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mer
19
gen 22

Il Caimano. Il problema non è solo lui, ma la classe politica che gli somiglia

PIOVONOPIETRETra le cose che mi appassionano meno, insieme all’hokey su prato e al porno gotico giapponese, c’è la corsa al Quirinale, che sembra una partita a scacchi tra persone che non hanno mai visto una scacchiera e credono che sia una tovaglia a quadretti. Per mesi ha tenuto banco l’allarme su Silvio Buonanima al Colle, la sua foto nei tribunali (sceglierei quella dove fa le corna) e, visto che le Scuderie del Quirinale sono famose nel mondo, avrebbe nel caso bisogno di uno stalliere. Eppure – perdonate il paradosso – l’autocandidatura ora-sì e ora-no di Berlusconi contiene elementi di commedia all’italiana più che notevoli. Sgarbi telefonista che chiama in giro per trovare pesciolini da chiudere nella rete, per dire del ridicolo. O un condannato per bancarotta – Denis Verdini – che tesse la sua tela, al domicilio non ci sta, e si vede in pizzeria a Roma con peones e seconde file, con la scusa che deve andare dal dentista. Il quale (Verdini, non il dentista) è tra l’altro il quasi-genero di Salvini, amico fraterno di Renzi, insomma gli mancano solo il boia di Riga e mister Magoo e poi finisce l’album.

“Ha messo fine alla guerra fredda”, Berlusconi. E questo l’ho letto su una pagina di giornale (suo), e in effetti anch’io avevo interpretato in quella chiave la sua storica frase da statista: “La patonza deve girare”. Chiaro obiettivo geopolitico che metterebbe fine alle dispute tra grandi potenze (oddio, dai tempi del sequestro di Elena di Troia si direbbe il contrario, ma…).

Va bene, è probabile che Silvio non ce la farà e questo apre nuove speranze, e porta nuove iatture, perché il rischio è che chiunque venga eletto Presidente, verrà salutato come “Uh, meno male che non è Silvio!”, anche se magari avrà la statura politica e morale di un cotechino senza lenticchie. E però, paradosso per paradosso, una cosa va detta. Se il Presidente deve somigliare alla classe politica del Paese – non per appartenenza partitica, ma per risultati ottenuti, dignità e visione di futuro – in fondo Silvio Nostro non è così fuori dalla realtà. Dopotutto stiamo parlando di un Paese dove nel pieno di un’esplosione spaventosa della povertà si vota allegramente per negare un contributo sulle bollette ai meno abbienti, dove il salario minimo è considerato un attentato al sacrosanto liberismo, si riducono le tasse a chi guadagna il triplo della media nazionale, dove un’eventuale patrimoniale viene letta alla stregua di un comunicato delle Br, e tutta la stampa e la propaganda in coro parlano dei poveri come di gente che si fa le pippe sul divano a spese nostre. Beh, mi fa orrore il nichilismo, ovvio, ma un Paese dove su Ponte Vecchio, patrimonio dell’Umanità, compare la scritta dello sponsor, è più culturalmente vicino a Berlusconi che a chiunque altro.

C’era un tempo (forse, ricordo vagamente) dove uno poteva “buttarsi a sinistra”, ma ora fa prima a buttarsi al fiume, visto che proprio da sinistra (oddio, il Pd…) si plaude alla “straordinaria ripresa economica”, fatta di numeretti (più sei, più sei e due, più sei e cinque…) che non finiscono però nelle tasche di cittadini e lavoratori. Intendo: non è che facendo la spesa senti gente che si rallegra di aver maggiore potere d’acquisto, e festeggia il boom economico con le lacrime agli occhi come il ministro Brunetta. Anzi. Metafora per metafora, se tra socialismo e barbarie si sceglie barbarie –  da anni, con pervicacia e furore, con gusto, con sberleffo –  Silvio ci sta, con tutte le scarpe, anche se ovviamente si spera di no.

3 commenti »

3 Commenti a “Il Caimano. Il problema non è solo lui, ma la classe politica che gli somiglia”

  1. Ti ringrazio per dire la verità nuda e cruda. Non ci sono rimasti molti in giro con il coraggio di scriverla e raccontarla. La sinistra (oddio il PD…come hai giustamente scritto) è un fallimento totale in questo paese. Giorno verrà che vedremo indietro questi tempi e capiremo la follia e miopia delle sue classi dirigenti.

    da Giovanni   - mercoledì, 19 gennaio 2022 alle 10:09

  2. Inizio con la personale partecipazione alla petizione del Fq, tramite la firma a non volerlo al Quirinale.
    Poi che dire, già solo sentirne parlare dopo 30 anni di insostenibile occupazione mediatica a me risulta nauseabondo.
    Ma l’hanno resuscitato, quasi tutti, come fine statista dal dimenticatoio in cui stava andando e lui s’è ringalluzzito.
    Non sarà mai un Paese normale il nostro, non è bastata una condanna per evasione fiscale, una citazione della Cassazione nell’aver pagato la mafia per vent’anni, prostituzione e innumerevoli prescrizioni ad personam e si rischia o si è rischiato d’averlo come PdR.
    Pace e Amen, avanti il prossimo, in un Paese del genere tutto è possibile…

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 19 gennaio 2022 alle 14:56

  3. Tutto vero, ma se siamo a questo punto, molta è colpa nostra, ovvero, quella assai diffusa di limitarci a criticare altri, politici, media, un generale main stream, ecc. e di non avere coraggio, un coraggio perciò colletivo o quasi, che popoli, gente diversa come in Francia per esempio, ha dimostrato ancora, almeno in parte di avere. E non mi riferisco solo ai gilets jaunes, ai gilet gialli, francesi. Ma il solo movimento che sappiamo esprimere ora, e in questo non soltanto noi, è quello assurdo, bizzarro e meschino dei no vax, dei no green pass e analoghi. Sono, siamo parecchio lontani dallo spirito, dal grande spirito di ribellione degli anni ’60 e da quello, perlopù allora, di Bob Dylan.
    “Le cose sono cambiate”… E anche noi, quasi tutti noi lo siamo, in peggio.

    da Giuseppe Rasconi   - mercoledì, 19 gennaio 2022 alle 16:45

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