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Pensioni, la solita moda di usare i figli per picchiare i padri e i nonni

PIOVONOPIETREColpo di scena, tornano di moda i giovani. Non stupisce più di tanto, è una cosa che succede periodicamente quando si tratta di penalizzare i vecchi, e quindi si attua il facile barbatrucco di mettere generazioni contro generazioni, segnatamente quando si parla di pensioni e previdenza. Traduco: siccome le pensioni ci costano un bel po’ e data l’incapacità di chiedere qualche soldo ai nuovi ricchi (un milione e mezzo i neo-milionari italiani, cresciuti del 20 per cento durante l’età d’oro – per loro – del Covid), ecco che si indicano ai giovani i diritti dei vecchi additandoli come odiosi privilegi.

E’ un trucchetto antico come il mondo, che funziona sempre e che ha come unico effetto collaterale di rivelare la statura etica, morale e politica di chi lo conduce: poca cosa. Non mi addentrerò qui nel vortice attuale dei numeri e nel gorgo che si legge in giro: quota 102, no, 104, no Fornero forever, eccetera eccetera, e mi limiterò all’uso strumentale del giovane in quanto sfigato storico di riferimento, funzionale al dibattito, feticcio utile alla causa draghian-confindustriale. Un po’ occultati e nascosti sotto il tappeto (quando non se ne parla per dire che sono tutti scemi), i famosi giovani vengono buoni adesso per dire che loro probabilmente le pensioni non le vedranno, o le avranno sotto la soglia di una decente sussistenza. E si capisce: calcolandole col contributivo secco, e avendo fino alla mezza età lavori intermittenti e stipendi da fame, dall’Inps prenderanno due cipolle e un pomodoro. Da qui, dritta come una freccia, ecco la pressione sulle trattative per la previdenza di genitori e nonni: è colpa loro e della loro avidità se chi ha vent’anni oggi farà la fame domani. E giù interviste, pareri, interventi, per dire che il sistema è iniquo e penalizza le nuove generazioni (mentre i pensionati anziani, si sa, nuotano nell’oro). Naturalmente essendo le basse paghe e il precariato ad libitum a penalizzare eventuali pensioni dei giovani, bisognerebbe intervenire su quei punti: meno contratti fantasiosi, meno stages e tirocinii, più stipendi veri, magari un salario minimo che finisca per rasentare la decenza. Invece, su quel versante, niente, mentre si spinge sul pedale della guerra tra generazioni, mettendo figli contro padri, cioè i futuri poveracci contro i “privilegiati” che dopo aver lavorato una vita prendono (addirittura!) la pensione.

Il trucchetto ha il suo fascino, e a volte funziona. A pensarci, è quello su cui basa la sua propaganda anti-immigrati Matteo Salvini che tuona “prima gli italiani”, cioè invita i penultimi (gli italiani poveri) a odiare gli ultimi (i migranti). Altro caso di scuola, la narrazione renzista che portò all’abolizione dell’articolo 18. Siccome moltissimi non l’avevano, invece di darlo anche a loro si additò chi ne usufruiva come egoista e privilegiato. Anche allora i giornali erano pieni di giovani che dicevano: io, precario, l’articolo 18 non lo avrò mai, e allora perché deve averlo un metalmeccanico? Il meccanismo culturale che sovrintende il “ridisegno” del sistema pensionistico è esattamente lo stesso: lasciare una moltitudine senza diritti e poi – fase due – additare chi i diritti ancora ce li ha come un pescecane profittatore. Questo il desolante quadro del dibattito: trasferire la guerra ai piani bassi della società, mentre ai piani alti si stappa e si festeggia la ripresa “oltre le previsioni”. Siamo sempre lì: un Monti, un Renzi, un Draghi, la stessa sostanza di cui sono fatti gli interessi dei ricchi.

8 commenti »

8 Commenti a “Pensioni, la solita moda di usare i figli per picchiare i padri e i nonni”

  1. Ciao Alessandro.

    Ti scrivo ancora una volta per sottolineare la tua bravura nel tratteggiare le male azioni del potere con pensieri ficcanti, intrisi di ironia …

    Il problema è che a causa dei temi trattati (certo, lo so: mica è colpa tua) l’ironia è sì sempre più sferzante ma il sorriso dei tuoi lettori diventa sempre più amaro.

    Se a ciò si aggiunge che per il ridicolo balletto delle cifre la cui somma, prima o poi (toh guarda, sempre poi), ci manderà in pensione si stanno esercitando sul mio scroto lavorativo con le scarpe da tip tap (tengo una sessantina di primavere sul groppone e 35/36 anni di anzianità contributiva) la voglia di sorridere mi scompare del tutto …

    da degiom   - mercoledì, 27 ottobre 2021 alle 10:54

  2. Arrivo da un recente passato metalmeccanico,e da pochissimo passato all’agognata pensione dopo 43 anni di contributi versati.
    Sull’argomento posso dire alcune cose, per chi fa un lavoro produttivo non ha alcun senso arrivare ai 67 anni per ricevere la pensione,poiché dopo i 50 anni verso i 60 inizi ad essere un peso per l’imprenditoria,costi di più e sei ovviamente meno brillante rispetto a un giovane e alcuni iniziano ad essere cagionevoli.
    Direi che dopo una quarantina d’anni di contributi versati e ripeto per chi è in produzione, deve necessariamente ottenere la pensione.
    La politica pensi a obbligare gli imprenditori a un reddito minimo di dignità, anziché regalare scappatoie per pagare una miseria i lavoratori e renderli poveri da giovani e da anziani per arricchirsi alle loro spalle.

    L’ultima riflessione è legata ai licenziamenti senza giusta causa regalata dal “compagno renzi”,credetemi i personali ultimi anni di lavoro sono stati una spada di Damocle sulla testa,chi viene buttato fuori dal lavoro da anziano lavoratore può fare la fine di un clochard, altro che vivere in un paese dove esiste nella Costituzione il diritto al lavoro…

    Grazie a chi guadagna un pacco di soldi da parlamentare,fa affari in Arabia Saudita e in Russia e vorrebbe l’impunità retroattiva legata ai suoi affarucci e al tempo manco era in parlamento.

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 27 ottobre 2021 alle 14:07

  3. Ok per l’analisi e il lamento.
    Ma lei cosa propone?

    da Ennio Vicario   - mercoledì, 27 ottobre 2021 alle 15:46

  4. Ottima analisi della situazione.

    da Ferrigno Daniele   - mercoledì, 27 ottobre 2021 alle 20:40

  5. Salve Sig Ennio.
    Mi permetto di intrufolarmi, rispondendo alla domanda che lei rivolge (numero 3) ad Alessandro.

    Ovviamente le dico (molto in sintesi) le MIE proposte;
    Verso i giovani: reddito minimo dignitoso e rigidi paletti nella gestione del lavoro precario.
    Verso gli adulti pensionandi: un’età stabilita per tutti (62?) così come un’anzianità di servizio (40?), con le dovute eccezioni verso i lavori usuranti.

    Non potrebbero essere i punti di partenza su cui declinare le criticità più pressanti che attualmente l’Italia deve affrontare?

    Certo, ai “migliori” (o chi per essi) fa più comodo che la gente si azzuffi per mesi, anni, lustri dicotomizzandosi sul ddl Zan, utilizzata come arma di distrazione di massa alla stregua del green pass sì, green pass no (non voglio sminuire tali dibattiti, sicuramente importanti, però mi pare che la portata, la valenza sociale sia ben differente): questi sono dati in pasto nell’arena social(e vale tutto), i precedenti se li governano e li decidono nella stanza dei bottoni, lasciando alla gente (a malapena) il diritto al mugugno …

    Intanto quest’inverno insieme alla caldaia e/o al ferro da stiro ci toccherà accendere un mutuo.

    da degiom   - giovedì, 28 ottobre 2021 alle 12:23

  6. Leggendo la lettera della ex ministro Fornero indirizzata a Landini pubblicata sulla Stampa di ieri mi viene in mente la battuta romanesca “…ma questa c’è o ce fà”…
    La sua versione elenca tutti i motivi sul perché i giovani non avranno una pensione ma anche (direbbe il buon Veltroni rimasto in Italia nonostante la promessa di fare volontariato in Africa) non potranno comprare una casa, rinunciano a fare figli , emigrando appena possono per avere una vita autonoma e dignitosa, ecc. senza assumersi la responsabilità che tutto ciò è dovuto a quei dogmi della religione neoliberista di cui è valida sacerdotessa: l’ingordigia degli anziani che non vogliono rinunciare ai diritti acquisiti con le conquiste fatte attraverso le lotte della seconda parte del secolo scorso.
    Potrei fare, come tutti, infiniti esempi di parenti e conoscenti costretti ad accettare situazioni lavorative vergognose causate dalla deregolamentazione delle regole diventate ormai una giungla.
    Per la ex ministro, che invita a non “esagerare” con i diritti acquisiti, il problema è la mia pensione che, casualmente, per cinque mesi lavorativi è retributiva e per altri cinque mesi anagrafici mancanti l’ho rincorsa per sei anni.
    Sui partiti della cosiddetta sinistra stendiamo un velo pietoso e sulla gran parte dei giovani un grande lenzuolo avendo qust’ultimi pienamente acquisito ed accettato la necessità di “picchiare padri e nonni” come hai titolato tu, Alessandro.
    Purtroppo la gran parte dei giovani accetta le cose senza alcun spirito critico ignorando che la politica dovrebbe essere un confronto tra gli interessi, ma i partiti della cosiddetta sinistra dovrebbero saperlo e allora si capisce bene da che parte stanno… anche loro innaffiano il seme , ormai diventato una grande pianta, fornito anche dai nostrani profeti del neoliberismo.
    La consapevolezza che le conquiste “fatte da mio padre”, operaio metalmeccanico, nonostante la mia costante partecipazione attiva, non sono riuscito mantenerle per mia figlia e perdendone molte anche personalmente, mi lascia un grande, insopportabile, amaro in bocca.
    Dario

    da Dario   - venerdì, 29 ottobre 2021 alle 18:01

  7. Mi viene in mente Nino Manfredi che in “C’eravamotanto amati”, davanti alla scuola dove i genitori bivaccano la notte in attesa di iscrivere i figli e si guardano come avversari perché chi entrerà tra gli ultimi resterà senza posto, propone l’occupazione, perché tutti insieme lottino invece per non escludere nessuno. E mi domando, che si può fare per tornare là, dove chi tentava di far scoppiare la guerra tra i poveri e i meno poveri si trovava poveri e meno poveri in guerra contro di lui?

    da Gio   - mercoledì, 3 novembre 2021 alle 12:24

  8. Mi intrufolo anch’io per rispondere a chi chiede le famose proposte, dando una notizia clamorosa: il fondo pensioni lavoratori dipendenti, quello di operai e impiegati privati, è sempre stato in attivo, anche quando si andava con 35 anni di contributi e qualsiasi età, per cui non si capisce perchè non si possa tornare li.

    da Fausto Angelini   - venerdì, 5 novembre 2021 alle 15:12

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