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mer
12
feb 20

Sempre meno lavoratori e sempre più profitto. E’ il progresso, bellezza!

PIOVONOPIETRENella triste prevedibilità delle cose c’è anche questa: per i prossimi mesi sentirete in sottofondo, laggiù, nascosta nel rumore di fondo, la noiosa tiritera della vertenza Unicredit. Cronache sindacali, penultime notizie nei telegiornali, trafiletti stanchi nelle pagine dell’economia, incontri interlocutori al ministero, eccetera eccetera. Numeri da qui al 2023: seimila lavoratori da licenziare (o prepensionare, o agevolare all’uscita, o tutti i pietosi eufemismi che si usano in questi casi) e profitti che salgono (5 miliardi l’obiettivo) per la gioia degli azionisti. Quindi lo dico qui, prima che la questione diventi logoro tran-tran quotidiano e noiosa ripetizione: seimila persone che perdono il lavoro non sono solo una voce di bilancio, ma famiglie che vanno in crisi, ragazzi che vedono l’orizzonte incresparsi, programmi futuri che vanno a rotoli, ansia, insomma migliaia di vite che cambiano in peggio, ceto medio che scivola verso la povertà e la paura del futuro. Detta semplice e brutale, è uno scambio di ricchezza tra lavoratori e azionisti, milioni e milioni di euro che si spostano dal lavoro al profitto, dai salari di molti alla rendita di pochi.

Il piano Team 23 viene annunciato quando appena si è messo via lo champagne per la “felice” conclusione del piano Transform 19, che ha fatto la stessa cosa nel triennio precedente: via qualche migliaio di lavoratori e su i profitti. Non si tratta quindi dell’azienda in crisi, dell’imprenditore che piange e che non ce la fa, che è costretto a licenziare con la morte nel cuore, che “salva” i dipendenti rimasti (narrazione tradizionale di stile marchionniano, da tutti accettata mentre gli Agnelli stappano). Bensì di una semplice partita di giro: soldi contanti che passano dalle tasche dei lavoratori a quelle dei proprietari, azionisti, supermanager, fondi sovrani che già guadagnano molto e vogliono guadagnare di più.

Segue lo spiegone tecnico-pratico: i clienti non vanno più allo sportello, pagano col telefono e le app, che è un po’ come dire: mi spiace gente, ma siccome abbiamo inventato il telaio a vapore, nelle filande c’è un sacco di gente che non ci serve più, cioè non è la prima volta che il profitto si fa scudo della tecnologia per far pagare il conto ai lavoratori.

Non si tratta naturalmente “solo” di una banca (il tratto è comune a tutto il sistema bancario italiano: meno posti di lavoro e più utili, e più bonus ai manager), ma di capire come sarà il disegno del futuro. Le imprese attive e sane che licenziano non sono una novità, ma anzi una tendenza in atto da anni. In più, si tratta di un evidente, quasi plastico, allargamento di quella famosa forbice delle diseguaglianze che tutti dicono di voler combattere e fronteggiare: chiamatelo come volete, il piano, ma alla fine chi ha di più avrà ancora di più e chi ha meno avrà ancora di meno.

Ora, prima che tutto divenga trattativa difensiva, tira e molla e stanca cronaca sindacale, resta il disegno generale: una progressiva proletarizzazione del ceto medio, un mercato che detta le regole della selezione e della qualità della vita della gente: certi saperi non servono più, c’è l’algoritmo, c’è la app, però serve gente che consegna i pacchi, possibilmente pagata a cottimo e con turni e carichi di lavoro, quelli sì, da filanda ottocentesca. Il questo caso la narrazione corrente è: il mondo cambia, che ci possiamo fare. Ma in questa enfasi sul cambiamento non si inserisce però il profitto, che non deve cambiare mai, che è l’unica variabile indipendente riconosciuta, benedetta e intoccabile. Accettando questo impianto culturale, peraltro dominante da decenni, tra un po’ avremo veramente bisogno di un Dickens a raccontare come una volta qui era tutta piccola borghesia, sicurezza e futuro tranquillo, e adesso… Dickens ai tempi dell’iPhone.

9 commenti »

9 Commenti a “Sempre meno lavoratori e sempre più profitto. E’ il progresso, bellezza!”

  1. Come già ho commentato altrove riporto a grandi linee il mio pensiero sulla questione.

    Nulla di sorprendente,l’intero globo terracqueo sta andando verso una società di pochi super ricchi e una pletora di miliardi di persone che a vari livelli devono sopravvivere sbattendosi per un tozzo di pane o giù di lì.

    E’ molto probabile che il XXI secolo o buona parte di esso si distinguerà con questo verticismo,l’unico interrogativo è quanto potrà durare,come si dice a Napoli “acca nisciuno è fesso” prima o poi emergerà una reazione,i tempi sono diversi dall’antico feudalesimo,la società e l’informazione,online soprattutto,fanno la differenza.

    In Francia sono già arrabbiati una cifra,l’effetto si propagherà,senza inserire limiti di tempo è una scommessa già vinta.

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 12 febbraio 2020 alle 10:17

  2. Purtroppo si parla ancora tanto di ”concertazione” sindacati-padronato-governo. Ovvio che non ci possa essere alcun progresso sociale. Se non per l’1% che ce l’ha fa sempre e comunque.

    da Giuseppe Michieli   - mercoledì, 12 febbraio 2020 alle 10:19

  3. #boicottaunicredit

    da Davide Grandi   - mercoledì, 12 febbraio 2020 alle 10:22

  4. Che alla fine si arrivasse a questo punto era ormai da tempo nella testa delle persone di buon senso. La tecnologia, ben venga la tecnologia, dovrebbe essere al servizio della collettività non la scusa per buttare la gente, la povera gente, sul lastrico dell’incertezza del domani. Mi domando cosa stia a fare la politica. Ad occuparsi di prescrizione, di immigrazione o di altre questioni simili, importanti sì, ma da trattare con la dovuta sapienza del peso sociale. In questo momento sto ascoltando su radio radicale la discussione al Senato sul caso Salvini e il suo operato in merito al blocco in mare della nave “Gregoretti”, mosso dalla presunta difesa della Patria, secondo lui e i suoi portavoce, minacciata, pensate, da 135 immigrati allo stremo delle forze per i disagi subiti e per la fame. Sintonizzatevi, se potete, è davvero esilarante verificare questa strabiliante commedia politica. Ruby nipote di Mubarak?… è un caso meno ridicolo dal punto della giustizia vista dai nostri parlamentari.

    da Vittorio Grondona   - mercoledì, 12 febbraio 2020 alle 10:41

  5. E Mattarella si lamenta della denatalità. Ma di fronte all’assenza di futuro, dal punto di vista lavorativo e perfino della sopravvivenza del pianeta, non rimane altra scelta.

    da Irene   - mercoledì, 12 febbraio 2020 alle 17:25

  6. Complimenti a Robecchi, un pezzo davvero esemplare! Grazie mille

    da federico_79   - mercoledì, 12 febbraio 2020 alle 20:40

  7. scusate ma io non capisco va bene tutelare i lavoratori ma mantere posti di lavoro superflui non ha molto senso come se tornassimo alla produzione del settore automobilistico con operai di linea in misura maggiore delle macchine ed effetivimante il settore bancario ha dei lavoratori che verrano sostituiti volenti o nolenti non dico di lasciare tutti in mezzo alla strada ma almeno capire che se non s investe in riqualificazione del lavoro non si va da nessuna parte

    da walter   - mercoledì, 12 febbraio 2020 alle 20:48

  8. “Vite superflue”. Non “miliardi di utili superflui”. Come volevasi dimostrare

    da Alessandro   - mercoledì, 12 febbraio 2020 alle 20:50

  9. Certo deve essere devastante per chiunque sentirsi dire che non serve più. Butta quello che sai, magari ti è costata tanta fatica impararlo, ma ormai… Mi sembra cosa di cattivo gusto. Va bene per le cose che non servono, ma per le persone?… Paghiamo le tasse, anzi dovremmo tutti pagare le tasse, proprio per avere una società vivibile il più discretamente possibile da tutti. Dal niente alla tecnologia più avanzata occorre un periodo di preparazione. Verrà il tempo. I figli dei nostri figli già usano il digitale fin dall’età di tre, quattro anni fra lo stupore dei loro nonni. “Chiano chiano, doce doce”… Usiamo gli attuali profitti dell’elettronica per diminuire i tempi di lavoro, per aumentare di conseguenza il tempo libero, per conseguire nella sostanza una migliore qualità di vita.

    da Vittorio Grondona   - giovedì, 13 febbraio 2020 alle 11:07

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