idea) ci scriverei quella frase di Billy Wilder: “Se proprio devi dire la verità, fallo in modo divertente. Quelli che fanno ridere verranno risparmiati”. Ecco. Con tutto che alla famosa formula “una risata vi seppellirà” non ci ho mai creduto molto, nemmeno da ragazzino quando avevo, come tutti, il poster di quell’anarco-sindacalista che rideva in faccia agli sbirri (Parigi, 1905). Ma resta il fatto che ridere è un moto eversivo del cuore, che smuove e squassa, che vede l’assurdo dove gli altri non lo colgono, che dà fastidio a chi non sa ridere, e già questo è uno sberleffo.

Ma insomma, onore al vecchio Billy: uno che ha scritto A qualcuno piace caldosi è meritato risate nei secoli del secoli, e come omaggio basta così. Ma poi c’era anche L’ispettore generaledi Gogol’, Mistero buffodi Dario Fo, Vonnegut, Mastro Benni, e insomma, grandi, grandissimi, inarrivabili. E in più: fanno ridere. Non è mica un dettaglio.

Aborro il dibattito sulla satira, mi accontento della lezione del maestro Fo: “L’unica regola è non avere regole”, per cui toglierei di mezzo le accuse di volgarità, di assenza di grazia, di inopportunità: tutte scemenze, la satira c’è dai tempi di Aristofane e ci sarà sempre. Anni di frequentazione (militanza?) dell’ambiente mi hanno insegnato che la satira piace molto quando parla degli “altri”, e molto meno quando parla dei “nostri”, ma è un problema che non riguarda chi fa satira, che non deve riguardarlo.

E però qualche regola c’è. Suscitare la risata, costruire la battuta, limarla, renderla acuminata e facile da lanciare, ecco le regole. Mica facile. E’ una grammatica, una lingua. Ribaltare i fattori, l’assurdo passato per reale come difesa dal reale così assurdo che ci circonda.

Cuore(1991-1996. R.I.P.), meraviglioso collettivo di penne e matite geniali non a caso aveva per sottotitolo: “Settimanale di resistenza umana”. Ecco, ridere è per me questo: resistere, ribaltare, passare al contrattacco. E quanto all’imparare a usare quella grammatica e quella lingua, è soprattutto questione di sintesi e idee chiare, sapendo che si maneggia la dinamite e che una battuta ben fatta può descrivere un’epoca, un tempo, un contesto, meglio di un saggio ponderoso. “Scatta l’ora legale, panico tra i socialisti” (marzo 1991) fu uno di quei guizzi diventato storia, due righe di titolo e c’era tutto, e ancora fa ridere, e ancora si cita. L’aver fatto parte di quel manipolo di talenti ha a che fare con mia éducation satirique, perdonerete l’orgoglio. E poi altri gruppi, altre mirabolanti squadriglie del far ridere, fino, storia di oggi, all’ensemble dei mirabili autori di Maurizio Crozza, uno potente, uno che quando ha un testo buono lo trasforma in un testo ottimo, perché far ridere è anche questione di faccia, di costruzione, di volo pindarico, di stratificazione, di significati. E di avere un pensiero, che altrimenti, senza un pensiero tuo, che ridi a fare?

Sarà che “ridere è un altro modo di piangere”, come dice Radu Mihaileanu (ma sì, Train de viel’avrete visto, no?), ma insomma, faccio fatica a pensare di scrivere qualcosa che fa ridere senza un obiettivo, un bersaglio. Perché del ridere mi piace ciò che il ridere nasconde per finta e mette in evidenza sul serio: l’assurdo e l’ingiustizia. Non è un caso che niente fa più incazzare i regimi totalitari della gente che ride, e potevi farti decenni di Siberia per una battuta (citofonare Solženicyn).

Caso di scuola: Il lavoratore Boris riceve una telefonata dal capocellula della fabbrica, è il 1974:
“A riconoscimento del tuo impegno per la costruzione del socialismo, compagno Boris, è stata accettata la tua domanda di avere un’automobile, che ti verrà consegnata il 7 maggio 1984″.
“Ma è tra dieci anni!”, risponde il bravo operaio Boris. E poi: “Va bene, grazie compagno dirigente, il 7 maggio 1984, ottimo, me lo segno. Mattina o pomeriggio?”
“Mancano dieci anni, compagno Boris, che importanza ha?”
“No, è che alla mattina mi viene l’idraulico”.

Eccola là l’Urss brezneviana, assurda, pachidermica, lenta e noiosa, opprimente. E per una barzelletta così si poteva andare in galera, eppure si rideva lo stesso, di nascosto, ma si rideva, persino là. E non tutto faceva ridere, eppure la smorfia divertita c’era, come nella famosa battuta rumena dei tempi di Ceausescu: “Cosa c’è, nella nostra meravigliosa Repubblica Socialista di più freddo dell’acqua fredda? L’acqua calda”. Chapeau.

Ma poi – tristezza – della frase di Billy Wilder che vorrei sul mio stemma, la seconda parte non funziona più. Non è vero che “Quelli che fanno ridere verranno risparmiati”, non è vero almeno dalla strage a Charlie Hebdo(gennaio 2015). Morì fucilato per reato di risata anche il mio preferito, un mio amore: Georges Wolinski, meraviglioso cochon, genio assoluto. L’ultimo messaggio l’aveva già lasciato: “Voglio essere cremato. Ho detto a mia moglie di gettare le ceneri nel water: così potrò guardarti il culo tutti i giorni”.

Non fa ridere, dite? Boh, però è meraviglioso.

7 commenti »

7 Commenti a “Ridere per resistere: poche regole migliorano la vita”

  1. Altan, pieni anni Ottanta: “Dopo il freddo degli anni di piombo, godiamoci il calduccio di questi anni di merda”. Prosit! e grazie anche a te, Robecchi.

    da Giuseppe De Nardin   - sabato, 27 luglio 2019 alle 09:52

  2. Ottimo pezzo, mi ha fatto sorridere, ma alla fine anche salire un po’ di magone. Grazie!

    da Marco Ferrari   - sabato, 27 luglio 2019 alle 09:57

  3. Perfetta la satira o la battuta per prendere per i fondelli il potere, va benissimo anche per la personale dipartita stile Wolinski, anche sulla personale sintesi del titolo però, ainoi…

    da Ridere ok, se non fosse che ci orinano in testa   - sabato, 27 luglio 2019 alle 17:21

  4. Ribaltare i fattori, l’assurdo passato per reale,come difesa. Quando l’assurdo ci sommerge non e’tanto facile ridere. Quando anni fa Albanese porto’ in scena il suo Psicoparty, si invento’ il ministro della paura, cetto laqualunque,ridevo. Ora resisto ma non riesco a ridere. Quando Crozza imita Feltri mi fa’ incazzare non ridere. Far ridere di questi tempi, avere un guizzo come lei dice e’ sempre piu’ difficile.

    da Doriano   - domenica, 28 luglio 2019 alle 22:42

  5. Perfetta la satira o la battuta per prendere per i fondelli il potere, va benissimo anche per la personale dipartita stile Wolinski, anche sulla personale sintesi del titolo però, ainoi…

    da Ridere ok, se non fosse che ci orinano in testa   - lunedì, 29 luglio 2019 alle 14:42

  6. Secondo me la satira non deve necessariamente fare ridere. Semmai far sorridere ed a volte molto amaramente, quando per esempio, all’ascolto della stessa si prendesse atto, peraltro in modo semplice ed immediato, di alcune tristi realtà, soprattutto politiche, che interessano la nostra vita di tutti i giorni. In sostanza in fatto di satira sono d’accordo con la locuzione latina Castigat ridendo mores (corregge i costumi col ridere). Purtroppo il sapore benefico del ridere sta perdendo di valore nel nostro Paese. In un continuo bla bla bla politico, degli stessi potenti che non dicono praticamente nulla, solo insulti agli avversari; continui commenti di giornalisti di parte, sempre quelli, che invadono le TV con osservazioni che offendono l’intelligenza dei bene informati, che avrebbe infatti ancora voglia di ridere? Ben venga ogni tanto un filo di aria fresca di satira.

    da Vittorio Grondona   - martedì, 30 luglio 2019 alle 10:42

  7. Guardando il programma di Crozza, ho riso di Berlusconi, ho riso anche se con amarezza di Renzi. Non mi riesce di ridere di Salvini, anzi cambio canale, anche l’imitazione mi fa star male. Non c’e’ niente in lui che puo’ far ridere: l’odio, l’arroganza, la malvagita’ non hanno nulla a che fare con la satira. Ricordo l’ “e’ morta una tartaruga” di Cuore. Cattivello ma divertente. Come si puo’ ridere di qualcuno che usando social e televisione sta trasformando gli italiani in mostri assetati di sangue?

    da Liliana   - mercoledì, 31 luglio 2019 alle 09:49

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