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nov 15

Che belli e che teneri questi micetti paciocconi. A me però fanno paura

Fatto251115Due doverose premesse. La prima: bisogna sconfiggere una volta per tutte e per sempre quelli che vanno sparacchiando per le nostre città (e anche per le loro, peraltro) e si fanno scoppiare vicino a gente che non vuole esplodere per niente. La seconda: adoro i gattini e le foto di gattini. Sono buffi, ispirano tenerezza e – insuperabile motivo di simpatia – sono decisamente matti. Detto questo, c’è qualcosa che stride e nell’operazione “gattini” messa in atto dai media (i social, twitter soprattutto, ma anche giornali, emittenti, agenzie…) belgi nella notte del #BrusselsLockdown. La faccenda è nota: con un’operazione di caccia all’uomo e “repulisti” in corso (che non è stata, a giudicare da fermi e arresti, un successone), la polizia belga ha chiesto ai giornali di non diffondere notizie sull’argomento, chiedendo in pratica il silenzio stampa. Dai social (ma anche dai giornali) è arrivata la risposta: obbedendo all’invito, ma con ironia, ecco spuntare al posto delle notizie migliaia di gattini. Il gattino su Facebook, si sa, appartiene alle piccole cose di pessimo gusto, una specie di statuetta di Capodimonte in plastica da mettere sul comò (pure su quello degli altri, dannazione!). Ma in questo caso aveva un’altra valenza, e qui le letture divergono. Chi dice fosse sarcasmo “Ci vorreste così, a postare gattini…”, chi invece un concreto, rassicurante, ironico stringersi alle forze dell’ordine nel momento del bisogno. La polizia belga ha ringraziato il giorno dopo postando una ciotola di crocchini, dedicata a tutti i gattini comparsi sui media. Cioè a tutti quelli che si sono astenuti dal dare notizie. Tutto molto bello e molto edificante (se anche molto utile non lo sapremo mai).

A farla breve, mettendosi in testa un gattino invece di un elmetto, la stampa belga, Le Soir in testa, è diventata per una notte embedded. Giusto? Sbagliato? Gli esperti di mass media rifletteranno a lungo, e li lasciamo al loro dibattito. Una cosa è certa, però: d’ora in poi all’apparire in rete di una dose di gattini eccedente il normale, a un profluvio di gattini, a uno tsunami di gattini, un brivido ci correrà per la schiena: significa che è in corso qualcosa di cui non dobbiamo sapere, le notizie sono, in qualche modo, vietate.
Come sempre accade nella vita, il precedente è accettabile (andiamo, tra un poliziotto belga e un jihadista pronto a colpire si sta col primo, no?), mentre quello che seguirà il precedente, invece, chissà, speriamo bene. Questioni di tattica, si direbbe. Ma non tanto. Dopo una settimana di comprensibile orgogliosa rivendicazione del nostro “stile di vita” che i terroristi non cambieranno, dopo che tanti intellettuali hanno detto (giustamente) che noi continueremo a bere, ballare, scopare, gioire dell’esistenza, si scopre che invece per le notizie, ecco, magari una piccola moratoria si può fare.
Qualcosa stride, in effetti, e lo capiranno bene giornalisti e lettori di vecchia scuola, quelli ancora fissati con le notizie, se sono notizie, da qualunque parte vengano. Dunque, belli i gattini, teneri, pelosi, placidi o isterici a seconda del loro “stile di vita”, ma non vorremmo in futuro dover attivare uno speciale gattinometro che ci segnali ora questo ora quel silenzio stampa, richiesto da questa o da quella autorità, per questa o quella emergenza contingente. Insomma, sarebbe meglio non abituarsi a un ritmo troppo serrato di gattini, come sono costretti a fare in certi paesi che controllano l’opinione pubblica, meno gentilmente della polizia belga e senza poi nemmeno ringraziare con una ciotola di crocchini.

13 commenti »

13 Commenti a “Che belli e che teneri questi micetti paciocconi. A me però fanno paura”

  1. “Significa che è in corso qualcosa di cui non dobbiamo sapere, le notizie sono, in qualche modo, vietate”. Io credo si possa trovare un limite tra la notizia e la morbosa ricerca dei dettagli. Sono a Bruxelles, e leggendo e guardando siti e giornali italiani “in diretta”, durante le operazioni di sabato sera, in più occasioni ho potuto riconoscere posti, vie, uscite secondarie, nomi di locali “sotto osservazione”. Se ci sono arrivata io, figuriamoci i presunti terroristi. Il silenzio stampa chiesto (prima di tutto ai social media, solo in un secondo momento si sono allineati i giornali belgi) era motivato dalla necessità di limitare le informazioni che sarebbero potute arrivare alle “orecchie sbagliate”. Io, a Bruxelles, mi sono sentita più sicura quando hanno smesso di dare informazioni concrete: si sapeva che c’era qualcosa in corso, ma che senso ha avere la diretta minuto per minuto, passo per passo? Chi viveva in zona aveva le informazioni che servivano, per la sicurezza, direttamente dalle forze dell’ordine. Noi, dal divano, abbiamo aspettato senza sentirci privati del “sacrosanto diritto all’informazione”. Se si potesse rispettare questo limite, tra informazione e pettegolezzo, tra giornalismo e sciacallaggio, sarebbe a mio avviso già un gran passo avanti. Poi speriamo cambi la moda dei gattini, che io preferisco i cani.

    da dirimpa   - mercoledì, 25 novembre 2015 alle 09:58

  2. Gentile Dirimpa,
    come si dice chiaramente nel pezzo (mi pare) non è la questione in sé e il caso specifico ad allarmare, ma che possa costituire un precedente. Non so in Belgio, ma qui sarebbe una specie di festa: si blocca l’informazione per una causa nobile e contingente… e poi, quando si vede che funziona, la tentazione di rifarlo per altri motivi… Ecco, si mette in guardia da un’eccezioone che potrebbe diventare una prassi…

    da Alessandro   - mercoledì, 25 novembre 2015 alle 10:02

  3. In Italia non c’è alcun problema di ‘mitigare’ l’influsso di notizie ‘cattive’ sull’opinione pubblica: si evita – infatti – di darle e basta! Da dieci anni mi occupo di data mining di informazioni su malattie emergenti e posso dirvi che nel 90% dei casi nessuna delle informazioni che quotidianamente circolano sull’argomento arriva agli utenti dei media italiani. Di più, l’attività sismica in Italia è fra le più intense del globo: nonostante ciò ben poco vien detto in tv durante i tiggi di maggiore ascolto. Perché? La più semplice e ovvia delle risposte è: non siamo preparati, perciò è meglio non ‘allarmare’ la gente. C’è una cosa che si chiama ”all-hazard preparedness” che è pratica in alcuni Paesi fra i più avanzati (USA, Giappone, Cina, ecc.) e che consiste nel rafforzare TUTTE le infrastrutture critiche nazionali al fine di poter garantire la continuità operativa in caso di una qualsiasi emergenza (naturale e non). Miliardi di dollari vengono spesi per questo. Avete notizie di qualcosa del genere in Italia? O in EU? Ecco perchè i gattini sono una risposta, e non la peggiore – forse.

    da Giuseppe Michieli   - mercoledì, 25 novembre 2015 alle 10:55

  4. La polizia non ha chiesto di non diffondere notizie sull’argomento, ma di non diffondere la loro posizione nel mentre di un’operazione.
    Inoltre, le ricordo che durante la presa d’ostaggi a Parigi di pochi mesi fa i media irresponsabili hanno messo seriamente in pericolo le vite degli ostaggi stessi, diffondendo notizie su di loro. C’è una bella differenza tra non dare notizie e non rivelare dettagli fondamentali per la riuscita di un’operazione nel mentre della stessa.

    da Mimmo   - mercoledì, 25 novembre 2015 alle 12:29

  5. Ciò che è capitato in Belgio nello scorso weekend a mio parere è da relegare su quelle latitudini,essendo mediamente più ordinati e rispettosi delle regole,al contrario dovessero esserci quelle condizioni qui in Italia,da una parte l’isteria e dall’altra il conosciutissimo caos sociale che ci contraddistingue,l’esperimento risulterebbe mostruosamente diverso.

    Mi rendo conto però che con gli ultimi avvenimenti di Parigi e in Belgio in seconda battuta,la consolidata libertà sociale e non solo quella sul web si è trasformata,un pò come giocare a guardie e ladri con i dovuti distinguo,si sta diventando obbligatoriamente più guardinghi,e tutto sommato ai governi globalizzanti con scappellamento bancario-finanziario può essere una gran bella soddisfazione.

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 25 novembre 2015 alle 15:16

  6. Ma è a così a corto di argomenti? Scrive un pezzo con 50 kg di mani avanti, ma gonfio di retropensieri e quasidietrologie davanti a un fatto che ha avuto – e l’hanno capito tutti – delle ragioni prettamente logistiche (la camionetta fotografata dal signor Jean Pierre davanti a quel cinema poteva far dire a qualcuno “scappiamo, stanno arrivando…”). Per giungere a quali conclusioni? che se accadesse in Italia lo stato inviterebbe i twitteri e i giornali alla sagra del gattino mentre fredda gli innocenti a pistolettate? Robecchi, l’adolescenza ha solo un pregio: prima o poi finisce…

    da FEDERICA TINTI   - mercoledì, 25 novembre 2015 alle 16:03

  7. gentile Federica,
    la vedo agguerrita, mi fa piacere. Eppure nel pezzo si leggeva bene che il timore è per il precedente possibile, non per il caso in sé (ma non è sempre così?). Che so… un Genova 2001 futuro… un’emergenza sicurezza in Val di Susa… Sa, questo Paese mi ha insegnato ad aspettarmi il peggio, e non mi aspetto molto meglio dalla mia categoria… Vedo che lei fa, per paradosso, uno scenario agghiacciante (lo stato che fredda gli innocenti a pistolettate…), ma di innocenti qui ne sono morti, eh! (Bologna, Piazza Fontana, piazza della Loggia, Ustica… vado avanti?)… e ci sono stati periodi di… ehmmm, emergenza nazionale, in cui la stampa libera e democratica ha fatto il suo dovere, sa? Che so, avessero gentilmente chiesto di pubblicare gattini nel 1969 avremmo Vapreda in galera, oggi… (non si aggrappi all’esempio, rispondo a paradosso con paradosso). Come vede, ogni scenario è possibile e dire “occhio che questa cosa buona e giusta non crei precedenti per occasioni meno buone e meno giuste” non è poi così peregrino… Le mani avanti servivano a questo, se si sa leggere… Quanto alla mia adolescenza, le assicuro che sta benissimo, e così spero la sua, se ne ha tenuta da parte un po’…

    da Alessandro   - mercoledì, 25 novembre 2015 alle 16:20

  8. Dear Tinti, se qualcuno dopo una strage invoca modifiche alla costituzione oppure che bisogna rinunciare a parte della libertà in cambio della sicurezza(tranne quella del posto di lavoro), credo che i retropensieri siano del tutto giustificati.

    da Eparrei   - mercoledì, 25 novembre 2015 alle 18:05

  9. Ma “sicurezza e cultura” is the new (come direbbe Lui) “libro e moschetto” ?!

    da david   - mercoledì, 25 novembre 2015 alle 18:59

  10. Noi non viviamo in ‘certi paesi’ dove controllano l’opinione pubblica. Infatti la strage di Odessa e la strage di Parigi hanno avuto la stessa copertura mediatica.

    da Marco da Zurigo   - mercoledì, 25 novembre 2015 alle 23:57

  11. Propongo un altro esempio di libertà di stampa che ci differenzia da ‘certi paesi': il massacro di Parigi del 17 ottobre 1961 . Lo trovate qui:
    https://fr.wikipedia.org/wiki/Massacre_du_17_octobre_1961
    Purtroppo non ho trovato la versione in italiano.
    Buona lettura!

    da Marco da Zurigo   - giovedì, 26 novembre 2015 alle 12:06

  12. Se le telecamere posizionate in ogni cantone spiano i cittadini praticamente solo per fare cassa; se le piste ciclabili sono ricavate sui marciapiedi consentendo ai ciclisti di circolare praticamente sui piedi dei pedoni; se i governi sono nominati senza essere votati; se il parlamento è composto di personaggi signorsì nominati da politici non eletti; se la Costituzione è calpestata da sprovveduti in erba appena usciti dalla scuola; se le ferrovie saranno in buona parte messe in mano a quel capitale privato che attinge i quattrini dal calderone pubblico, praticamente come è successo per l’Alitalia; se nonostante tutto questo pochi individui riescono comunque a mostrarsi indisturbati in pubblico sparando all’impazzata sulla gente con armi da guerra uccidendo in nome di Dio; se l’informazione è perseguitata perfino dal Vaticano; se graziosi micetti prendono il posto delle notizie… Beh!.. Vuol dire che purtroppo stiamo davvero cavalcando di gran galoppo verso il capolinea della democrazia, della sicurezza e soprattutto della libertà.

    da Vittorio Grondona   - giovedì, 26 novembre 2015 alle 16:00

  13. Qui a Parigi hanno raccontato che il giorno dopo le stragi, nonostante il coprifuoco della polizia, molti bar erano pieni, il parco XXX doveva chiudere alle 1530 per ragioni di sicurezza, ma era pieno di gente che si è rifiutata di alzarsi e andarsene visto la bella giornata. Morale della favola il parco è rimasto aperto e belleville se si voleva prendere una birra lo si poteva fare senza problemi. Se i belgi e gli stranieri che vivono in Belgio sono contenti/soddisfatti/sicuri di starsene in casa a fotografare il gatto, lo facciano. Qui a Parigi dei gatti francamente non ce ne frega un cavolo.

    E se i poliziotti sono incapaci di prevenire certe stragi per ragioni che non conosco, non sarà certo con questa campagna, mediaticamente funzionale, che rimedieranno alla scarsa opinione che si ha di loro in Francia.

    da sebastiano   - giovedì, 26 novembre 2015 alle 17:48

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