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Voi siete qui – All’armi son faxisti

Cari compagni. In questo difficile momento, mentre barcolliamo, pur senza retrocedere, davanti a un vile attacco faxista operato con antiche tecnologie dai commissari liquidatori del manifesto, è il momento della severa autocritica. Noi non siamo stati capaci di modernizzarci, non siamo stati al passo coi tempi, non abbiamo capito le mutate condizioni delle masse. E specialmente delle masse di pezzi di merda che hanno fatto i soldi con i contributi dell’editoria senza averne diritto e anzi con l’antico metodo della truffa. Noi, rinunciando alla nostra natura di rivoluzionari, abbiamo fatto tutto secondo la legge. Non abbiamo barattato qualche milioncino di euro con favori compiacenti, né ci hanno intercettato come il signor Lavitola mentre chiedevamo al presidente del Consiglio Berlusconi buon’anima un po’ di soldi per l’Avanti!, per dire. E nemmeno siamo andati a vendere elicotteri a Panama caldeggiando tangenti per ungere questo o quel presidente centroamericano. Abbiamo dimostrato così di non capire la complessità del presente. Noi non abbiamo messo a bilancio, come il prestigioso foglio la Discussione, un’Audi A8 del valore di 99.000 euro, con cui pagheremmo quasi cento stipendi. E nemmeno abbiamo destinato alle nostre spese personali qualche soldino ricevuto per Il Campanile, testata che certo campeggia nella rassegna stampa della Casa Bianca e dell’Eliseo, essendo emanazione dell’Udeur di Mastella. E non siamo nemmeno accusati, come il senatore Ciarrapico, di aver moltiplicato i contributi servendosi di prestanome ottuagenari (il processo a breve). Insomma, compagni: noi ci siamo seduti sulla più retriva legalità borghese, mentre altri (specie i “borghesi”) fregavano a man bassa dichiarando milioni di copie e vendendone, nei giorni buoni, diciassette. Ora che il faxismo contabile ha colpito, dobbiamo meditare e discutere sulle nostre colpe e interrogarci sul vecchio ma sempre fecondo interrogativo: “che fare”? Non è che a Panama servono altri elicotteri? Non è che a Berlusconi servono altri favori? Sai mai che…

12 commenti »

12 Commenti a “Voi siete qui – All’armi son faxisti”

  1. Tristissimo.
    Buona Domenica Robecchi.

    da Tarkus   - domenica, 13 maggio 2012 alle 10:08

  2. Una cosa però è stata fatta: l’art. 21 della Costituzione. Esso non stabilisce che si possa giocare sul questo sì e quest’altro no in materia di finanziamento. Togliere dalla circolazione giornali come il Manifesto, come Liberazione, come il Riformista… significa di fatto censurarli. Atto espressamente vietato. Liberarsi dei giornali, di sinistra o di destra che fossero, con la mera scusa della convenienza economica, peraltro di pochi, non è cosa “gradita” alla nostra Costituzione. La legge può stabilire che siano “resi noti” i mezzi di finanziamento della stampa. Non li può certo proibire, ma nello stesso tempo non può nemmeno accettare che gloriose testate debbano chiudere per lasciare il posto solo a quelle assicurate dai soldi del capitalismo. In questa evenienza scadrebbe di fatto il senso del succitato art. 21 in quanto saqrebbe agevolata l’informazione di una sola ideologia del Paese, a scapito ovviamente di una sana democrazia. Proibire tutti i finanziamenti, compresi quelli privati, o assicurare la sopravvivenza di tutti i giornali periodici, ovviamente nella misura razionale dettata dalle varie ideologie espresse dal voto popolare. In questo contesto dovrebbe inoltre essere opportunamente regolata anche la distribuzione della pubblicità. In sostanza molta pubblicità deve ridurre il finanziamento pubblico. Una bilancia democratica, insomma.

    da Vittorio Grondona   - domenica, 13 maggio 2012 alle 10:22

  3. Beh, dissento da quanto sostiene il signor Grondona. Probabilmente non sarò un sincero democratico ma mi permetto di dire che a mio umilissimo parere gli aiuti all’editoria sono un nonsenso: non capisco, e non ho mai capito, perchè con i soldi dello Stato si debbano sostenere giornali, di qualunque idea sociale e politica essi siano. Un giornale è una attività economica come un altra, soggetta alle regole come tutte le altre. Sì, è vero, la cultura. Sì, è vero, una informazione “diversa”, un’altra campana. Tutto vero, ma se la gente non ha interesse a sentirla, quella campana? Dobbiamo continuare a farla suonare comunque? Le gloriose testate, nel momento in cui non vendono abbastanza copie per sostenere i costi, hanno un problema (quello cioè, di non essere appetibili in edicola), e sinceramente non vedo perchè il problema lo debbano risolvere gli italiani (quindi, e lo dico con grande umiltà e rispetto per le opinioni altrui, non capisco il passaggio in cui Grondona sostiene che “la legge non possa accettare” che tali gloriose testate chiudano. E perchè mai?). In Italia, e nel mondo, migliaia di gloriose attività hanno difficoltà e magari devono chiudere i battenti perchè non incontrano più il favore del pubblico; è un peccato, sicuramente, ma è la vita. Io non lo compro quasi mai, ma il Fatto quotidiano di Travaglio vende tantissimo e guadagna soldi pur avendo rinunciato ai soldi pubblici; probabilmente quel quotidiano ha intercettato moltissimi lettori che prima acquistavano il Manifesto e ora non lo fanno più. Vorrà pur dire qualcosa, no?

    da Massimo   - domenica, 13 maggio 2012 alle 12:10

  4. In questi casi, direi che è buona regola scendere dall’astratto e vedere caso per caso. Per esempio, Giorgio Strehler teorizzava il finanziamento statale ai teatri: con Strehler, e quasi solo con Strehler, era un’ottima idea e ha dato risultati eccezionali, ma poi ne hanno approfittato cani e porci.
    Idem per il Manifesto, e per pochi altri giornali e radio: possibile che nessuno sappia distinguere tra giornalismo serio e approfittatori? Io per esempio avrei visto bene anche il finanziamento pubblico a La Voce di Montanelli, che purtroppo ha chiuso. Non ho mai amato Montanelli, ma era comunque un buon giornale.
    Tutti gli altri discorsi, a dire il vero, li trovo poco intelligenti (I’m sorry). (NB: non sono un lettore assiduo del Manifesto, spesso sono in disaccordo, però mi piace che ci sia e vorrei che continuasse ad esistere)

    da giuliano   - domenica, 13 maggio 2012 alle 12:57

  5. Chi è la “gente”? E’ “gente” chi ha i quattrini e può disporre perfino del privilegio di informare degli avvenimenti secondo la propra idea, oppure è “gente” chi ha diritto di attingere all’informazione plurima per avere la possibilità di ragionare individualmente sugli avvenimenti stessi? l ragionamento del signor Massimo non fa una grinza se lo si vede dal punto di vista affaristico, ma dal punto di vista sociale, secondo il mio modestissimo parere personale, pecca di gran lunga per quanto riguarda l’equilibrio che dovrebbe essere tenuto presente da chi amministra un Paese libero. Io non penso che sia giusto “mantenere” un giornale a dispetto dei santi, ma ritengo invece che sia un sacrosante dovere mantenerne viva la parola di un quotidiano in proporzione alle risultanze dei consensi politici che ad esso fanno riferimento, vietando nel contempo alle altre testate di acquisire risorse diverse da quelle derivanti appunto da tali consensi. Dalle risorse pecuniarie, mi intendo… Il “Fatto Quotidiano”, per esempio, non lo considero un giornale di parte. Per me è una fonte di conoscenza generale che si presta ad apprezzamenti ideologici diversi, mentre, sempre per esempio, il Manifesto è un giornale che informa in base a come analizza gli avvenimenti dal proprio punto di vista politico. In sostanza ritengo giusto che il “Fatto Quotidiano” si mantenga da solo in base alle proprie capacità di interessare i suoi acquirenti, mentre penso, al contrario, che “Il Manifesto” abbia il diritto sociale di essere garantito dalla democrazia.

    da Vittorio Grondona   - domenica, 13 maggio 2012 alle 15:58

  6. Intervengo di nuovo (e poi chiudo, perchè se no diventa un po’ stucchevole…) per dissentire nuovamente dalla risposta di Grondona e per dire, molto semplicemente, che per me non esiste un “diritto sociale” per qualsivoglia giornale (o teatro, o sport…) di essere garantito (e quindi mantenuto…) dalla democrazia. E’ ovviamente un parere del tutto personale, e come tale va inteso e ha valore. Il Manifesto (come tutti gli altri giornali “di partito”…) (poi, lo so benissimo, alcuni – come quelli citati da Robecchi nel suo articolo – hanno semplicemente approfittato biecamente della legge…) ha potuto disporre di soldi, molti soldi, provenienti dalle tasche dei contribuenti italiani per scrivere, e descrivere, per anni il suo punto di vista sulla cultura e sulla politica italiana e mondiale, lo sottolinea anche Grondona: ebbene, se senza quei soldi non è in grado di sopravvivere significa, altrettanto semplicemente, che quello che scrive (o magari, come lo scrive…) non interessa ad abbastanza persone per poter continuare; è triste, ma è la vita.

    da Massimo   - domenica, 13 maggio 2012 alle 18:56

  7. Ben scritto, ma non è che ricordando le altrui malefatte si può dimenticare il fatto che il Manifesto ha perso molte, troppe occasioni. Specialmente in epoca di crisi, non è possibile che il “modello di business” sia la questua periodica.
    Oggi in Italia sopravvivono solo due tipi di imprese editoriali/informative:
    1) chi ha dietro un editore o investitore forte e piani di rientro a lungo periodo (o forse mai);
    2) chi mantiene la parte informativa della propria attività (un giornale, un sito) con la vendita di una serie di servizi (rassegne stampa, organizzazione della comunicazione per le imprese, servizi editoriali, etc).
    Non si vive di sola informazione-vendite-mercato pubblicitario

    da Gabriele   - lunedì, 14 maggio 2012 alle 03:15

  8. Mi sento di fare un’ultima osservazione in difesa della mia (utopistica?) tesi. Le minoranze (tutte) sarebbero prima o poi destinate a soccombere se la loro esistenza dovesse per forza competere con la prepotenza dei quattrini.

    da Vittorio Grondona   - lunedì, 14 maggio 2012 alle 09:49

  9. Si puo’ dissentire e discutere sull’opportunita’ del sostegno pubblico all’editoria. Ed e’ senz’altro vero che le vendite del Manifesto sono scese in questi anni. E chiedersi il perche’ di questo calo e’ doveroso – un calo avvenuto in un momento in cui, a parte l’ascesa del Fatto Quotidiano, tutti gli altri giornali soffrono. Detto tutto cio’, non e’ accettabile che questo “riordino” del sostegno all’editoria avvenga prima negando finanziamenti gia’ approvati (come il 1.1 milioni di euro mai ricevuti dal Manifesto nel 2011), e poi senza un tempo sufficiente per prepararsi a un nuovo modello. Guardate i conti del Manifesto: http://www.ilmanifesto.it/dossier/senza-fine/grafici/

    da Ugo Vallauri   - lunedì, 14 maggio 2012 alle 11:49

  10. salve.è difficile campare se fai solo giornalismo appassionato e “certificato” mentre propagandare ha sempre reso bene…..
    chi riceve soldi ma di fatto non pubblica deve semplicemente rendere il ricevuto(ovviamente tramite “EQUITALIA”)e lavorare con i rischi di impresa.i giornali vivranno di vendita copie e spazi pubblicitari assicurando così contenuti che avranno utenza se interessata…..mi sembra però che abbiamo preso calci nello stomaco e questo non è bello……neanche un pò…….

    da michele   - lunedì, 14 maggio 2012 alle 13:20

  11. si può concludere: ci teniamo quelli che calunniano e inventano palle (vedi il metodo applicato a Dino Boffo, vedi i cognomi storpiati da Emilio Fede), e mandiamo via quelli bravi, perché non vendono. Mah, a me non sembra giusto – vedo che l’ubriacatura thatcheriana-reaganiana non è ancora passata…

    da giuliano   - lunedì, 14 maggio 2012 alle 13:37

  12. I facsisti non sono ironici, non sanno godere né dell’amore né della vita, non sanno ridere: sono delle palle al piede o piedi di porco con cui fracassare tutti i paletti.
    W Alessandro Robecchi!

    da ab   - giovedì, 17 maggio 2012 alle 19:07

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