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mer
18
set 13

Basta un poco di Concordia e la pillola italiana va giù

Non c’è niente di peggio di chi non capisce le metafore, di chi piega e modella le allegorie a suo uso e consumo. Dopotutto, se Gesù si esprimeva per parabole un motivo c’era, voleva che capissero tutti, anche i più semplici: il linguaggio figurato serve soprattutto a questo. E così qui, nel mondo alla rovescia dei grandi media italiani, tutto pare girare all’incontrario. La retorica che si è spiaggiata in questo giorni intorno all’isola del Giglio dice molto sulla furbizia italiana, sul trasformare un disastro in resurrezione. Ore e ore di diretta televisiva per il raddrizzamento della Concordia, chili e chili di parole ad ogni centimetro di scafo recuperato dal mare. Fino alla ciliegina sulla torta: la telefonata del presidente del consiglio alla sala operativa, in cui parla di “orgoglio italiano” per le operazioni di recupero. Ora, naturalmente si tratta di un grande spettacolo, e c’è da festeggiare che una delle coste più belle d’Italia non sarà più lordata da un rottame che fu di lusso e che stava lì a testimonianza semigalleggiante dell’insipienza nazionale. Bene. Però, come in ogni cosa della vita, suggerirei prudenza e una corretta lettura delle metafore. A risollevare la Concordia dalle acque lavorano cinquecento persone di ventisei nazionalità. Dunque sull’orgoglio italiano ci sarebbe da ridire. Orgoglio mondiale andrebbe meglio, ecco. Mentre il disastro, quello sì, fu tutto italiano, dalla pratica medievale dell’inchino (l’omaggio al potente di turno), alla spacconeria cafoncella (“Il sorpasso” di Risi, se si vuole ricorrere al cinema), alla fuga ridicola e vile del comandante (restando al cinema: “Ve lo meritate, Alberto Sordi”, cfr. Nanni Moretti). Dunque la corretta lettura della metafora è: noi (uno di noi) abbiamo fatto un casino inenarrabile. Loro (intesi come tecnici stranieri, esperti di ogni angolo del mondo) sono venuti a rimetterlo a posto. Del resto, è quello che ci piacerebbe accadesse per Pompei, per il Fori a Roma, per molte delle ricchezze italiane che trattiamo male e malissimo.
Ma c’è di più. La corsa a rimirare i titanici lavori di raddrizzamento di una nave e a cercare in quel tirar di cavi una qualche consolazione alle nostre disgrazie, un’immagine di riscatto, un “orgoglio” ritrovato, denuncia in pieno il sogno italiano dello stellone, della provvidenza, del miracolo a cui aggrapparsi. Se ci pensate, è lo stesso meccanismo mentale che sostiene tutte le tesi sull’uomo della provvidenza. Ci pensa lui. Meno male che c’è. Arriva uno e dal casino totale crea l’ordine. Un abbaglio in cui il Paese cade periodicamente con la stessa stralunata fiducia, sempre dimentico che chi doveva mettere a posto i disastri con la sola imposizione delle mani (o del manganello, o della spending review) ha solo creato disastri maggiori. Ora, allo stesso modo, ecco la retorica del miracolo italiano che si ripete per un’operazione tecnica. La metafora direbbe: visto? A provocare una tragedia immane ci vuole un minuto, mentre a rimettere le cose a posto servono mesi, lavoro, pazienza e soldi. Ecco, questo dovrebbe insegnare la metafora della Concordia a un popolo bambino. Invece no: invece la si piega come un elastico, come un chewingum per dire: “Visto, il genio degli italiani che tirano su una nave come quella?”. Una sorta di strabismo di comodo, una prospettiva sghemba. La metafora della riemersione del Paese? Sarebbe bello. I fatti, invece, dicono che sono arrivati bravi tecnici, molti stranieri, per mettere a posto un brutto pasticcio che si poteva evitare.

9 commenti »

9 Commenti a “Basta un poco di Concordia e la pillola italiana va giù”

  1. spesso quando ti leggo ritrovo i miei pensieri, tu però ovviamente li scrivi meglio! (ieri mi ero stupita per due cose leggendo le news: questa appunto, e per gli stessi motivi che scrivi, e il fatto che il video messaggio di b lo debbano mandare sul tg1….)
    quindi, grazie! :)

    da eve   - mercoledì, 18 settembre 2013 alle 10:04

  2. Bravo, bravo, bravo!
    un pezzo magistrale.

    da Teresa   - mercoledì, 18 settembre 2013 alle 13:36

  3. Come sempre, un pezzo magistrale. Bravo, davvero complimenti per la tua capacità di informare facendo ridere con la forza dell’ironia. Sono un lettore storico del Fatto e un grande amico di Marco.

    da Mario Domenico Riso   - mercoledì, 18 settembre 2013 alle 14:37

  4. grazie, Robecchi. Come sempre, pezzo di grande lucidità e verità

    da adele5   - mercoledì, 18 settembre 2013 alle 16:34

  5. Visione. Capacità di sintesi. Una leggerezza di narrazione inarrivabile.

    Grandissimo Alessandro Robecchi. La capacità di dar voce ai pensieri di chi non crede al paese televisivo.

    Continua. Non è un invito. Chi ha capacità eccellenti come le tue ha un obbligo civile di continuare a stimolare la mente di chi non se l’è fatta ancora completamente ottundere dal Grande Fratello. E non parlo di trasmissioni idiote.

    In gente come te è riposta la speranza per un’Italia migliore. O quantomeno diversa.

    da homing pigeon   - mercoledì, 18 settembre 2013 alle 22:58

  6. ecco, grazie, non esageriamo…
    a.r.

    da a.r.   - giovedì, 19 settembre 2013 alle 08:06

  7. Grazie.

    da Raffaella   - giovedì, 19 settembre 2013 alle 12:38

  8. Bel pezzo, un`anticchia meglio della tua produzione consueta (comunque molto godibile).

    da Enrico   - sabato, 21 settembre 2013 alle 16:49

  9. Prima la Concordia, poi il videomessaggio di B. In Italia ormai c’ è attenzione solo per i relitti.

    da gianguido mussomeli   - domenica, 22 settembre 2013 alle 10:06

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