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feb 20

L’emergenza sanitaria di chi lavora a cottimo e non se lo fila nessuno

PIOVONOPIETRENon risponderò a domande irrispondibili, ovvio. Per esempio: quale memento mori spinge la sciura milanese a comprare ventisei pacchi di pasta invece dei soliti due? Quale istinto delle caverne spinge persone normali (oddio, normali… magari sono lettori di Libero) a menare un cinese sul tram? E’ inutile tentare di penetrare così in profondità nell’animo umano, è una regola di tutti i tempi che nei momenti in cui servono razionalità e nervi saldi si dà fuori di matto. E’ lo stesso meccanismo per cui “niente panico” è una nobilissima frase, saggia e intelligente, ma se dici niente panico urlandolo con gli occhi fuori dalle orbite ventiquattr’ore al giorno, con toni da Apocalisse, ditini alzati, il contorno cretino dell’”io l’avevo detto” e gli speciali, e le maratone, e le edizioni straordinarie, si rischia l’effetto opposto. (A questo proposito: spero che i microfoni dei tg che da qualche giorno sventolano sotto il naso di dottori, infermieri, infettati, cittadini di zone rosse, contadini stupefatti del morbo e sindaci febbricitanti, siano tutti monouso. Altrimenti, tra sputazzi e colpi di tosse, ogni intervistato dei prossimi due anni finirà in quarantena. Non è detto che sia un male).

E’ tutto un po’ attraente (come nei film di zombie) e fastidioso, comprese le spigolature, i dettagli, la piccola cronaca ai tempi del colera, aneddoti, notizie vere e false che rimbalzano, dicerie, messaggi whatsapp, meme spiritosi e avventure private (mio cugino…), rimembranze manzoniane. Colore, insomma, che rischia di sovrastare le domande vere e sensate che è lecito farsi in presenza di un’emergenza sanitaria. E di alcune cose si parla, sorprendentemente, poco e niente, diciamo che brillano per assenza nel grande dibattito nazional-popolar-virale.

Volando basso, la profilassi. Quel sacrosanto “lavatevi le mani, cazzo!” che dovrebbe valere anche senza epidemie in corso, e che viene giustamente ripetuto in loop, ma che non è facile come si dice. E’ una questione sanitaria, mi sembra, anche la totale privatizzazione degli spazi pubblici, l’assenza di minime strutture gratuite e accessibili a tutti, per cui lavare le mani, se siete in giro per la città, vi costa come minimo la tassa di un caffè al bar, e quelli che una volta erano spazi pubblici ora sono spazi privati (provate a lavarvi le mani, che so, alla stazione centrale di Milano, dove già costa un euro pisciare).

E poi, se possibile, l’aria spaventata ed emergenziale causa una recrudescenza dell’eterno strabismo economico, per cui si snocciolano i dati delle Borse, anche Wall Street, i sinistri scricchiolii dello spread, le reazioni dei famosi mercati, ma non si dice, non si pensa, non si prende nemmeno in considerazione la posizione dei lavoratori meno garantiti del nostro mirabolante sistema. Cioè, cassa integrazione nei casi più gravi, telelavoro per chi può e sa, attività un po’ ridotte in zone dove il Pil del paese, parlandone da vivo, dà il meglio di sé, e va bene, un minimo di garanzia. Ma resta fuori, esclusa – quella sì in quarantena – tutta la fascia della Gig economy, dei lavoretti, del cottimo più o meno mascherato, del fattorino, del contrattino scritto male, della cooperativa farlocca, del lavoro a chiamata. Redditi minimi già in tempi normali, che si riducono senza alcun ammortizzatore, e senza che questo entri minimamente nell’ardito mosaico dell’informazione di questi giorni. Per intenderci: uno tirava la cinghia con 800 euro, che è già una vergogna, ora che per emergenza rallenta il lavoro dovrà farcela con 400, senza sapere per quanto tempo: niente airbag, per lui, nemmeno la dignità di partecipare a un bello scontro tra virologi telegenici e virologi al lavoro, o a quei bei siparietti sovranisti dove si grida all’untore. Solo oblio e rimozione. E invece, a ben vedere, sarebbe un’emergenza sanitaria anche questa.

6 commenti »

6 Commenti a “L’emergenza sanitaria di chi lavora a cottimo e non se lo fila nessuno”

  1. Ecco un articolo degno di essere letto!

    da Maria pugliatti   - mercoledì, 26 febbraio 2020 alle 09:21

  2. E dov’è la novità?
    Questo sistema si occupa sempre di chi ha voce, e non solo nelle emergenze, sempre
    Gli altri, i derelitti non esistono, come non esistono i morti per fame, i morti per guerre e non esistono tutti coloro che sono la testimonianza concreta del fallimento di questo sistema

    da Aldo   - mercoledì, 26 febbraio 2020 alle 10:48

  3. Ottimo articolo che spiega bene a che livello sia il Paese,sarebbe meglio descriverlo con la p minuscola visti gli scaffali vuoti e le amuchine a 25 euro la mini confezione sempre che si trovi,fortunatamente dall’inizio dell’esplosione del caso,venerdì pomeriggio, era fuori residenza,al di là del collegamento internet via smartphone non ho assistito al delirio collettivo tra virologi,soliti tuttologi e titoli di Libero da farlo chiudere per manifesto terrorismo,se non fosse che conosciamo quanto siano ridicoli da quelle parti.

    Abbiamo nuovamente capito dell’antico armatevi e partite,sempre attuale dal ventennio,di lasciare a se stessi medici e paramedici nel fare turni da 40 ore ininterrotte,e vorrei assolutamente sbagliarmi,ma se dovessero fare capillari test tampone su e giù in Europa ci accorgeremo di non essere noi i soli infettati del continente,almeno con i numeri ridicoli che affermano quasi tutti gli altri Paesi in questione,se mi sbaglio chiedo venia,altrimenti tutti i nodi verranno al pettine e con gli interessi,a proposito della diffusione infettiva.

    In ultima analisi chiedo a Salvini & Meloni di aver pazienza,tra qualche mese o tra qualche anno,qualsiasi emergenza sarà superata brillantemente,l’economia andrà a gonfie vele e le infezioni non capiteranno più tra Lombardia e Veneto! Nel Lazio si toccano già gli zebedei…

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 26 febbraio 2020 alle 10:54

  4. Mi ricordo che ai bei tempi si diceva che il caffè a Napoli viene buono. Merito dell’acqua era l’opinione comune degli esperti. Probabilmente sarà anche vero. Il pane di Ferrara è buonissimo, tanto per fare un altro esempio dei tesori alimentari legati a particolari proprietà del territorio. Che il ragionamento sia valido anche per il coronavirus? In tutta Europa si legge un caso qui, due casi là un altro caso giù ed al tre (esagerati) addirittura su. In Italia c’è l’esplosione del fenomeno in alcune zone per fortuna ben delimitate. Che sia l’aria davvero?… Di fronte ad una situazione del genere un cervello medio-pensante non ci dorme la notte: possibile?… Dove sta la logica?…

    da Vittorio Grondona   - mercoledì, 26 febbraio 2020 alle 11:00

  5. Salvo un errore mio di distrazione, non ho avuto notizia di ospedali privati che abbiano mosso un dito in questa situazione di emergenza. Non mi risultano nemmeno gesti di generosità individuali. Se potessi io sottolineerei tutti i giorni, ogni volta che si pronuncia o si scrive il nome di un ospedale, che si tratta di una struttura PUBBLICA.

    da Enrica Padovan   - mercoledì, 26 febbraio 2020 alle 14:17

  6. tutto sacrosanto, aggiungo una nota di cronaca spiccia, stamattina devo accompagnare mia madre in un ospedale privato, in Lombardia provincia di Varese, per la visita di controllo post operatoria. Lascio mia madre davanti all’ingresso e vado a posteggiare, lei sale in ascensore, io arrivo e faccio le scale, all’ingresso c’è un’addetta con tanto di macherina e guanti che mi ferma e mi chiede, nell’ordine : se vengo da zona infetta, se sono stato in Cina nell’ultimo mese, se ho la tosse, l’influenza e ho sintomi strani, rispondo di no e passo, una signora che accompagnava una paziente dice che ha la tosse e non può entrare, mia madre con l’ascensore non è stata fermata. Meno male che questa è solo un’influenza all’attenzione mediatica, se un giorno arriva la pandemia siamo fritti.

    da Marco Ferrari   - mercoledì, 26 febbraio 2020 alle 15:58

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