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Renzi da Happy Days: tra il Chiodo e il frappé mancano le risate finte

copertina_20151111E venne il giorno del dibattito culturale. Eh, sì, mi sa che vi tocca. E, al netto delle fregnacce propagandate dal Minculpop renzista (noi siamo felici e gli altri sono tristi, notevole densità di pensiero), la faccenda riguarda Happy Days, sì, la famosa situation comedy, quella di Fonzie, e merita un supplemento di indagine. Riassumendo: Fassina dice che il modello Renzi è Happy Days, Orfini lo rivendica dicendo che era divertente, Renzi dice che attaccano Happy Days perché “si sentono lontani dalla felicità”. In questi casi, di solito, arrivano gli infermieri e li portano via.
E però la polemica su Happy Days non è nuova nella sinistra italiana e anzi sta diventando un classico che travalica i secoli. Disse Nanni Moretti, nel suo film Aprile, 1998: “Io me li ricordo alla Fgci, sono cresciuti vedendo Happy Days, è la loro formazione politica, morale e culturale”. Passati vent’anni, riecco la sinistra, o sedicente o presunta tale, rinfacciarsi ancora Happy Days.
Vorrei notare, en passant, una cosetta spaventosa: dirigenti di partiti politici italiani nel 2015 assumono o attaccano come Zeitgeist e spirito ispiratore un telefilm americano girato negli anni Settanta e ambientato negli anni Cinquanta. Quanto a sudditanza culturale, provincialismo e colonizzazione, ce n’è abbastanza da nutrire il pianeta.
Eppure il parallelo tra la Weltanschauung renzista e le vecchie avventure della famiglia Cunningham non sono così peregrine. In Happy Days va tutto bene, la società non esiste, se esiste infila monetine nel juke boxe, la trasgressione è un giubbotto di cuoio, tutti sorridono o, se piangono, è per futili motivi che li faranno ridere dopo, e il capofamiglia va alla Loggia del Leopardo, una specie di P2 di paese.
In Happy Days – molto happy, in effetti – non si vede un nero (Milwakee è una citta a maggioranza nera, tra l’altro), non si vede un povero, il conflitto non esiste, l’universo è limitato al ceto medio bianco, educato e rispettoso dell’autorità. C’è da stupirsi che in nessun episodio della serie il governo si presenti a consegnare ottanta euro. Qui è successo.
E’ questo aspetto, e non la propaganda e le fregnacce sulla felicità, che collega strettamente il renzismo all’ideologia Happy Days. Il vivere tra il college e il frappé da Arnold come se la società non avesse sobbalzi, mugugni o motivi di scontento. Il conflitto, semplicemente non c’è, non è previsto, non è contemplato. E non solo. Happy Days veniva realizzato in un’America inquieta e incattivita, un’America appena uscita dal Vietnam, sconfitta e ferita. E allora si guardava indietro, si tornava alla rassicurante verginità degli anni Cinquanta così come la pensava il ceto medio bianco di quegli anni. Un balsamico e carezzevole rituffarsi nel buonumore che fu, per non intristirsi con le lacerazioni del presente. C’è un po’ dello spirito renzista dei tempi nostri: va tutto bene, ridi, gioca alla playstation, sii positivo, credici. E soprattutto tieniti alla larga da quello che non funziona, dalla diseguaglianza che cresce invece di calare. La narrazione renziana, dunque sì, deve al vecchio telefilm con Fonzie qualcosa di denso e ideologico, tutto è decoroso e soddisfacente, il migliore dei mondi possibili. Come diceva Moretti nel ’98 una formazione “politica, morale e culturale”. Vent’anni dopo, siamo ancora lì, a litigare su Fonzie e a rivendicarlo come modello. Il dibattito culturale nella sinistra italiana, al momento è questo, comprese le risate del pubblico.

15 commenti »

15 Commenti a “Renzi da Happy Days: tra il Chiodo e il frappé mancano le risate finte”

  1. Risate registrate, ovviamente. :-))

    da Beppe De Nardin   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 09:26

  2. Ora si spiega tutto, avendolo io visto in originale ed avendo Renzi meno anni di me…. Al presidente del consiglio piacciono le !? La replica di Happy days, la replica di Berlusconi, la replica della DC(la peggio, quella di Fanfani)….

    da Eparrei   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 10:15

  3. manca una replica…

    da Eparrei   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 10:16

  4. eppure, io vivo da sempre tra Como e Varese, qui è molto difficile che la gente si renda conto di ciò che succede. Ho il ricordo netto di cose come Piazza Fontana, il rapimento di Moro, le bombe sui treni, i tentati colpi di Stato, qui la gente nemmeno se ne rende conto. Se poi la tv tace, è davvero come se il fatto non fosse successo. In questo senso, sì, siamo come dentro a Happy Days – la tua descrizione è perfetta.
    Accadeva così anche ai tempi del fascismo: la gente va a lavorare, cura i figli, tutte cose belle ma il mondo non finisce con la nostra famiglia. A Milano penso che sia stato diverso, ma qui non ci sono stati bombardamenti, non c’erano comunità ebraiche da rastrellare (non nei paesi di provincia, non come a Roma e Milano), per questo molti non sentono il fascismo come un pericolo: c’era già Happy Days prima di Happy Days…
    Un piccolo esempio: ieri e l’altro ieri due persone, un padre e una madre, sono stati uccisi da un pazzo giovane e armato con un vero arsenale. Dove sono finiti quelli che invocavano le armi libere per tutti? (in tv, ai dibattiti, sono ancora fermi lì)(si dice: ehh, ma quello è pazzo – appunto, un pazzo con duemila “amici” su facebook …)
    PS: ho cercato per tutta la mia vita di evitare Happy Days, mi è toccato vederlo lo stesso perché era all’ora di cena. Che tristezza vederlo ancora oggi riproposto.

    da giuliano   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 10:42

  5. Non per vantarmi ma giuro (ormai ho una certa) che mi ricordo che invece di Happy days che non mi piaceva guardavo il Muppet Show, che andava in contemporanea.
    E ancora oggi ho i dvd dei muppets e non di Happy Days.

    da david   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 11:44

  6. Giusto un appunto: Milwaukee, principale città del Wisconsin, non è a maggioranza nera: http://www.mmac.org/metro-milwaukee-demographics.html e men che meno lo era negli anni ’50. Nulla da eccepire sul resto.

    da r1348   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 14:50

  7. Mi sono divertito alla prima frase e alla conclusione con gli infermieri. Per il resto ho seguito con stupore, se non con sgomento, la disamina di cosa fu il fenomeno Happy Days e i parallelismi con l´oggi italiano. Ancora più perplesso mi hanno lasciato alcuni commenti e la loro condanna schifata di HD: a tale proposito, vorrei far notare a david che, almeno al primo apparire di HD (1977-78 ca.), se non ricordo male, non c´era nessuna contemporanea con i Muppet. E io guardavo tutti e due, quindi i miei riferimenti culturali vanno ben oltre la famiglia Cunningham…
    La quale famiglia Cunningham, inoltre, i suoi dissidi politici li ha vissuti. Mi riferisco ad un episodio in cui Ricky e suo padre si trovano su due fronti politici contrapposti. Elezioni 1956, il vecchio Cunningham è un fan di Eisenhower, Ricky sostiene il candidato democratico (non ne ricordo il nome). Vince Eisenhower, Ricky è deluso, da lì parte la riconciliazione con il padre, ma tutta la puntata è segnata da un acceso contrasto ideologico e generazionale.
    Insomma, a Milwaukee ogni tanto si litigava e anche di brutto.

    da Massimo   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 15:11

  8. Per r1348.
    Sulla composizione etnico-razziale di Milwakee ho trovato fonti contrastanti, ma secondo John Logan, professore di sociologia all’università di Albany che ha fatto recentemente una ricerca sui dati dell’ultimo censimento: “La segregazione è più alta nelle città in cui è maggiore la popolazione di colore: in testa c’è Detroit, seguita da Milwaukee, New York, Newark, Cleveland, Cincinnati, Nassau-Suffolk, St. Louis e Miami”. Naturalmente non era così negli anni Cinquanta, dove comunque la questione razziale era piuttosto esplosiva (non che adesso…)
    Per Massimo.
    Su oltre 200 episodi trasmessi in Italia una puntata non fa gran testo… a parte questo, il dibattito politico (chiamiamolo così) tra Ritchie e il padre è tutto interno alla comunità bianca, di reddito medio, eccetera eccetera… nessuna traccia di conflitto sociale e/o problematiche di tipo politico… Non si tratta di condanna schifata (non da parte mia), ma sappiamo bene che una serie di così grande successo dice più di quello che dice, no?

    da Alessandro   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 15:31

  9. Mamma mia che sfacelo,tra pseudo trascinatori della nuova sx,maddechè,e positivi con scappellamento stile happy day.

    Da un po’ di tempo a questa parte intravedo solo le stelle giganteggiare nello schifo del rimanente,sia a livello locale e nazionale,turandosi tutto l’otturabile essendoci parecchie zone d’ombra riconducibili più che altro ai due guru.

    Altrimenti la tessera elettorale continuerà a rimanere nel cassetto.

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 15:35

  10. @Massimo
    nessuna “condanna schifata”, ho solo scritto che preferivo e preferisco i muppets; sulla contemporaneità della trasmissione sono andato a memoria e posso essermi sbagliato ma ho fatto una breve ricerca e, per quel che vale la fonte, forse no: “http://www.cavernclub.it/speciali/331-come-dimenticare-il-muppet-show.html.”
    Sempre andando a memoria io mi ricordo anche che dovevo scegliere tra HD o Goldrake e che guardavo i cartoni perchè trovavo HD noioso. Non lo dico per vantarmi, ma forse sono più giovane di te.

    da david   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 16:37

  11. in quel periodo, dal 1977 in su, io ho imparato a conoscere Claudio Abbado, Paolo Grassi, Giorgio Strehler; sui giornali scrivevano Giorgio Bocca, Enzo Biagi, Indro Montanelli, Elemire Zolla, Carlo Bo, cito solo i primi nomi che mi vengono davanti. Nel campo della satira e del comico c’erano persone che lascio volentieri ricordare da Robecchi, l’elenco è lungo… Alcinema uscivano i nuovi film di Kubrick, Kurosawa, Fellini, Tarkovskij; Pasolini era ancora molto presente. In tv passava anche Happy days. Vi contentate di questo? Happy days è poco più di un chewing gum, si mastica, si mangia un po’ di zucchero e poi si ci si fa un palloncino col fiato. Non un gran divertimento.

    da giuliano   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 17:14

  12. In risposta a r1348, secondo l’ente nazionale che si occupa di censimenti la popolazione afroamericana di Milwakee rappresenta il 40% del totale. Ed era il 22% nel 1980. Sono percentuali superiori a quelle che si registrano a livello federale.

    da Simone R   - mercoledì, 11 novembre 2015 alle 23:26

  13. A nove anni vedevo Happy Days e mi divertivo. Rivedendolo a sedici lo trovai talmente stupido che smisi di guardarlo. Come si fa a considerarlo un modello davvero non lo capisco.

    da Irene   - giovedì, 12 novembre 2015 alle 09:28

  14. http://www.repubblica.it/economia/2015/11/14/news/primo_assunto_col_jobs_act_e_licenziato_altro_che_tutele_crescenti_-127324018/?ref=HREC1-4
    Ecco i trionfi, e con l’aggiunta che contributi e (misera) indennità al lavoratore li hanno pagati i cittadini con le tasse.
    Sfruttano lavoratori e contribuenti per regalare manodopera ai padroni. Bella sinistra. PD.

    da david   - sabato, 14 novembre 2015 alle 10:07

  15. Nato nel 80, non ho mai trovato divertente happy days, neppure quando avevo 16 anni. E’ un po’ come ascoltare Elvis alla fine degli anni 60, offuscato dai 4 di Liverpool, e con Led Zeppelin e Black Sabbath ad aprire nuovi orizzonti musicali. Insomma da 16enne mi sembrava un telefilm vecchio ancor prima di cominciare.
    Vogliamo confrontarlo con un altro chiodo, quello di david hasselhoff e di Supercar o con la classe di Hannibal Smith dell’A-team? Così giusto per parlare della mia infanzia…

    da sebastiano   - martedì, 17 novembre 2015 alle 11:06

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