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Se la Fornero facesse l’operaia – Su L’Espresso.it

Il sito de L’Espresso pubblica oggi questo mio commento. Chi vuole leggerlo sul sito de L’Espresso clicchi qui. Se no, qui sotto.

Scene di lotta di classe ai tempi della crisi e della “monotonia” del posto fisso? Randellate a colpi di curricula spessi come le Pagine Gialle? Si sta trasformando in questo, lentamente ma inesorabilmente, la piccola polemica sul caso di Silvia Deaglio, figlia della ministra Fornero, docente universitaria (medicina) nella stessa università (Torino) dove insegnano papà (economia) e mammà (pure). Dalla rete sale la solita furente indignazione, dai piani alti della società e dei giornali piovono nobili difese: una spaccatura rivelatrice. La dottoressa Deaglio se ne tira fuori con una certa eleganza (“Per me parla il mio curriculum”, Corriere della Sera), ma l’impressione è che non basti. Mai come in questa occasione sembra di assistere a un dialogo con due lingue diverse: da una parte chi brandisce l’invidiabile curriculum della dottoressa Deaglio in difesa del famoso “merito”; dall’altra chi dice che non è questione di talento ma di opportunità e di “partire tutti da uguali posizioni”. In più, va notato, se mammà non stesse picconando i diritti di molti sottoforma di articolo 18 e se un’altra ministra, la signora Cancellieri, non avesse ironizzato sui giovani che “vogliono il lavoro vicino a papà e mamma”, probabilmente nessuno ne parlerebbe: le università in cui pullulano cognomi uguali sono un classico italiano.
Ma qui c’è di più. C’è sullo sfondo, bloggante e twitterante, una comunità dolente che vede ancora una volta consegnato un premio di maggioranza alle solite nomenclature, convinta di venir scippata di opportunità per la sola colpa di non avere il cognome giusto. Una plebe sapiente che vede accanto a sé corsie preferenziali per i soliti noti e che si sente ferma nel traffico, a passo d’uomo, in fila indiana, mentre altri sfrecciano con il lampeggiante e la sirena. Ed ecco gli strali, anche scomposti, dettati da indignazione, contro la dottoressa Deaglio.
Ma il caso personale, il caso specifico, come sempre è fuorviante. Non si tratta qui di decidere se la dottoressa Silvia Deaglio abbia i titoli (e li ha) per ricoprire il suo incarico e per occupare il suo “monotono” posto fisso. Piuttosto si tratta di chiedere se tutti coloro che hanno lo stesso talento e le stesse capacità abbiano avuto le stesse possibilità. In sostanza, dunque, non della dottoressa Deaglio si parla, ma di tutti i possibili dottori e dottoresse che fin lì non sono potuti arrivare per questioni di ceto, cognome, appartenenza dinastica o estrazione sociale. Su questo sì, la dottoressa Deaglio potrebbe dire qualcosa: conoscerà certamente la situazione dell’università italiana e potrebbe senz’altro argomentare su tanti lavoratori del sapere che il posto fisso non ce l’hanno e forse non l’avranno mai, anche con ottimi curricula.
E la lotta di classe, direte voi, che c’azzecca? Ma sì che c’azzecca. Perché a ben vedere la figlia dei due docenti universitari (uno dei quali ministro) che fa la docente universitaria non è una notizia, esattamente come il cane che morde l’uomo. Se si scovasse in qualche anfratto del Paese, in qualche provincia remota, in qualche sottoscala umido e male areato un figlio di ministro che lavora in un call-center, con contrattini variabili e poverissimi, ricattabile e precario, impossibilitato a chiedere un mutuo (ma figurati!) o a fare dei figli (miraggio!), allora sì che sarebbe una notizia. Allora sì che avremmo l’uomo che morde il cane, con conseguente scoop e giusto stupore. Questa è la vera questione politica, che merita di essere girata non alla dottoressa Deaglio, ma alla mamma ministro del Lavoro.
Rimbalza sui blog (nel partito dei difensori) la notizia che la dottoressa Fornero, ministro del Lavoro, è figlia di un ferroviere, e che nonostante questo è arrivata fin lì, addirittura a sedere nel governo, mirabile esempio di giustizia sociale interclassista. Ottima notazione: negli anni Sessanta e Settanta (Fornero è del ’48) ciò era possibile. Era ancora possibile. La domanda a cui bisognerebbe rispondere – e a cui il ministro del Lavoro dovrebbe rispondere per prima – è: oggi è ancora così? Con una forbice tra ricchi e poveri sempre più larga, con un Paese che sta ai primi posti per diseguaglianza economica nel mondo, può succedere ancora? E quando ai ceti medi e bassi verranno tolte alcune garanzie di sicurezza come il ministro Fornero si appresta a fare, sarà ancora possibile far funzionare l’ascensore sociale come ha funzionato nel suo caso? Come si vede, i curricula spessi come le Pagine Gialle c’entrano sempre meno, si perdono sullo sfondo. Mentre l’esistenza di una questione “di classe” (che parole antiche!) prende la scena e conquista il primo piano. Ciò che ieri era possibile, oggi sembra inarrivabile. E’ questo che ci dice un piccolo “caso” come quello di Silvia Deaglio e di mamma Fornero, è questa la luna che il dito della rete ha indicato. Certo, come al solito, guardare il dito – un poderoso e meritatissimo curriculum – è più comodo, fa fine e non impegna.

9 commenti »

9 Commenti a “Se la Fornero facesse l’operaia – Su L’Espresso.it”

  1. Non è molto satirico il pezzo, però molto bello.
    Condivido tutto.
    Grande Robecchi.

    da Tarkus   - giovedì, 9 febbraio 2012 alle 15:12

  2. Non credo di poter condividere.
    L’ascensore sociale non funziona più perchè l’università non produce persone sufficientemente qualificate. L’università è ingolfata dal grande nunero di iscritti, che rendono impossibile l’efficacia dell’insegnamento per i qualificati che porebbero molto di più in base alle loro capacità.
    Se la Deaglio ha i titoli ed i meriti per svolgere gli incarichi del suo ruolo, ed è arrivata in quella situazione rispettando tutte le regole formali e sostanziali, non capisco proprio dov’è il problema.
    Provenire da una famiglia che per cultura e posizione economica ti da la praparazione di base, la spinta e anche la possibolità di frequentare persone ed ambienti stimolanti per la formazione personale e la crescita professionale non può essere un torto del soggetto fortunato.
    Lo sarebbe se la persona privilegiata andasse ad occupare posizione per cui non ha la preparazione o la predisposizione intellettuale necessarie, e questo succede troppo spesso proprio per censo e/o raccomandazione e/o familismo e/o selezione politica.
    C’è ingiustizia sociale in questo, ma sarebbe compito dello stato finanziare in maniera selettiva gli studi di soggetti dotati di ingegno per competere efficacemente in questa gara,
    cercando così di superare i privilegi familiari.

    da Filippo Di Giambattista   - giovedì, 9 febbraio 2012 alle 15:31

  3. Prima di scrivere un commento al tuo pezzo bisognerebbe rileggersi la parte dove la vera notizia è l’uomo che morde il cane e non viceversa. Insomma, per alcuni sembra che va bene l’andazzo attuale: l’ascensore è fermo al pianterreno e chissenefrega. Se una discendente al trono ha il posto vicino alla mamma e al papà di sangue blu, ma è brava, va bene così. Ieri è uscita una notizia che ci riempie di gioia: alcuni giovani ricercatori italiani, naturalmente scappati all’estero per lavorare, hanno completato la ricerca per l’applicazione delle staminali per rigenerare parti del cuore infartuato. Sono giovani spinti dalla volontà di superare ostacoli, vincoli di grado sociale, di censo, di ostacoli insormontabili posti lungo le loro aspirazioni. Quella spinta di rimuovere quell’ingiustizia talvolta li porta al successo. La Deaglio sarà anche brava e piena di meriti ma non conoscerà mai quella soddisfazione di aver scalato le montagne magari regalando un pò di vita in più all’umanità piena di contrarietà e ingiustizie. Questo però non giustifica i sorprusi. Il nostro paese, se ha ancora un pò di credito all’estero, lo dobbiamo a questa genia di italiani doc, senza pedigree e doppio cognome.

    da EDOARDO   - giovedì, 9 febbraio 2012 alle 16:24

  4. Che l’universita’ “non produca persone sufficientemente qualificate” e’ tutto da dimostrare e potrebbe essere controbattuto indicando la quantita’ di laureati italiani emigrati all’estero (e mi ci infilo) che hanno ottenuto posti di rilievo in base al merito. E siamo in tanti.
    Laureati figli di nessun ministro che in Italia erano altamente ignorati o sottopagati (sempre io).
    Il CV, la qualifica e la mansione sono piu’ o meno gli stessi, solo che in UK (ancora io) in busta paga lo stesso lavoro fatto dallo stesso italiano laureato con la stessa laurea vale il triplo. In America spesso di piu’.

    da Valerio   - giovedì, 9 febbraio 2012 alle 16:40

  5. Toh!… Allora non è finita la polemica. Trovo deprimente constatare quanto sia difficile far passare un concetto sacrosanto come quello di argomentare una critica al potere con fatti precisi ed incontestabili. Ho letto tutti i commenti all’art.di a.r. direttamente sull’Espresso. A questo punto ribadisco il concetto del primo mio commento al post di a.r. del 2 febbraio “Che monotonia! Tutti i “posti fissi” del prof. Monti”: nessun potente rappresentante delle istituzioni ha il diritto di pronunciare frasi tragicomiche, deridendo in tal modo soprattutto quei giovani che si trovino ad affrontare la vita in circostanze di assoluta ristrettezza economica, derivate in questa crisi mondiale dall’ignobile speculazione capitalistica, bancaria e non.

    da Vittorio Grondona   - giovedì, 9 febbraio 2012 alle 18:52

  6. La forma, il modo in cui si dicono le cose, è importante. Il modo con cui si è affrontato l’argomento (Fornero, Monti, Cancellieri) è stato come se un chirurgo dicesse “su allegro che bisogna operare!”. Che si dica che il posto fisso non c’è più, mi sta bene perché è ormai una verità, basterebbe aggiungere un “purtroppo”.
    Invece il “purtroppo” non arriva mai, ed è questo il punto. Come si fa a scherzare sulle sofferenze del tuo prossimo?
    E mi dispiace anche, come sottolinea qui Robecchi, che si finisca sempre sulle questioni personali. Ma c’è stata la Fornero, c’è stata la Cancellieri, c’è stato Monti, Martone, Brunetta, Berlusconi, Marchionne, Marcegaglia, eccetera eccetera, qui c’è un disegno preciso e quindi le reazioni di chi è stato preso in giro (cornuto e mazziato) sono più che legittime.

    da giuliano   - giovedì, 9 febbraio 2012 alle 20:30

  7. La critiva NON è alla figlia di….o di….ma a quel che esce dalla bocca da questi arroganti super-tecnici, che rasenta appunto la presa per i fondelli.Perchè mai per i figli di costoro il posto fisso non è un disdoro, mentre per migliaia di altri lo sarebbe? E chi lo dice che a parità di competenza i figli di…….non abbiano tolto il posto a persone che ne avrebbero avuto più bisogno? Quanto al fatto che l’Italia non produca menti eccelse, vale quel che ha detto qualcuno più su…i giovani che trovano risalto all’estero ed anche un successo economico da dove provengono sa non dalle nostre università?

    da Mietta   - venerdì, 10 febbraio 2012 alle 11:41

  8. Caro Robecchi, direi di inaugurare (o rispolvevare) una vecchia categoria ontologica della filofia politica: quella del PARACULO. Il paraculo non è detto sia uno stupido, anzi. Ma trova la sua strada in discesa, e non si perita di voler pure assurgere a fenomeno dal CV straordinario. Se il figlio dell’operaio ha il problema di tirar sera, e nel mentre studia, il paraculo può dedicarsi alle sue ricerche con l’aria dell’intellettuale borghese di fine ‘800 un po’ bohemien. Quale ricerca sarà migliore alla fin fine? E cosa fa l’università italiana per riequilibrare questi squilibri di possibilità? Zero assoluto. Altro esempio tipico di paraculo: un caso veneziano che ha fatto scuola. Il bimbo, figlio di docenti, dopo laurea e phd nella stessa università, è stato mandato all’estero mercé la rete clientelare della famiglia e coi soldini di papà, salvo rientrare presentandosi come cervello in fuga (sic!). Ecco come il paraculo costruisce il suo CV, e soprattutto la sua carriera. Nel frattempo, il figlio dell’operaio – per quanto non inferiore nelle ricerche ed intellettualmente – è alla ricerca di quei 600 euro che gli possano permettere almeno di vivere…

    da BARBARA68   - venerdì, 10 febbraio 2012 alle 12:56

  9. buongiorno
    sull'”affezionarsi al posto fisso” la politica ha perso un’altra opportunità di essere d’esempio,cercare di cambiare la legge elettorale per rigarantirsi i posti e i privilegi non è assolutamente corretto,non è etico e neppure democratico.
    perchè devo accettarlo?
    perchè devo impegnarmi tanto x ottenere poco e non riuscire a vivere?
    sono disposto a fare tutto quello che il governo mi chiede,sacrifici compresi ma…..serve un fine valido e condiviso non un mantenimento dell’attuale condizione…sperando che non peggiori.
    cordiali saluti

    da michele   - mercoledì, 15 febbraio 2012 alle 13:32

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