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sab
30
giu 07

Intervista a Daniele Luttazzi

Il problema di intervistare Daniele Luttazzi è che non sai quanti Danieli Luttazzi verranno all’intervista. Se ti aspetti il comico si presenta il musicista, se cerchi il satirico trovi l’intellettuale, dietro la new wave degli anni Ottanta ci trovi Frank Sinatra e in tivù ci trovi di tutto. Tranne Daniele Luttazzi. Non è facile, vedete anche voi. Quindi abbiamo cominciato dal disco. Per finire chissà dove.

Sul disco ti dirò una cosa che dicono i critici … mi è parso sincero. Mi rendo conto che non vuole dire niente, come quando si dice: “belle le sonorità”.

Ah, peggio ancora… la recensione dei dischi serve a far sembrare colto il recensore. Sentono una cover di Yersterday, magari arrangiata a samba e dicono… ricorda Sergio Mendes… Ma no!
Sincero se non altro perché non hai bisogno di fare un disco, l’urgenza contrattuale che hanno i cantanti, intendo…
Il fatto è che io scrivo canzoni da vent’anni, e che le raccolgo quando c’è un tema, un argomento. I tempi tecnici sono due-tre anni, ma se potessi ne farei uno al mese…
Dunque tu riprendi vecchie cose e le risuoni e le ricanti?
No, le canzoni sono esattamente com’erano, alcune le scrissi con un CasioTone. 1980, il mio gruppo ze’ Endoten control’s, eccetera eccetera. Alcune canzoni sono recenti, ma ci trovi la stessa melodia. E’ un arco che chiude. Le storie sono vere, esperienze, gente che ho visto da vicino.
Disincanto?
E’ esattamente la cifra. Si soffre tanto, e si sopravvive. Il sopravvissuto ha un occhio particolare sulle cose del mondo. Il dolore non te lo vai a cercare, ti capita. Non puoi immaginare il percorso emotivo che ti toccherà. E la musica è sempre stato questo, uno stato emotivo che si risolve liricamente. Io non potrei fare in altro modo. Il mio atteggiamento è sempre un po’ ironico, perché l’ironia è un distacco. Testo, melodia, armonia, le cose che interagiscono sono tante e i livelli di comunicazione pure.
Ma tu che vieni dalla new wave anni 80, dalla east-coast rimino-bolognese, come sie finito nello swing, nell’orchestra, nelle sezioni fiati?
Parto dalla new wave e tramite quella ho scoperto, per esempio, James Brown e il r’n’b, che loro rendevano quasi astratto. Dopodichè scopri la Motown, un mondo. Poi capiti su una cover di Brown arrangiata da Nelson Reddle e arrivi a Sinatra, ai grandi compositori americani. Capisci che è un mondo che vuoi approfondire. Poi ti lasci portare.
Certo non è un genere che ha molto mercato, oggi…
Ma sì, l’eccentrico è guardato con sospetto. Io penso invece che si debba salvaguardare una biodiversità, salvare le differenze… Alla fine è una cosa che faccio per me, sono contento se qualcuno mi segue…Enrico Rava aveva sentito Money for Dope e mi ha chiamato dicendo… Daniele, ma che è questa canzone bellissima di questo cantante americano che non conosco! Mi ha fatto molto piacere.
E questa mirabolante orchestra la porti in giro, ora?
Impossibile, i costi sono enormi. O si fa un colpo solo, Milano, o Roma, e stop, oppure la cosa non è proprio possibile. Forse si può fare un’unplugged… Certo se io avessi una trasmissione in televisione…
Eh! Non ce n’è caro mio!
Sì, ma io sono sempre in agguato. Perché per me è guerriglia, se c’è uno spiraglio io mi infilo…
Spiacente, Luttazzi, niente spiragli!
Ah, questo è molto divertente. Mi ha invitato Biagi alla sua trasmissione. E qualcuno ha detto: ecco adesso Luttazzi torna in tivù, non gli conviene, il suo valore è stare fuori. Capito? Prima la legnata e sei fuori, se vuoi rientrare, meglio di no…Artisticamente mi dà molto fastidio non essere in televisione, perché è un mezzo che io studio e ho molte idee per la televisione. Artisticamente mi manca il pubblico.
Hai molte idee e sei fuori. Due cose che dovresti mettere in relazione tra loro…
La censura è consistita nel separarti da un tuo pubblico che ti seguiva. Non è una cosa accessoria.
E poi c’è l’accusa che fai la vittima!
Appunto. Devono darti un ruolo e a me è toccato questo. Quando Santoro è tornato in onda e ha detto saluto Biagi e Luttazzi, io ho chiamato e ho detto… grazie ma adesso smettetela! Non voglio diventare odioso per conto terzi.
Beh, tutta la satira non se la passa così bene…
Perché la satira è libera, e molti non si possono permettere la ferita di un commento satirico spassionato. Mi ricordo Cossiga che disse: “Un guitto non può processare Berlusconi”. Io risposi: “A quanto pare neanche i magistrati”. Ci sono due modi per tappare la bocca alla satira. Uno è dire: non è satira. E l’altro è dire: è volgare. Se il Canard Enchainé fa il titolo sul ministro, e c’è il fatto oltre alla battuta, il ministro si dimette. Nessuno ha detto… ehi, non è satira! E’ il fatto che conta…
E i fatti scompaiono, no?
Non solo! I fatti vengono creati artatamente, come nel caso dell’Iraq Group che ha portato alla guerra coloniale, criminale e illegale all’Iraq. C’è chi gioca sporco sapendo di farlo. La satira cosa fa? Addita al pubblico ludibrio, le malefatte, i comportamenti, le ipocrisie. Ma se non esiste più il pubblico ludibrio, non ha più senso. Questo è drammatico!
Abbiamo detto del disincanto, della musica e della censura. E la rabbia? Come si mettono d’accordo il crooner Luttazzi e il rabbioso irregolare Luttazzi?
Per me  è molto semplice. Il tipo di passione che ti motiva, che è il gusto per la vita, da una parte ti fa arrabbiare e incazzare sul versante satirico, dall’altra si esprime sottoforma di amore per certe cose che ti capitano, e la canzone è questo. E’ la stessa radice, due facce della stessa medaglia. Quando dicono la satira è odio, è esattamente lo stesso tipo di equivoco. Non è odio, è passione, è irriverenza. Non è cinismo, è la voglia di far ridere le persone. E c’è una comunità che tu alimenti e che ti alimenta. In Italia si pensa che la moralità possa venire da uno sforzo del singolo. Errore. La moralità viene da un gruppo a cui appartieni, è una costruzione collettiva dove ogni mattone tieni in piedi l’altro. Da solo non vai da nessuna parte. Da solo è semplice moralismo.
Quello sì che ha un buon mercato…
Ci sono certo moralisti che sono diventati leader populisti. Grillo, per esempio, mi pare abbia preso questa deriva populista. Nel momento in cui dici… potrei portare a Roma un milione di persone…ecco. Non deve neanche venirti in mente una cosa simile… Vuol dire che ci stai pensando! Non sei più satira, sei politica. La satira deve stare fuori. E’ un dubbio. Una cosa che con la satira non c’entra niente è la gestione del potere. Quando ho chiuso il mio blog, frainteso da tanti, è stato per questo: per sfuggire alla piccola lusinga di avere migliaia di persone che ti dicevano bene, dài, vai avanti, dicci cosa dobbiamo fare…No, no, no. Spegnete il computer e  andate fuori, la realtà è fuori.
In parole povere una questione di libertà.
Libertà. Se fai calcoli non puoi fare satira. Detesto quelli che mi dicono… ma chi te l’ha fatto fare… Avevi un programma, perché te lo sei giocato… Nell’ultimo monologo, che parla dei paraculi televisivi, io faccio alcuni casi concreti. Harold Pinter o Robert Redford, che negli ultimi tre anni non perdono occasione per condannare pubblicamente la guerra di Bush, per esempio. Nessuno gli dice: cosa vi impicciate! Chi ve lo fa fare!
Ma la risposta è facile: sono vecchi colossi a cui si perdona tutto.
Ma no, lo hanno sempre fatto. Pinter esordì facendo satira in televisione ed ha sempre fatto satira. E’ uno che demolì il teatro borghese e lo rifondò dall’interno. Identità, personalità.
Ma restano casi rari. La gente continua a non sapere molte cose…
Ma io comincio a colpevolizzare anche l’ignoranza. Non lo sapevo. E va bene. Ma se non lo sai informati! C’è una ricerca che non posso regalarti io.
Restando alla satira, non sarà forse che avere avuto a disposizione un bersaglio grosso come Berlusconi abbia fatto passare sotto silenzio altre cose?
Può essere. Ma la satira su Berlusconi c’è modo e modo di farla. Quello che interessa a me è capire come siamo arrivati fin lì. Si parla di Berlusconi per parlare del sistema che l’ha reso possibile. Io lo penso sempre come la vendetta del cinghiale. Ecco, quello che ci ha lasciato in eredità Bettino Craxi è questo, un virus liberato all’occasione. Risulta dai verbali che fu Craxi ad indicare a grosse linee la creazione di un partito. La mossa è stata precisa. Quando io a Satirycon ho mangiato la merda, c’erano tanti significati di quel gesto, ma uno era, come dire… l’espiazione “cristica” di quello che stava arrivando. Tutta quella merda che poi è arrivata.
Secondo te quanto arriva di quello che dici? Quanto va a colpire?

Ma io intanto le cose le faccio per me. Una cosa deve far ridere me. Poi speri che ridano anche gli altri. I riscontri arrivano, non tutto arriva, ma il grosso sì… Dicono sempre: il pubblico non capisce, mica vero. Il pubblico capisce benissimo, altroché.
Sei rimasto tra i pochissimi a dire che il sacro è violento. Lo vediamo tutti i giorni, ma non lo dice nessuno.
Ed è un bene che non lo dicano, se non sono del ramo. Io ho avuto un’educazione cattolica rigorosa. Ho approfondito. Conosco la cattedrale dentro, fuori, nel sotterranei e nei meandri. Posso capire benissimo il gigantesco caso di plagio ai danni di persone ignare. Se quando sei piccolo, e hai il cervello molle ti tirassero su dicendo che Biancaneve e i Sette Nani è una religione, tu ci crederesti… E del resto James Joyce diceva: dovendo scegliere una religione sceglierei quella cattolica, è la più solida, più vicina alle esigenze della carne. Più costruita intorno a te, come dice la pubblicità di una banca. Quando dicono “hai peccato in pensieri parole, opere e omissioni”, beh, ci hanno messo tutto, il catalogo completo. Quando fai satira non puoi non occuparti di questa cosa…
Che non è secondaria.
Quando faccio monologhi sulla religione o sul sesso, la reazione è: ah, adesso non ti occupi più di politica? Oddio ma ci siamo dimenticati i fondamentali. Il sesso è politica, la religione è politica, di cosa stiamo parlando?
E come mai questa cosa costruita intorno a te, così bene, per duemila anni, anche con grandi cervelli e intelligenze sta messa così in difficoltà?

Mah, l’analisi più giusta è nota: sono messi in difficoltà dalla secolarizzazione che avanza e si arroccano in difesa. Il giorno che elessero Ratzinger stano andando alla prima del mio monologo, qui a Roma, e così ho aperto lo spettacolo: “Habemus papam, è il cardinale Ratzinger. Subito condannato di nuovo Galileo”. Credo che in Vaticano abbiano sottovalutato la competenza mediatica di Karol Wojtyla. Hanno pensato: è facile! Ma come nell’arte, ti sembra facile quando lo vedi fare a uno bravo. Ratzinger mi dà l’idea del dipendente che ha fatto carriera nella ditta. Wojtyla era così furbo da capire che lui non stava agli acquisti, stava alle vendite. Tutta un’altra consapevolezza.
Ma questa resistenza alla secolarizzazione, prima o poi, non andrà a collidere con la religione planetaria che è quella del mercato? Allora sì che scoppia il casino.
Non so, io credo che la loro analisi sia più accurata, perché loro hanno i dati reali. Io credo che il conflitto vero sarà sulla salute. Credo che il mercato porti all’annullamento del pianeta come tale, alla distruzione, e allora lì la gente si muove. Davanti al pianeta che si surriscalda il mercato non tiene. Tu puoi continuare a turlupinare a plagiare quando ci sono condizioni materiali accettabili. Quando diventa prioritaria la semplice sopravvivenza, tutto il resto passa in secondo piano. Questa mi pare la tendenza. Conoscendo l’inerzia della gente non mi stupirebbe che invece di un credo se ne adottasse un altro, molto più facile, no? Ti toglie responsabilità. E’ piuttosto comodo.

3 commenti »

3 Commenti a “Intervista a Daniele Luttazzi”

  1. Luttazzi che fa la vittima e il saputone di cose sacre non solo non insegna niente agli ignoranti, ma non fa nemmeno ridere. Con stima

    da isabella   - lunedì, 2 luglio 2007 alle 08:48

  2. Luttazzi che è stato vittima della censura e ne sa quanto basta di cose sacre non solo insegna qualcosa agli ignoranti, ma fa pure ridere. Con stima

    Scherzi a parte… complimenti per l’intervista, Robecchi. E’ forse la più “completa” e ricca di spunti interessanti, fra quelle fatte a Luttazzi, che io abbia mai letto.

    da Fasuto   - giovedì, 12 luglio 2007 alle 22:25

  3. luttazzi è uno dei pochi che conosce le cose prima di far ridere. altri non conoscono nulla e fanno pena.

    da nicolas   - martedì, 17 luglio 2007 alle 19:34

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