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mer
16
apr 08

Editoriale – Non si può più fare

Lascio l’analisi del voto ai più esperti, ma credo che ci leccheremo questa ferita finché avremo la lingua, e forse anche dopo. A sinistra si è sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare, imperdonabile e dilettantesco tutto quanto. E’ triste, ma non parliamo dei defunti, parliamo dei vivi, a malapena, ma vivi. Il Pd, infatti, pone un interessante problema di marketing che sarà il principale problema politico dei prossimi cinque anni e che sintetizzerei cosi: si può fare cosa? Si può fare il ponte sullo stretto di Messina? Si può fare il test di salute mentale ai magistrati? Si può fare di peggiorare le leggi razziali esistenti? So che messa così può sembrare una provocazione, ma restiamo ai fatti. Non risulta che in tutto il Parlamento, Camera e Senato, sieda un solo antiliberista. L’assoluta unanimità, con minuscole varianti e sfumature, nei confronti della totale libertà del mercato si realizza – credo unico posto in Europa – nel Parlamento italiano. Libera volpe in libero pollaio: 630 deputati e 322 senatori tifano apertamente per la volpe.
E fin qui la valutazione oggettiva della situazione. Ma non può sfuggire anche un discreto errore di strategia. Impostare un intero disegno politico e una intera campagna elettorale sullo slogan “si può fare” renderà un po’ meno agevole svolgere il compito che ci si aspetta dall’opposizione, il cui mestiere, generalmente, nelle democrazie mature, è di dire a voce alta e forte che “non si può fare”. C’è da pensare che quella strategia del “si può” prevedesse la vittoria come unica modalità, e che applicarla nella sconfitta sia impossibile. Partita secca, la va o la spacca, come del resto sono le presidenziali americane da cui hanno preso vela lo slogan e la sua filosofia.
La principale accusa rivolta alla sinistra da parte del Pd per settimane e mesi è stata quella di essere “l’Italia del no”, mentre lui ardeva, bramava  e si sbracciava per essere l’Italia del sì. Ora, che farà? Dirà sempre sì? E quando ci sarà da dire no sui temi economici, quando la volpe avrà sempre più fame e il pollaio sarà sempre più indifeso, che farà, si opporrà strenuamente con Calearo? Con Colaninno? Con Ichino? Già mi vedo manifestazioni di industriali, cortei di imprenditori e – in caso di scontri – il fitto lancio di rolex in difesa dei lavoratori. A pensarci è un vecchio sogno, quella vecchia mania del Pci di non avere nessuno a sinistra. Sogno che si realizza quando il sognatore è morto e sepolto, e ci si sveglia agghiacciati che non ci sia niente a sinistra di questa moderna e neo-flaccida Dc. Niente a sinistra punto e basta. Il tutto, alle prese con un governo di estrema destra, in campo economico e sociale. Non vedo soluzioni all’orizzonte, per dirla tutta non vedo nemmeno l’orizzonte. Constato che se qualcuno avesse in animo di dire “non si può fare” – frase che con il prossimo governo bisognerà pronunciare ogni istante – è già partita la criminalizzazione. Si teme il ritorno delle piazze, il ritorno addirittura del terrorismo ed altre cossigate consimili. Su questo il Pd ha qualcosa da dire o lascerà fare? O dirà sempre, come in un mantra ipnotico che si può? E quanto poi all’entità del baratto (fine della sinistra in cambio di un grande disegno politico), va detto che il piatto di lenticchie è misero, sotto quel trentacinque per cento che era la soglia della decenza di tutta l’operazione. “Come succede nelle grandi democrazie europee – è la prima frase di Veltroni dopo il disastro – ho telefonato al mio avversario”. Bravo, corretto, ammirevole. La seconda cosa che si fa nelle grandi democrazie europee dopo una facciata simile è andarsene, come Segolène, come Aznar. Ma questo non si è detto e nemmeno pensato. Cinque anni di si può fare saranno lunghissimi. Si può dire.

20 commenti »

20 Commenti a “Editoriale – Non si può più fare”

  1. Con nove punti di distacco al PD non resta che chinare la testa? Quai ai vinti, quindi? No di tutto questo!… Io penso che l’innovatore politico debba muoversi senza perdere tempo e incominciare proprio a dire che “non si può fare”. Non si può lasciare la legge elettorale attuale che impedisce le preferenze e nello stesso tempo regala maggioranze non elette. La governabilità di un Paese bisogna guadagnarsela, non riscuoterla gratis o con il cannibalismo politico. La sinistra spinta fuori dal Parlamento con forza rappresenta comunque una grossa quantità di cittadini e questo è ben dimostrato dai risultati delle elezioni locali che la vedono raddoppiata rispetto al risultato nazionale, nefasto frutto dell’illogicità del votare contro l’avversario. Quindi si dia subito una mossa per risorgere ed iniziare la sua politica sociale opportunamente rinnovata. Niente è meglio che cominciare da zero con l’esperienza degli errori fatti. Le pezze sul sedere sono un brutto ripiego agli strappi, meglio è cambiare i pantaloni.

    da Vittorio Grondona   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 10:08

  2. Yes we could..

    da Grandesacchetto   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 10:43

  3. Prendo atto:

    – Che la Classe Operaia non esiste più.
    Non come categoria lavorativa, ma come Classe, cioè come entità capace di aggregare intorno alle proprie lotte e alla difesa dei propri interessi i proletari, gli studenti, gli intellettuali e tutti coloro che con quegli interessi hanno una convergenza spirituale o sostanziale.

    – Che ha vinto l’Italia dell’evasione fiscale.
    L’Italia della corruzione (che tutti sarebbero disposti a compiere).
    L’Italia del privilegio (che tutti aspirano ad ottenere).
    L’Italia di chi con il “federalismo fiscale” è pronto a rompere il rapporto solidale del Paese, pur di riempire ancora di più la propria pancia, anche lasciando sempre più vuota la pancia del Sud.
    L’Italia di chi vuole più infrastrutture, ma non è disposto a pagare le tasse affinché queste si possano realizzare.
    L’Italia di chi “Non voglio pagare le tasse , perché della Sanità non me ne frega niente, tanto vado a farmi curare all’estero”.
    L’Italia di chi non vuole una giustizia uguale per tutti, ma dove la giustizia dei ricchi è una cosa e quella dei poveri è un’altra.
    L’Italia in cui legalità significa buttar fuori tutta quella povera gente che vi arriva per fame; in cui legalità significa perseguire il pensionato che ruba la mela al supermercato; in cui legalità significa poter impunemente falsificare i bilanci delle società; in cui legalità significa non poter manifestare in piazza i propri dissensi; in cui legalità significa poter picchiare e torturare gente inerme; in cui legalità significa poter commettere qualunque abuso, “tanto poi li condono”; . . .
    L’Italia più insofferente alle regole.

    – Che il grande imbonitore è riuscito a vendere la sua ennesima patacca, la più palesemente falsa, pertanto la più oscena.

    – Che per essere eletti occorre sollecitare gli istinti più bassi dell’elettorato e sputare continuamente sulle istituzioni.

    – Che, anziché la politica governare la finanza, è la finanza che continua a governare la politica.

    – Che chi voleva la “semplificazione americana del sistema politico” per ora l’ha spuntata.

    E siccome:

    – Lunedì sera, davanti alla TV che trasmetteva i risultati elettorali, ho visto vecchi compagni con le lacrime agli occhi, ed anch’io le ho trattenute a stento.

    – Chi ha molto contribuito a quelle lacrime dovrà darsi molto, molto da fare per farle dimenticare.

    – Ormai gli ideali sono stati archiviati con il marchio infamante di “ideologismi”.

    – Qusta non è l’Italia di Falcone e Borsellino, ma è l’Italia di un “eroe” come Mangano.

    – Sputare nel piatto in cui si è mangiato per cinque anni (leggi Casini) paga più della coerenza e dell’onestà intellettuale.

    – Con l’abbandono di Bertinotti, tace la voce più onesta, lucida, sensibile alle ragioni dei meno abbienti, che c’era in Italia.

    – Vedo Tremonti attaccare la globalizzazione e Bersani difenderla.

    – Proprio non vedo la possibilità di farmi rappresentare da un partito nel quale quasi la metà dei componenti è contro la fecondazione assistita, la ricerca sulle cellule staminali, l’aborto, i diritti delle coppie di fatto, la laicità dello Stato, . . .

    – In politica non sempre chi vince ha ragione.

    – Ho un passato che assolutamente non rinnego, nel senso che ho fatto cose che, quando le facevo, ritenevo giuste e oggi ritengo ancora giuste.

    Siccome . . . tutto questo:

    Rimango in trincea insieme agli ultimi Giapponesi.

    da Brunetto   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 10:47

  4. Eddai, continui a dividere il mondo in “padroni” e “lavoratori”. Nel Nordest la maggioranza degli imprenditori sono ex operai.

    da Gianni   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 11:01

  5. E’ giusto Veltroni deve dare le dimissioni. Ha straperso e la sua strategia e’ risultata fallimentare da ogni punto di vista.

    da Mauro   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 11:12

  6. caro alessandro

    stamattina durante la rassegna stampa di Radiopop hanno letto il tuo editoriale, quello qui sopra. Ti seguo da quando ti ho conosciuto a “Piovono pietre” , e’ stata una delle cose che mi ha aiutato a sentirmi a casa: sono venuta da Bologna a Milano nel 1999, per lavorare. Ci tengo a dire un po’ di cose che ho pensato sul tram, ripensando a cio’ che avevo ascoltato (quindi sicuramente non tutto quello che ho scritto e’ direttamente conseguente a quanto hai scritto tu, abbi pazienza).

    Voto dal 1986, e ho sempre votato per la stessa idea. Di fatto le uniche elezioni politiche che ho vinto, quindi, sono state quelle del 1996 e del 2006.

    Io sono stata una di quelli che urlava “Unità” al comizio finale del segretario di turno, alla Festa nazionale dell’Unità, praticamente tutti gli anni dell’ultimo decennio, e non ho mai pensato possibile che si potesse vincere stenza essere uniti.

    La legislatura del 1996 e’ finita come sappiamo, quella del 2006 e’ finita per colpa di Dini e Mastella, ma dopo che Rossi e Turigliatto, un anno prima, avevano dimostrato che con Prodi si poteva tranquillamente giocare come il gatto con il gomitolo, a forza di colpetti qua e la. Ho ancora la mail “personale” che scrisse Bertinotti (a mia madre) nell’ottobre del 2007, quando fece quella dichiarazione sulle “mani libere”, in cui rivendica, di nuovo, che fara’ un po’ come gli pare, nonostante quello che noi elettori dell’Unione intendessimo quando l’avevamo votato. Penso che in quei giorni ne abbia spedite un bel po’, di quelle mail.

    Nel 2006 ho firmato perche’ Rifcom potesse presentarsi alle elezioni. Al gazebo di piazza Cairoli a Milano, uno dei presenti fece: “e comunque Prodi e’ anche peggio di Berlusconi”. Venivamo da 5 anni di orrore, e stavo per menare le mani.

    I miei amici di Rifondazione mi rinfacciano da anni quanto e’ stronzo Prodi, d’Alema e compagnia, che ridicolo era un programma di 280 pagine, che l’Unita’ che io ho sempre letto era un “Libero di sinistra”. Quando compravo il Manifesto (specie durante l’ultima crisi del giornale) mi avvilivo. L’orizzonte politico sembrava finire alla Binetti, persino quando piu’ oltre mettevano mano alla Costituzione c’erano frecciate sui mollaccioni dell’Unione.

    Non lo credevo possibile, lo ripeto e sono sincera, ma quando Veltroni ha detto “andiamo da soli” mi si e’ tolto un peso dal cuore. Da li in poi ho guardato la campagna elettorale di Bertinotti e Giordano incredula: tutta contro il PD, mai una parola su Berlusconi e la destra. Era pero’ tutto esattamente in linea con quanto mi dicevano i miei amici. E con il Manifesto.

    Veltroni ha semplicemente riconosciuto cio’ che era esplicito almeno fin dal 2007 (dall’episodio Rossi e Turigliatto), ovvero che gli elettori di Sinistra Arcobaleno NON CI VOGLIONO STARE, con gli elettori del Partito Democratico. Non gli piacciono, li disprezzano. Come i dirigenti di SA. Ok, quindi. fine dell’esperienza unitaria. Prendiamone atto.

    Ma, e non so perche’, e’ infine successo che i miei amici non hanno votato AFFATTO. Non hanno ne’ votato contro Veltroni, ne’ per Bertinotti e gli altri.

    Per me, che considero il voto sacro (e non dico di piu’ per non cadere nella retorica partigiana), e’ talmente una bestemmia, che ho cercato di spingerli a votare comunque. Io lo sapevo, che non avrebbero votato. Perche’ i dirigenti di SA non sapevano cosa passava nella loro testa? Al punto di essere sconvolti nello scoprire che non avevano calcolato di rimanere addirittura fuori dal parlamento (cosa per me pessima, intendiamoci)?

    La battuta del tuo editoriale sui Rolex tirati alle manifestazioni mi ha fatto ridere: i dirigenti di SA non avranno Rolex (forse) che gli ticchettano troppo forte nelle orecchie, ma qualcos’altro che li assorda di sicuro c’e': forse e’ spocchia. Non e’ certo continuando sulla strada della campagna contro il PD che riusciranno a sentire cosa hanno da dire i loro elettori.

    da Federica B.   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 11:21

  7. Segnalo questa interessante, opinabile, analisi:

    http://www.al-e.it/news_leggi.php?id_news=64

    da pf   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 11:44

  8. Alessandro, ho cominciato a ricevere ferite nel 1994, vedendo tante persone abbagliate da un miraggio di ricchezza, e per questa illusione disposte ad essere xenofobe, conservatrici e ultraliberiste. Ho continuato a riceverne scoprendo quanti giovani non sono in grado di andare oltre il materialismo grezzo del possesso e l’affermazione di sè sopra ad ogni cosa o persona. Sono state quasi mortali quelle ricevute venendo a contatto con il nulla che abita il ramo sinistro del parlamento, un nulla che si è impadronito dei cervelli di una classe politica che ha fatto del fallimento la propria ragione di esistere. (Non deve aver fatto molta fatica, comunque, il nulla).
    Ora, senza sinistra in questo paese, non serve dare la colpa all’incapace o attribuire responsabilità a fantasmi dementi. Bisogna resistere, resitere, resistere e ricominciare.

    da jacopo   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 12:22

  9. E’ dal risveglio di Lunedì che cerco di impormi una serenità d’animo almeno accettabile e la via migliore per raggiungere questo scopo mi sembrava quella di canticchiare qualche motivetto, ma ormai sono 48 ore che non riesco a togliermi dalla mente “La ballata degli impiccati”

    Tutti morimmo a stento
    ingoiando l’ultima voce
    tirando calci al vento
    vedemmo sfumare la luce.

    L’urlo travolse il sole
    l’aria divenne stretta
    cristalli di parole
    l’ultima bestemmia detta.

    E di serenità nemmeno l’ombra….. qualche consiglio?

    da Alberto   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 12:58

  10. Aznar era dimissionario prima delle elezioni, il candidato dei popolari era Mariano Rajoy che non si è dimesso, anzi ci ha riprovato nel 2008 perdendo di nuovo. Per quello che so non si è dimesso neanche questa volta.

    Ségolène Royal non era leader del partito ma solo candidata alle presidenziali, dopo la sconfitta ha mantenuto il suo incarico di presidente del consiglio regionale del Poitou-Charentes.

    da Marco Barisione   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 14:28

  11. No, we can’t.

    Diceva Sartre: “Se essi vogliono tornare alla democrazia diretta, quella del popolo in lotta contro il sistema, quella degli uomini concreti contro la serializzazione che li trasforma in cose, perché non cominciare da qui? Votare, non votare è lo stesso. Astenersi, in effetti, è confermare la nuova maggioranza, quale essa sia. Qualunque cosa si faccia a questo proposito, non si sarà fatto niente se non si lotta nello stesso tempo, questo vuol dire fin da oggi, contro il sistema della democrazia indiretta che ci riduce deliberatamente all’impotenza, tentando, ciascuno secondo le sue risorse, di organizzare il vasto movimento antigerarchico che contesta dappertutto le istituzioni.”
    http://www.carmillaonline.com/archives/2008/04/002606.html#002606

    da Francesco   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 15:17

  12. Segnalo un’opinione opinabile da sinistra,
    esattamente qui,
    post-tsunami.

    Ciao
    Torquato della Garisenda

    da Torquato della Garisenda   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 18:54

  13. Ma se dopo cinque anni di governo Berlusconi (o chi per lui) darà ancora tutte le colpe all’opposizione cieca della sinistra con quale margine vincerà le prossime elezioni?

    90 a 10?

    da Sergio   - mercoledì, 16 aprile 2008 alle 22:01

  14. quoto 4 (Gianni) e 11 (Francesco) in toto.
    Alessandro negli elenchi “si puo’ fare” ti sei dimenticato: si puo’ fare le centrali nucleari? si puo’ fare aumentare le tasse? (la serpe nana sta dicendo anche che dovra’ fare leggi impopolari eh!). Ma comunque basta frignare sempre con l’occhio sinistro: che si fottano tutti i politici! Qui bisogna tirarsi su le maniche NOI TUTTI e darsi da fare sul serio: la vera rivoluzione e’ spegnere la TV e imparare a votare col portafoglio!

    da zioFa   - giovedì, 17 aprile 2008 alle 09:44

  15. il 90 a 10 c’è già val cavargna, una valle piuttosto isolata dell’alto lago di como vorrei essere antropologo per andarci e studiare gli autoctoni, purtroppo però non hanno ancora migliorato la tuta anticazzate per poter resistere all’aria di quei posti

    da stefano   - giovedì, 17 aprile 2008 alle 10:56

  16. Qualche riflessione sul voto e sul già dopo-voto.
    – Credo che anche l’inganno del “voto utile” abbia influito sulla disfatta della sinistra. Molti elettori della sinistra radicale avranno pensato (nella mania ormai incontrollabile dell’antiberlusconismo che però non si chiede cosa fare al posto di Berlusconi) che sì, era meglio dare il proprio voto al PD. E non importa se presentava alcuni tra i peggiori attrezzi del capitalismo italiano.
    – La sinistra deve ricominciare da capo. Dai collettivi nelle scuole e dalle assemblee nelle fabbriche; da riunioni con 5-6 persone; dal “no, scusate compagni” con cui iniziava ogni discorso; ma soprattutto dalla voglia di reinventarsi e reinventare una politica di sinistra. In questo concordo con Bertinotti quando dice che in Italia c’è ancora bisogno dei comunisti e in generale di una vera sinistra, benché la Storia ci stia dando torto e torto marcio.
    – Bisogna partire dai veri comunisti, quelli che dal profondo del loro cuore sentono la gioia di esserlo e non solo il piacere fighetto di dirlo. Dico questo perché sento che c’è una enorme differenza tra chi “fa” il comunista e chi “è” comunista.
    – Riguardo agli ultimi giorni segnalo solo che cominciano gli scazzi per l’assegnazione dei ministeri; che il Berlusca ha annunciato al più presto provvedimenti impopolari (che si era guardato bene dall’annunciare in campagna elettorale; e che finalmente, con la storia dei ministri donne di Zapatero, torniamo a fare quelle belle figure di merda di una volta che, ammettiamolo, tanto ci sono mancate!

    Arrivederci.

    da albertazzo   - giovedì, 17 aprile 2008 alle 11:56

  17. oggi sei su italiaoggi, nella rubrica di Mariano Sabatini!!! cacchio

    da paolo   - giovedì, 17 aprile 2008 alle 18:44

  18. comunque credo che sia meglio l’essere costretti a rivedere le proprie posizioni, riflettere sugli errori, sui perchè del tanto dissenso a fronte di una devastante sconfitta, che vivacchiare comodamente sfruttando il moto ondivago di un consenso umorale.
    serve scorza, ed io sono sempre stato convinto che a sinistra degli ‘usurpatori’ della buona fede di chi un tempo si fregiava dell’ausilio della coscienza di classe ce ne fosse da vendere.
    qualcuno ha pensato di avventurarsi nell’esercizio della manipolazione genetica cambiando la struttura molecolare di un’idea in modo subdolo.
    siamo ai minimi storici. ho sentito ex comunisti sostenere con compiacimento che la sinistra storica è morta da tempo. ho risposto che lo pensava anche del nazionalismo xenofobo.

    da daniele   - giovedì, 17 aprile 2008 alle 18:44

  19. Voila': 150 milioni di euro all’Alitalia, con il beneplacito dei sindacati. Alla faccia del presunto liberismo. Invece di continuare a fare analisi di retroguardia, consiglierei di leggere questa: http://pdobama.wordpress.com/2008/04/17/abbiamo-perso-il-nord/

    da Gianni   - venerdì, 18 aprile 2008 alle 07:41

  20. Il problema vero dell’Italia è che circa un milione di persone vivono di politica, con almeno altri due o tre milioni che vivono di burocrazia e complicazioni amministrative (dirigenti pubblici, magistrati, avvocati, notai, commercialisti) più, a cascata, quelli che vivono di rendite di posizione (i citati notai, pensionati baby e super, farmacisti, tassisti, concessionari dello stato, tv pubblica e indotto ecc ecc ecc).

    I parlamentari italiani sono i più numerosi e i pagati d’europa (e quindi del mondo); i dirigenti pubblici anche; abbiamo persino il più alto numero di poliziotti pro-capite d’Europa (e il problema più grosso in fatto di criminalità finanziaria… non c’è qualche collusione da qualche parte a livello politico-istituzionale?).

    Tutta questa gente prospera sulla complessità legislativa e sulla burocrazia, utilizzandoli come strumento per manenere il potere, compreso l’impiegatuccio catastale che prende le mance dal geometra per accelerare alcune pratiche. Riusciranno ad auto-riformarsi?

    Insomma, il conflitto di interessi è pervasivo nella scena politica italiana. È per questo che la maggioranza degli elettori non si scandalizzano e la maggioranza degli eletti non sono riusciti ad affrontare il conflitto supremo, quello di Berlusconi.

    Il conflitto di classe non esiste. Il conflitto di interessi invece è tanto pervasivo che non se ne accorge più neanche la sinistra (poco fa a Radio Popolare è passata la notizia che un sindacato prendeva 100 milioni di lire l’anno per tacere problemi di amianto in un’azienda).

    da Gianni   - venerdì, 18 aprile 2008 alle 08:32

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