Alessandro Robecchi, il sito ufficiale: testi, rubriche, giornali, radio, televisione, progetti editoriali e altro
 
mer
31
mar 21

Differenza di “classe”. Don Milani e Marx non ci hanno insegnato nulla

PIOVONOPIETREPer gli amanti dei testacoda, dei paradossi, dei ribaltamenti di senso, eccone uno straordinario: la proprietà dei mezzi di produzione – quell’antico progetto marxista – diventa un argomento attuale, che tocca quasi tutti, che ancora discrimina i cittadini del Paese. Partiamo da qui: il ministro dell’Istruzione Bianchi emanerà apposite circolari eccetera, ma l’orientamento dichiarato, manifesto e riportato da tutti i giornali è questo: si boccia anche con la Dad, la famigerata didattica a distanza. Lasciamo perdere il consueto sciame sismico: attenzione ai ricorsi… il parere dei presidi… rumore di fondo. Stringendo: anche in condizioni estreme, anche in clamorosa emergenza (migliaia di italiani sono andati a scuola per poche settimane), rimane indiscutibile il criterio del voto, della media del sei, insomma del “merito”.

Tutti conoscono l’accezione contemporanea della parola-feticcio “meritocrazia”: una gara di cui si indica solo il punto d’arrivo e non il punto di partenza. In sostanza: si corrono i cento metri, uno in scintillante tenuta da sprinter, e l’altro senza una scarpa, con lo zaino pesante e le mani legate. Trionfa il merito, bravo, promosso.

La didattica a distanza ha moltiplicato quest’effetto, evidenziando senza dubbio che le differenze di classe (wow!) passano oggi (che novità!) per la proprietà dei mezzi di produzione. Un buon tablet, un collegamento in fibra, magari un buon cellulare a portata di mano, un computer che non si incanta come i vecchi grammofoni, una stanza tutta per sé. Quanti studenti italiani hanno oggi queste condizioni di partenza? Una minoranza. Perlopiù il Paese abita in un’altra galassia, quella dove è cara grazia se c’è un computer in ogni famiglia, e quando c’è bisogna fare i turni. E stabiliti i turni, la rete va e viene, magari tocca seguire una lezione in avventuroso collegamento mentre qualcuno studia, o lavora nello stesso spazio (vale anche lo smart-working, ovviamente).

Senza arrivare a Dickens (per quanto…), le condizioni di partenza in questa nobile gara per conquistare il sei e confermare le leggende su un ipotetico “merito”, sono stellarmente distanti. Chi ha di fronte una consolle superaccessoriata con potenza da spostare i satelliti e chi litiga coi parenti per l’uso di un cellulare a vapore del Settecento, corrono entrambi per lo stesso obiettivo. Che è esattamente come fare a gara per chi arriva prima in piazza del Popolo, ma uno parte con la Porsche da via del Corso e l’altro arriva a piedi da Udine, cinque, bocciato.

Ecco perché la proprietà dei mezzi di produzione diventa, come sempre è stato, il vero elemento di distacco tra classi sociali, motore di diseguaglianza. Ma capisco che tirare in ballo il vecchio Marx sia barbogio e démodé, va bene. Si vorrebbe supporre, però, che chi si occupa di scuola in Italia abbia almeno letto qualcosina di Don Milani, magari là dove dice che “Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali tra disuguali”. Se la scuola in presenza attenua, pur in minima parte, certe distanze sociali, la Dad no, semmai le amplifica, le ingigantisce fino al grottesco, fornendo una buona caricatura delle due, tre, quattro Italie che esistono in natura. Ai tempi di Don Milani e di Barbiana si bocciavano proletari coi piedi scalzi, il moccio al naso e le famiglie analfabete, oggi si può bocciare chi non possiede un adeguato standard tecnologico (che significa standard di reddito). Come si vede siamo sempre lì, chissà, forse per un vero salto culturale cade la linea.

15 commenti »

15 Commenti a “Differenza di “classe”. Don Milani e Marx non ci hanno insegnato nulla”

  1. Se c’è una certezza di questi tempi vissuti col covid, è che saranno sempre più evidenti le differenze sociali,non solo legate all’istruzione,basti pensare a chi non ha più lavoro,non ha protezioni economiche e chi lo diventerà a breve.
    La rete veloce o fibra che sia tocca perlopiù le grandi città,nelle province è diffusamente una chimera,in aggiunta come del resto ha spiegato bene lei,le condizioni abitative sono ovviamente molto diverse tra studenti.
    E sono anche dell’idea che pure per i più fortunati,la Dad sia un surrogato per una buona informazione e preparazione.
    Auguriamoci di vivere l’ultimo anno di infezione e che la vaccinazione ci regali una normalità dal prossimo autunno,purtroppo i nodi di qualsiasi genere verranno al pettine strada facendo.

    Saluto Degiom,abitue di questo spazio!

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 31 marzo 2021 alle 08:24

  2. Purtroppo caro Ivo i tuoi saluti, che ricambio volentieri, unendoli agli auguri per una Pasqua serena, se pur inevitabilmente casalinga, sono l’unica nota lieta in questa pagina …

    L’amara verità (narrata con la consueta bravura) che il nostro Ospite traccia nel suo post mi provoca sentimenti oscillanti tra la feroce incazzatura e la disarmante impotenza.

    Mi consola (se pur assai parzialmente) il pensiero per cui, se lo studente con il tablet a vapore litigato con la mamma in smart working, ascoltando una frase sì ed una no della spiegazione del docente causa connessione ondivaga riuscirà, grazie a bravura, volontà e tenacia, ad emergere, sarà pronto ad affrontare qualsiasi altra sfida che la sua vita nel terzo millennio, a cavallo tra reale e virtuale, gli presenterà davanti! …

    Con stima, Degiom

    da degiom   - mercoledì, 31 marzo 2021 alle 10:15

  3. Caro Alessandro, questa volta dissento su qualche sfumatura. Molte scuole forniscono dotazione tecnologica di tutto rispetto a chi non se la può permettere, comprese tessere con connessione. Spesso però le famiglie hanno già figli con cellulari che costano il doppio di un efficiente PC, con tanto di traffico pagato 10 euro al mese (e 120 euro in un anno non sono pochi). Sarà allora questa povertà educativa e culturale da combattere, non altro. Se poi i docenti fanno lezione come ai tempi di Dikens (questo sì!) anche in queste condizioni, allora non c’è connessione che tenga.

    da Sergio   - mercoledì, 31 marzo 2021 alle 12:29

  4. Ci sono tanti ragazzi che hanno scarpe griffate e jeans di marca, ma non hanno un PC, e che per anni hanno preso in giro miei figli, con libri e PC ma vestiti di discount. Non so cosa può essere fatta alla povertà educativa delle loro famiglie.

    da Katja   - mercoledì, 31 marzo 2021 alle 19:45

  5. Riassumendo, la proposta di Robecchi sarebbe la seguente: visto che la didattica in presenza non si puo’ fare per colpa dell’epidemia, visto che la DAD non si deve fare perche’ crea ingiustizia sociale, che si fa? Semplice: chiudiamo definitivamente le scuole e buonanotte. Problema risolto.
    Del resto se gli insegnamenti scolastici di Marx, don Milani, ecc. sono questi e’ meglio chiuderle le scuole. Vero, caro Robecchi?

    da egidio scrimieri   - venerdì, 2 aprile 2021 alle 09:57

  6. Vedo che non sa leggere, non è quindi che le scuole che ha fatto lei erano tanto migliori.

    da Alessandro   - venerdì, 2 aprile 2021 alle 10:07

  7. vedo che non sa rispondere ad un’osservazione. Che scuole ha frequentato, caro Alessandro?

    da egidio scrimieri   - venerdì, 2 aprile 2021 alle 10:08

  8. Peraltro, vale la pena fare la seguente riflessione.
    L’economia capitalista fornisce computer solo a chi se li puo’ comprare. Viceversa l’economia comunista non fornirebbe computer ne’ a chi se li puo’ comprare ne’ a chi non se li puo’ comprare, poiche’ i computer li fabbricano e li vendono i capitalisti.
    Ebbene: quale delle due economie e’ migliore dell’altra?

    da egidio scrimieri   - venerdì, 2 aprile 2021 alle 11:48

  9. No, solo che ha differenza di lei ho anche altre cose da fare. Se vuole una risposta al volo, ha detto un’altra cazzata. Il livello culturale di un cittadino povero, sfigato e prigioniero nelle DDR, per dire, era mille volte avanti a quello di un proletario di Torino, di Glasgow o di Parigi, si studiava gratis fino all’università, capitava di incontrare (dovrebbe leggere qualche romanzo russo, non fa male alla salute) impiegati o operai laureati, i libri costavano zero (vale anche per Cuba) e in generale la cultura era tenuta in gran conto. Tutti più o meno con lo stesso punto di partenza. Mi rendo conto che lei preferisce pensare a privilegi per pochi e al mercato che glieli garantisce, infatti lei, in un’ipotetica guerra di classe è un nemico, esattamente perché pensa quello che ha detto: meglio a pochi che possono che a nessuno. Il suo “nessuno” è un falso storico. Io dico meglio a tutti alle stesse condizioni. Saluti

    da Alessandro   - venerdì, 2 aprile 2021 alle 14:00

  10. Certo, certo: meglio tutti belli, ricchi e felici che tutti brutti, poveri e tristi. Ma a volte non si puo’. E quando non si puo’ meglio a pochi che a nessuno: si chiama “elementare buon senso”.
    A proposito di falsi storici… una domanda: lei come spiega che il cittadino dell’ex DDR, cosi’ straordinariamente felice del suo avanzatissimo livello culturale, abbia poi scelto, una volta caduto il muro di Berlino, di adagiarsi negli orrori della perfida economia liberista, invece di rifondare una meravigliosa nazione comunista? Come mai la gente moriva per saltare il muro
    da Berlino Est a Berlino Ovest, e mai nessuno ha neanche pensato di fare il salto contrario? Ci sara’ un motivo, o e’ solo che lei continua a pascersi della leggenda metropolitana di certe antiche felicita’ che vivono solo nei suoi sogni beati e faziosi?

    da egidio scrimieri   - venerdì, 2 aprile 2021 alle 15:26

  11. Ciò che dici Alessandro stavolta è un po’ superficiale. Non tieni conto del fatto che gli insegnanti, consapevoli di questo stato di cose, nel loro giudizio finale terranno conto delle disparità digitali, sempre che non siano riusciti a colmarle durante l’anno, cosa che nell’istituto di mia moglie hanno fatto in buona parte.

    da PAOLO FORNACIARI   - venerdì, 2 aprile 2021 alle 20:59

  12. Ancora due parole su falsi storici e “cultura comunista”. La quale consisteva essenzialmente di censura, che e’ notoriamente la negazione della cultura: quella censura che mise al rogo nel luglio del 1935 e nella sola Leningrado ben 20.000 libri (vedi http://www.gliscritti.it/blog/entry/297); e che poi e’ pure la stessa censura che utilizza Robecchi per bannare i post scomodi. Del resto il lupo (comunista) perde il pelo ma non il vizio.
    Per quanto devo dire -onestamente- che le censure di Robecchi le capisco pure: in fin dei conti uno scrittore che deve vendere un libro non e’ che si puo’ rassegnare a fare la figura di merda di non riuscire a dare risposte sensate ad un lettore che gli solleva obiezioni.
    Sarebbe come se un pescivendolo pretendesse di vendere sui pesci
    dicendo a tutti i sui clienti che sono marci.

    da egidio scrimieri   - sabato, 3 aprile 2021 alle 09:20

  13. Caro Scrimieri, aspettare qualche ora per veder pubblicato un proprio post non mi sembra abbastanza per gridare alla censura. Ecco, le sue banalità ora sono pubbliche. E per fare un dibattito storico sul socialismo con me bisogna essere un po’ più bravi. Anche più che un po’. Saluti

    da Alessandro   - sabato, 3 aprile 2021 alle 16:22

  14. Ma caro Alessandro, cosa le fa mai pensare che io nutra una qualche smania di vedere pubblicati i miei commenti? Semmai il contrario: ho piu’ conforto quando un mio commento non viene pubblicato, essendo questa per me una conferma d’aver colto nel segno.

    Quanto alla sua insuperabile bravura nel dibattere di storia del socialismo potrei certo anche fidarmi, per carita’, non dico di no: ma -vede- essendo io una persona tendenzialmente sincera devo anche confessarle che mi fiderei delle sue straordinarie abilita’ più’ che altro per gentilezza. Ne’ altro saprei dirle. Di sicuro, pero’, le posso dire questo: e cioè’ che tutta questa sua straordinaria bravura, quest’oggi, disgraziatamente, non ha avuto modo di mostrarcela (delle mie tre obiezioni storico-sociologiche sul socialismo non e’ riuscito ad inquadrarne neanche una… eccheccazzo Alessandro mio)

    da egidio scrimieri   - sabato, 3 aprile 2021 alle 19:49

  15. Buonasera, bisogna dire innanzitutto che ormai da anni, prima della DAD , la scuola ha abbandonato il criterio della meritocrazia. Ha abbandonato il fine ultimo cioè quello di formare ed educare, perché le sono stati tolti via via i mezzi e soprattutto a causa della prepotente invadenza dei genitori. Detto ciò, tutti gli Istituti scolastici erano disponibili a fornire dispositivi alle famiglie che non ne erano dotate o non ne avevano a sufficienza.

    da Luciana   - martedì, 6 aprile 2021 alle 00:26

Lascia un commento