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mer
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set 19

Il fascista che si appella alla democrazia fa ridere: è il ladro che chiama il 113

Spettacolari, i fascisti italiani. Nel senso che lo spettacolo è impareggiabile: salti mortali, carpiati e piroette. Testacoda e salti di corsia, capottamenti, inversioni a U e altre mirabolanti gesta, come per esempio urlare in piazza Montecitorio col braccio teso nel saluto romano, indifferentemente “Duce-Duce” e subito dopo “Elezioni!-Elezioni!”. Il fascista che si appella alla democrazia fa molto ridere, è come il rapinatore che chiama il 113.

Fatto110919Poi, nella bolgia della piazza boia-chi-molla è calata la notizia che a mollarli è stato Facebook, oscurando le pagine di alcuni gerarchetti di Forza Nuova e Casa Pound, e lì è scattato il pandemonio. Lo spettacolo dei fascisti che urlano “fascista” a qualcun altro è delizioso, un contrappasso esilarante, la storiella del bue che dà del cornuto all’asino, in confronto, era roba da dilettanti. Così, eccoli precipitarsi su un social network che non li ha (ancora?) oscurati, Twitter, e lì fioccano le perle, come quella di Simone Di Stefano, Obergruppenführer di Casa Pound che sostiene che Facecebook “si configura come un servizio pubblico” visto che ci sono moltissimi italiani iscritti. Un po’ come dire che siccome negli anni Sessanta tutti avevano una Fiat, allora la Fiat era di tutti. Invece no: Facebook è un’azienda privata, ha un suo regolamento, quando vi si accede si accettano le sue regole, e ogni tanto le applica pure.

Diciamolo: è un peccato.

E’ un peccato che un azienda privata faccia quello che lo Stato avrebbe dovuto fare da anni, da decenni. Perché sembrerà strano, ma anche la Repubblica Italiana, come Facebook, ha le sue regole, che sono scritte nella Costituzione (XII disposizione finale: “E’ vietata la ricostituzione del partito fascista in ogni sua forma”) e in qualche legge scarsamente applicata (la legge Scelba, la legge Mancino). Insomma, duole constatare che un’azienda privata è arrivata prima dello Stato, che è stata più efficiente e meno timorosa.

Detto questo, cioè che la Repubblica Italiana doveva fare da tempo quello che la ditta di Zuckerberg ha fatto l’altro ieri, rimane sospeso nell’aria un certo sentore di corto circuito. Riassumiamo a grandi linee: i nostri nonni, dopo l’immane disastro e i milioni di morti regalatici dal puzzone mascelluto, hanno cacciato il fascismo a colpi di schioppo. Poi hanno fondato una Repubblica. Poi hanno scritto una Costituzione. Poi hanno fatto delle leggi perché i fascisti non potessero fare apologia di quel disastroso crimine. E poi però, per cacciare i fascisti dal dibattito pubblico e impedirgli la diffusione di odio etnico e razziale, è dovuto intervenire un multimiliardario americano inventore dei “like”.

Difficile non sentire la nota stonata, la campana fessa.

Infatti l’azienda, in un comunicato, ha spiegato la sua decisione appellandosi alle regole che gli utenti dovrebbero conoscere, e ha sottolineato che alla base della decisione “non ci sono motivi ideologici”. E questo è un altro peccato, è come dire che se un fascista inneggiasse alla dittatura, al boia-chi-molla, al me-ne-frego, con parole gentili andrebbe tutto bene. Invece no. Si dimostra che le regole dello Stato sono migliori e più rigide di quelle di Facebook (bene), ma che lo Stato non le applica e invece Facebook sì (male), e questo mette un po’ di tristezza. Del resto, si sa (leggere il prospetto illustrativo) che quando metti qualcosa sul più grande social network del mondo, la proprietà intellettuale di quello che pubblichi diventa sua, che siano gattini, foto di nipotini o virili appelli a otto milioni di baionette. Forse qualcuno dovrebbe spiegarlo ai nazionalisti, sovranisti, suprematisti, che i loro frementi prima-gli-italiani sono stati regalati a un algoritmo made in Usa il quale, come da regolamento, può farne ciò che vuole, anche mandarli al confino quando gli pare.

4 commenti »

4 Commenti a “Il fascista che si appella alla democrazia fa ridere: è il ladro che chiama il 113”

  1. Zuckerberg è un privato che, a casa sua, stabilisce le regole come farebbe qualunque privato; è scontato che un padrone di casa di origine ebraica, metta alla porta un ospite che, nel suo salotto, abbia inneggiato a chi promulgava leggi razziali e deportava ebrei nei campi di sterminio. Quello che dovrebbe indignarci, è che un Paese sedicente democratico, con una Costituzione nata antifascista, non abbia fatto lo stesso, e fin dal 1945.
    E scusa se ne approfitto, ma desidero ricordare che il 10 settembre 1944, esattamente 75 anni fa, nasceva la Repubblica Partigiana dell’Ossola, modello ineguagliato di democrazia che introdusse, durante l’occupazione nazifascista di mezza Europa, una forma amministrativa rivoluzionaria basata su principi di legalità, libertà e uguaglianza: giunta di Governo pluralista, giusta retribuzione per i lavoratori, scuola laica aperta a tutti, pari diritti fra uomini e donne, assistenza agli indigenti, indipendenza dei poteri, rispetto per l’avversario (la pena di morte venne abolita proprio da chi aveva perso due figli nella lotta partigiana). Durò solo quaranta giorni per due semplici motivi: non era accettabile né per gli oppressori, né per i liberatori.
    Ecco il manifesto che abbiamo creato e affisso in città per questo 75° anniversario; manca il logo del Comune di Domodossola, e non si tratta di dimenticanza.
    https://lecoledesitaliens.blogspot.com/2019/09/75simo-anniversario-della-repubblica.html?view=flipcard

    da Mau MacFerrin   - mercoledì, 11 settembre 2019 alle 09:52

  2. Gli girano, eccome gli girano…

    Sono riusciti a far resuscitare il Pd, ed è tutta farina del proprio sacco, un po’ come avere la botte piena e la moglie ubriaca!

    In un partito normale, avrebbero dovuto immediatamente chiedere le dimissioni del fenomeno che ha avuto la brillante idea di aprire una crisi di governo a ferragosto,ma si sa sono di bocca buona a dx, dopo il twittatore seriale pare che ci sia poco o nulla, a parte Zaia.

    Ora staranno sull’attenti romanamente per circa tre anni, sempre che non ci sia un autogoal tra i giallorosa, chiamarli giallorossi è un iperbole fuori da ogni logica.,e per ciò che riguarda Fb meno male,fino a poco tempo fa davano più fastidio le mamme che allattavano rispetto alle mamme delle idiozie.

    Calare un velo pietoso verso la repubblica che permette una tolleranza ai nostalgici di quel periodo terribile della nostra storia sarebbe il minimo, ma nel Paese che da decenni cerca il nuovo salvatore della patria, direi che il buon senso è andato a farsi friggere da tempo immemore.

    Con quella virulenza e arroganza, non oso immaginare i possibili scenari tra qualche anno, meglio vivere alla giornata!

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 11 settembre 2019 alle 10:09

  3. Non fa una piega.

    da Ilaria   - mercoledì, 11 settembre 2019 alle 11:29

  4. “Durò solo quaranta giorni per due semplici motivi: non era accettabile né per gli oppressori, né per i liberatori.”
    Questa è il tipico revisionismo INFAME di matrice piddina (quell dei “ragazzi di Salò” di Violante) che mette tutti sullo stesso piano per equiparare fascisti e antifascisti. E’ un’infamia dire che non durò perchè inaccettabile ai liberatori. Non furono altri partigiani a far cessare la Repubblica dell’Ossola, furono SOLO ED ESCLUSIVAMENTE i fascisti. Al contrario, il sostegno alla Repubblica da parte del CLN fu totale e coinvolse tutti i partiti, come confermano la composizione della Giunta e del CLn di zona.
    Semplicemente, allora la sproporzione di forze era troppo grande per poter far sopravvivere quella come le altre repubbliche partigiane dell’epoca, che finirono tutte inesorabilmente appena il regime repubblichino mandò forze ingenti a sopprimerle.

    da giovanni   - mercoledì, 11 settembre 2019 alle 21:34

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