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Los Liberistas, ovvero: come piangere sempre e ottenere soldi (dallo Stato)

PIOVONOPIETREL’estate sta finendo eccetera eccetera, potete cantare la canzoncina famosa senza remore, perché quel che ci aspetta è un autunno infinito, invece, e l’inverno chissà, speriamo bene. Quel che si sa, non c’è bisogno di essere un indovino, è che si assisterà al solito derby cattivo e senza esclusione di colpi tra le due compagini più rappresentative della scena politica: Los Liberistas contro lo Stato. Chi segue le cronache politiche sa di cosa si parla: da un lato un pianto continuo e inesausto per dire che i tanti soldi in arrivo dovrebbero andare a loro, industriali e imprese, che cercano finanziamenti pubblici per “il libero mercato” (ahah), e dall’altro un sistema di welfare e assistenza che consenta a tutti i cittadini – anche a quelli espulsi dal sistema produttivo – di campare la famiglia. Colpi bassi, trucchi dialettici da seconda media, sgambetti e paradossi: la solita solfa che diventa addirittura ridicola quando si svolge sui social a colpi di tweet o di post su Facebook. La narrazione aggressiva di Los Liberistas è nota: le tasse sono un furto (qualcuno lo mette nella bio del profilo), e vanno a finire tutte a quei “maledetti statali” che naturalmente “non fanno niente tutto il giorno” e hanno la terribile colpa, in subordine, di prendere lo stipendio anche quando c’è il Covid. Al contrario dei poveri Los Liberistas che sono costretti a mettere i dipendenti in cassa integrazione (cioè a far pagare gli stipendi a noi tutti), e almeno in un terzo dei casi fare i furbetti (2,7 miliardi fregati, sempre a noi).

Va detto che non tutti Los Liberistas sono uguali: ci sono gli estremisti e i moderati, ma il pensiero di fondo è sempre quello: meno Stato e più mercato, salvo poi presentarsi dallo Stato con il cappello in mano quando il mercato non va come vorrebbero. Dannazione. Così le cronache economiche diventano un rosario di lamenti e contumelie: ecco le scuole private addolorate dal fatto che dai rubinetti pubblici non sgorghino più finanziamenti come un tempo. Oppure ecco gli operatori della sanità privata (ma sì, angeli, eroi, salvatori, ecc. ecc) che lavorano con un contratto scaduto da dodici anni: arriveranno gli aumenti, sì, ma coperti al 50 per cento da fondi regionali, cioè pubblici, cioè sempre noi. Naturalmente se si parlasse di devolvere il 50 per cento dei profitti allo Stato si griderebbe ai Soviet, ma si sa com’è, nel rapporto tra pubblico e privato Los Liberistas intendono il flusso soltanto in entrata. Intanto, i numeri sull’evasione fiscale (120 miliardi, stima assai prudenziale) fanno tremare i polsi.

Il derby ha fasi di stanca e momenti di gioco brillante, per esempio quando gli economisti in forza a Los Liberistas (quasi tutti) si scagliano contro provvedimenti di welfare e sostegno ai cittadini più poveri. Apriti cielo: no al salario minimo, no al reddito di cittadinanza (“li pagano per stare sul divano”), no ai blocchi dei licenziamenti, per arrivare sempre lì, alla conclusione che se tu lasci fare al mercato tutto si sistemerà per il meglio. Si è visto, infatti.

Siamo solo al precampionato, la partita vera comincerà in autunno, cioè tra pochi minuti, quando dieci milioni di lavoratori del settore privato faranno gentilmente notare che i loro contratti sono scaduti. E’ probabile che si incazzeranno un bel po’, e Los Liberistas dovranno sfoderare tutta la loro capacità produttiva per realizzare la loro più grande opera: costruire un enorme cappello e presentarsi, con quello in mano, al cospetto dell’odiato Stato, quel cattivone.

7 commenti »

7 Commenti a “Los Liberistas, ovvero: come piangere sempre e ottenere soldi (dallo Stato)”

  1. Troppo bravo. Se si candidasse, lo voterei
    Keep going please

    da Laura Talamoni   - giovedì, 27 agosto 2020 alle 11:05

  2. Completo e condiviso fino in fondo.
    Bravo!

    da Marco Ferrari   - giovedì, 27 agosto 2020 alle 13:45

  3. La capostipite del cappello in mano, anzi di un enorme sombrero, è l’unica azienda automobilistica, a parte una piccola, che ci sia in Italia.

    Si, sempre quella che da alcuni anni paga le tasse in Olanda, che ha intascato gli utili e La La capostipite dell’andazzo descritto, è l’unica azienda automobilistica italiana, a parte una piccola esistente nel centro Italia, che ha messo molteplici volte e per lungo tempo i lavoratori in cassa integrazione, quindi a noi.

    Fidarsi dei soliti noti, molto prenditori, poco imprenditori, con il recovery fund che arriverà nel 2021,più altri prestiti sempre dall’Ue, è un azzardo insopportabile, chi governa dovrà inserire delle severe regole, affinché questi fondi andranno veramente agli aiuti e allo sviluppo del lavoro.

    Se hanno la stessa attendibilità vista nell’emergenza covid, tra i ritardi nel chiudere le aziende,bresciano e bergamasco in primis, rimborsi richiesti senza ritegno dai paperoni, o dall’aver ricevuto i quattrini della cassa integrazione pur facendo lavorare ugualmente, siamo effettivamente in buone mani.L’evasione fiscale l’ha ricordata lei, ma è sempre meglio rammentarlo.

    È un po’ una forzatura, ma il livello di lor signori è la storia recentissima del billionaire, dove lo scadimento ha toccato livelli inimmaginabili nell’intero entourage della destra.

    da Guevara2019   - giovedì, 27 agosto 2020 alle 14:12

  4. Errata corrige

    Il post non è del nickname inserito,bensì da me stesso!

    da Ivo Serentha   - giovedì, 27 agosto 2020 alle 14:15

  5. Magari ci fosse un bel derby, vorrebbe dire che lo Stato accetterebbe di giocare la partita, perderebbe ma almeno ci avrebbe provato.
    Chi è così ingenuo da credere che Renzi, Zingaretti Di Maio ecc. ecc. possano/vogliano dare battaglia a Confindustria e ai rapaci industrialotti del Nord?

    da Aldo   - giovedì, 27 agosto 2020 alle 20:00

  6. Se col tempo poi le cose si mettessero male, magari come ora per l’arrivo imprevisto di un covid-19 qualunque, niente paura, cappello in mano e si torna a mungere la mucca statale. Ed è così che i colossi aziendali, e non solo, si salvano con i nostri soldi. Comodo e bello l’imprenditorello! Ecco una barzelletta che torna a “fagiolo”: La storiella è ambientata a Ferrara. Sarebbe sicuramente più d’effetto se detta o scritta nel simpaticissimo dialetto ferrarese, ma facciamo finta che lo sia. Un tizio incontra un suo amico che sta camminando con una certa premura tenendo una valigia nella mano. Dove vai Arturo con tanta fretta? Sta buono replica Arturo, sono profondamente amareggiato e deluso. Vado ad annegarmi. Ma dai, ribatte l’amico, nessuna pena può essere così grande per decidere di annegarsi. E poi, vai ad annegarti con la valigia? Che senso ha? Oh bella, risponde con stizza Arturo, e se mi salvo?… Almeno ho il ricambio asciutto per tornare a casa!…

    da Vittorio Grondona   - lunedì, 31 agosto 2020 alle 17:36

  7. Applausi !
    (PS mi compiaccio di aver dato uno strappo in macchina da Montecchio a Reggio Emilia, ai tempi della festa di “Cuore”, a un giovanissimo Robecchi… )

    da Armando Vannucci   - venerdì, 4 settembre 2020 alle 08:03

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