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Riforma del fisco: gioco dell’oca tra detrazioni e abracadabra contabili

Screenshot 2019-10-09 08.23.31Duecentoquaranta euro al mese per figlio sarebbe una riforma che mette qualcosa nelle tasche degli italiani, e questa è cosa buona e giusta. Naturalmente in qualche modo dovrà prendere risorse dalle tasche dagli italiani (si parla di varie rimodulazioni, per esempio di quota 100, del reddito di cittadinanza, degli 80 euro), ma anche qui niente da dire. La leva fiscale – il chi paga cosa, e quanto, e il chi riceve cosa, e quanto – è uno strumento per cercare una specie di equilibrio economico dove non ci sia chi ha troppo poco. Il lato comico, semmai, si può trovare nel gioco dell’oca infinito di detrazioni e bonus, premi, esenzioni, moduli, magie contabili, abracadabra da commercialisti, e tutti i mesmerismi che si aggrappano come alghe a un regime fiscale.

Dunque, a farla breve, che lo Stato intervenga sull’economia delle famiglie è sacrosanto, anche se c’è una cosa che suona bizzarra: ogni ritocco dei redditi operato negli ultimi anni è fatto, appunto, solo di interventi statali e pare che parlare invece di politiche salariali sia come bestemmiare in chiesa. Di fatto, il peso dei bonus, delle detrazioni, degli 80 euro, del reddito di cittadinanza, è sostenuto dalla comunità (spesso a debito, quindi dai figli della comunità), mentre i salari sono fermi.

La forbice che si allarga tra la parte benestante degli italiani e quella povera è una realtà conclamata dell’ultimo decennio (dice l’Istat che nel 2008, la parte più povera della popolazione poteva contare su un reddito che corrispondeva al 2,6 per cento del totale, che dieci anni dopo è scesa all’1,8). E’ una forbice che ricalca quella tra profitti e salari, tra dividendi e stipendi, tra quello che porta a casa un azionista e quello che porta a casa un lavoratore.

Il doveroso rabbocco che lo Stato farebbe (con i 240 euro a figlio, per esempio, ma anche con altri mezzi e sistemi) è un sostegno al potere d’acquisto dei cittadini che ha tutta l’aria di una supplenza: ti veniamo incontro perché il tuo reddito non basta, perché il tuo salario è fermo, perché a guardare le dinamiche dei salari in Europa l’Italia è quella dove non crescono, e paiono inchiodati.

Insomma, dal grande dibattito nazionale su come e in che modo e in che quantità dare una mano ai redditi degli italiani (al netto delle convenienze tattiche, sia Pd che 5s hanno dato qualcosa), brilla per assenza la parte privata che paga gli stipendi. Quella classe imprenditoriale di cui pare obbligatorio dire sempre che è un’eccellenza, eroica, indomita, innovativa, eccetera eccetera, secondo la ben nota retorica, non solo non sembra intenzionata a partecipare a questa piccola redistribuzione, ma non ne discute neanche. Anzi, capita sempre più spesso che sposti qui e là, dove più conviene, residenze fiscali, e quartier generali, o che delocalizzi, o che precarizzi i lavoratori.

Probabilmente c’è, alla base di tutto questo, un vecchio tabù, cioè che si possa sconfiggere la povertà senza toccare la ricchezza. Anzi, il pensiero dominante (e abbondantemente praticato) è che se stanno meglio i ricchi, poi cadrà qualche briciola dalla tavola anche per gli altri, una cosa che si continua a sostenere, ma che è smentita nei fatti e dai numeri in modo clamoroso negli ultimi dieci anni.

Se davvero lo Stato intende attuare una politica economica che va incontro ai redditi medio-bassi, cosa che si spera fortemente, dovrebbe chiamare a partecipare anche quella parte di Paese che negli ultimi dieci anni si è arricchita, anche con grandi aiuti pubblici, decontribuzioni, sconti, sanatorie, salvataggi. Insomma, il capitalismo italiano. E la sinistra, parlandone da viva, dovrebbe cominciare a pensare che la battaglia per il salario – il lavoro in cambio di condizioni di vita decenti – non è una cosa da bolscevichi assatanati, ma una delle sue ragion d’essere.

4 commenti »

4 Commenti a “Riforma del fisco: gioco dell’oca tra detrazioni e abracadabra contabili”

  1. Parto dal lavoro dipendente,verissimo l’impoverimento rispetto agli scorsi decenni,la forbice tra manager e semplici lavoratori si è allargata a dismisura,piu che meritocrazia a me pare un suicidio sociale.

    Sulla busta paga che dire,a fronte di stipendiucci,se si va a vedere le tasse da pagare mensilmente per ognuno,c’e da incazzarsi come bisce,a proposito di chi paga le tasse fino all’ultimo centesimo,in ogni caso il costo del lavoro risulta troppo oneroso in Italia,probabilmente abbiamo troppo e troppi da mantenere.

    Poi se si vuole finalmente cercare di mettere i conti in ordine,per non far pagare solo e sempre i soliti,una colossale lotta alla corruzione e alla evasione fiscale risulterebbe quasi una panacea che curerebbe parecchi mali del Paese.

    D’incanto ci sarebbero le condizioni per aiutare le famiglie,di organizzare investimenti per il lavoro,la sanità non subirebbe i soliti tagli,badando però molto bene agli sprechi di questa,e pure per la pubblica istruzione,comprendendo le scuole materne diventate una caccia al tesoro, finalmente le risorse metterebbero a posto tutta la fatiscenza esistente.

    Mi fermo qui,sto parlando di un altro Paese evidentemente…

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 9 ottobre 2019 alle 08:51

  2. Standing ovation. Nothing else is needed!

    da Laura66   - mercoledì, 9 ottobre 2019 alle 10:23

  3. Il problema sta tutto nella sinistra che viva non lo e’ piu’ da tempo. Sono sicura che il p.d. pensi che la curva di Laffer, tanto amata dal tizio arancione con ciuffo, sia il modo di risolvere i problemi economici del paese. Come ben dice Robecchi, facciamo arricchire gli industriali con facilitazioni fiscali, rimborsi, condoni e questi poi non porteranno il ricavato nei paradisi fiscali, non faranno vita da nababbi, continueranno a vivere frugalmente (come il primo Olivetti) e investiranno tutto il guadagnato per creare lavoro e migliorare le condizioni di vita dei lavoratori. Da ridere o da piangere?

    da Liliana   - venerdì, 11 ottobre 2019 alle 19:41

  4. Negli ann 50/60 alcuni politici avevano collocato sul territorio un loro addetto che in base alle informazioni di cui disponeva ti aiutava a cercare un posto di lavoro. Sì, anche allora per i giovani non era facile trovare un’occupazione consone ale proprie aspirazioni sociali. Bisognava accontentarsi. Praticamente come oggi. Di norma il suddetto incaricato riceveva un giorno prestabilito della settimana. In sostanza era il tutor previsto oggi per la gestione del reddito di cittadinanza, il cd Navigator. Niente quindi si inventa più… Non mi è mai capitato di sentire che qualcuno di noi ragazzi abbia potuto servirsi con reale profitto di quel servizio. Tutto si risolveva in via provvisoria. Era sostanzialmente un prodotto ideato ai fini elettorali. Faceva immagine. Proprio come oggi. Così sono i provvedimenti in denaro che cadono a pioggia sulla povera gente, 80 euro di qua, bonus di la, meno tasse di su, riduzione del cuneo fiscale di giù. Pura propaganda politica. E’ pacifico anche per i più sempliciotti che da qualche parte i soldi della manna annunciata devono essere trovati. Da chi sta il problema. E così via libera ai trucchi. Tasse per il bene e la salute sociale da una parte, tasse indirette difficilmente individuabili dal normale cittadino dall’altra, ed altre diavolerie nascoste. La povera gente si vede uscire dalla finestra quello che prima era entrato trionfalmente dalla posta. Minacce di carcere facile e scombussolamento della nostra amatissima Costituzione sono i provvedimenti più discustosi. Si sente in giro dire che l’ideale sarebbe quello di ottenere un regime maggioritario. Dicono che così chi ha un voto in più alla sera delle elezioni è autorizzato dal popolo a governare per cinque anni. Perfetta pericolosa scemenza, penso io. Tenuto conto che i parlamentari da eleggere sono scelti comunque dal capo politico in persona mi sembra chiaro che quest’ultimo, in tale maleaugurata evenienza elettorale, abbia in sostanza ottenuto facilmente la via libera sul destino della gente. La cd democratura. Per non chamarla addirittura dittatura… Brrr questa parola mi fa tremendamente paura.

    da Vittorio Grondona   - martedì, 15 ottobre 2019 alle 12:07

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