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mer
29
gen 20

Alle urne come al circo: se non rinnovi lo show il pubblico lascia la sala

PIOVONOPIETREC’è un piccolo paradosso conficcato nelle elezioni emiliane che hanno steso al tappeto il mangiasalsicce del Sacro Cuore di Maria. E il paradosso è questo: nelle elezioni locali più nazionali che si siano mai viste, le più politiche, le più ideologiche, se mi passate il termine un po’ impegnativo per la Borgonzoni, ha vinto alla fine chi ha “nazionalizzato” meno la sfida, chi ha parlato di cose sensate, possibili, concrete. Osservate da fuori, da non emiliano-romagnolo, le forze in campo erano soverchianti in modo addirittura imbarazzante per copertura dei media (una citofonata di Salvini valeva come mille incontri pubblici di Bonaccini), questo al netto dei prevedibili leccaculismi e della piaggeria scoperta e manifesta, addirittura garrula ed entusiasta. In un Tg (?) Mediaset, un’intervista a Salvini si è conclusa con la richiesta di firmare il vetro della telecamera, come fanno i tennisti famosi a fine match, per dire. Aggiungerei il paradosso del candidato governatore impagliato, che sta appollaiato sulla spalla del capo come i pappagalli dei pirati.

Sia messo a verbale: l’Emilia-Romagna è caso particolarissimo, a sé, non può (e non deve) fornire indicazioni su tutto il resto del paese. Però conferma una tendenza nazionale, o almeno la evidenzia: le narrazioni troppo spinte, lo storytelling estremo, la prevalenza della recita teatrale sul contenuto effettivo, pagano molto nell’immediato e poi poco, o pochissimo in prospettiva. E’ anche divertente seguire quello là che fa il digiuno, che citofona, cha fa colazione, pranzo, cena, che si traveste prima da poliziotto, poi da intellettuale con la giacca di velluto, le felpe, le ruspe, il mojito, la “liberazione” dell’Emilia-Romagna, coi bambini, senza bambini, con la bambina di Bibbiano che poi non è di Bibbiano, ma va bene lo stesso Capisco bene il fascino del circo, quel momento di sospensione in cui ti chiedi: e ora entrerà l’elefante o il giocoliere monco? O il clown suonerà un citofono? Ecco, bene. Poi, però, quando devi decidere a chi dare in mano gli ospedali, per dire, voti Bonaccini, e non quella che dice che chiudono di notte, il sabato e la domenica.

In generale, insomma, trovo strabiliante non tanto che si equipari la politica allo spettacolo (una cosa vecchissima che ci ha insegnato per decenni nonno Silvio), ma che i politici pretendano di sfuggire alle leggi spietate del mondo dello spettacolo dove, almeno un pochino, bisogna essere credibili. Puoi inventare la storia che vuoi, se fai narrazione, ma deve almeno un po’ assomigliare al vero. L’immagine dell’Emilia-Romagna come una specie di periferia di Calcutta che Salvini e la destra hanno cavalcato per mesi non è credibile nemmeno per chi lì non c’è mai stato, è un’esagerazione grottesca, è un numero di cabaret, di quelli troppo reiterati, insistiti, sfilacciati dall’uso.

Insomma, Salvini, che era nuovissimo, a un certo punto è sembrato vecchio, già visto. Non è la prima volta che succede, come sa bene l’altro Matteo. Sarebbe sconsideratamente ottimistico trarre qualche conclusione a livello nazionale dallo spettacolino emiliano (e dare per finito Salvini sarebbe l’errore più grave), ma il dato è abbastanza chiaro: personalizzare, trasformare un’elezione in un referendum, mettersi in primo piano con in mano il rosario o il cotechino, può funzionare la prima volta, forse la seconda, ma poi bisogna un po’ cambiare repertorio, come gli attori di telenovelas che a un certo punto si mettono a fare Beckett in teatro, e questo Salvini non lo potrà fare. 70.000 persone che lo avevano votato otto mesi fa questa volta non l’hanno fatto, e si capisce dunque la difficoltà del capopopolo che vede andarsene un po’ di popolo, pubblico che abbandona la sala, proprio mentre lui fa sforzi sovrumani, inventa nuovi numeri ed è al clou dello spettacolo.

4 commenti »

4 Commenti a “Alle urne come al circo: se non rinnovi lo show il pubblico lascia la sala”

  1. Preso atto della grancassa mediatica che anni fa vedeva e inneggiava a un Matteo,finito come è finito porello,sono passati al secondo,a parte chi si è contraddistinto con il soprannominato “cazzaro verde” copyright Fatto quotidiano,la celebrazione di ogni idiozia è stata fatta ovunque.

    Dopo la prima crepa agostana tra un mojito e l’altro con la chiusura governativa,a mio modo di vedere uno spettacolare harakiri del nuovo secolo difficilmente eguagliabile,è passato al secondo nazionalizzando le regionali in E-R,ha scritto bene lei,quei 70mila voti non pervenuti sono un brutto segnale,di alternativa purtroppo a dx ne hanno una,senza contare più sulla mummia c’è la donzella che sta a sgomità…Purtroppo per i media al momento sta dando meno spettacolo,ma potrà senza alcun dubbio migliorare è un segno del destino ormai.

    Che giornalismo di alto profilo che abbiamo vero?

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 29 gennaio 2020 alle 10:14

  2. Paradossalmente come dice Robecchi a far vincere Bonaccini è stato Salvini.

    da Doriano   - mercoledì, 29 gennaio 2020 alle 10:35

  3. Tutto torna, caro Ale …

    E certo, hai ragione anche quando sostieni che sarebbe errore gravissimo dare per finito il già urlatore di porti chiusi, (ora citofonatore compulsivo) ma il centro sx ha occasione forse irripetibile per mettere al tappeto una dx al momento veramente rintronata e senza grande ricambio; morto il vecchio miliardario (perchè è morto ed è stato imbalsamato, vero?) con unica alternativa superstite all’oggi incarnata nella meloncina nera (beh dai, non proprio un benito in gonnella, direi: la sua massima ambizione elettorale può essere il 15%) non gli resta che fare una cosa per vincere.

    Governare. Bene (meglio possibile). Sino al 2023.

    P.S. Sempre che i 5s (parlandone da vivi) riescano a darsi una configurazione credibile, tendente a sx, con percentuali superiori al prefisso telefonico …

    da degiom   - mercoledì, 29 gennaio 2020 alle 11:45

  4. Da bolognese emigrato, non ho potuto votare, ma difficilmente non si può non constatare che è arrivata a oltre il 40% una candidata non certo brillante. Per Bonaccini hanno votato in tanti, pure chi a livello nazionale non voterebbe mai PD. La ragione sembra essere la paura. La paura ha appianato differenze enormi e ha avvicinato posizioni a lungo incompatibili.
    Nè a livello nazionale si godere della stessa strategia, nè a livello locale riproporla. Intanto per 5 anni, si sta tranquilli.

    da sebastiano   - giovedì, 30 gennaio 2020 alle 11:00

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