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Il capolavoro di Renzi: l’invidia sociale trasferita ai piani bassi

Con tutta ‘sta pippa della crisi dell’ideologia, e che l’ideologia è morta, e che ormai “ideologico” pare un insulto peggio che “pedofilo” o “truffatore”, si sta perdendo di vista un piccolo dettaglio: che l’ideologia è viva e lotta insieme a noi. Anzi, contro di noi. E un caso di scuola ci viene dalle recenti imprese del governo Renzi, prima tra tutte quella del blocco degli stipendi del pubblico impiego: circa tre milioni di lavoratori per una “manovra” (un pezzettino di quella manovra correttiva che “non ci sarà”, ma invece c’è eccome) da circa tre miliardi. Non si entrerà qui nel merito del provvedimento: secondo la Cgil l’introito medio perso da ogni lavoratore sarà di circa 600 euro nel 2015, come dire che gli statali renderanno nel 2015 i famosi ottanta euro ricevuti nel 2014, e vabbé. Si vuole invece affrontare qui il discorso, per l’appunto, ideologico. Come si sa, il governo Renzi gode di grande sostegno e popolarità, e come si sa è sostenuto quasi militarmente da alcune falangi di fedelissimi piuttosto acritici, soldatini sempre in piedi dei social network. E’ bene ascoltarli, perché sono loro a tradurre in parole nette l’ideologia corrente. Il più chiaro esempio di vulgata renzista di fronte al blocco degli stipendi pubblici (praticamente un taglio, specie se si pensa che il 2015 sarà il quinto anno consecutivo di blocco) è il seguente: “Gli statali hanno un lavoro”. Di più: “un lavoro fisso”. Che sia un lavoro pagato poco, sì, lo dicono anche loro (specie quando parlano di docenti, maestri e professori, notevole base elettorale) ma per ora è quel “posto fisso” che disturba, che offende, che indigna.
Prima lezione di ideologia: invece di battersi per un “posto fisso”, o almeno dignitoso e minimamente garantito per tutti, si demonizza chi ce l’ha. Insomma, il meccanismo è semplice: si prende un diritto che a molti è ingiustamente precluso e lo si chiama “privilegio”, additandolo al pubblico ludibrio. Ora ci sono due componenti di questa posizione altamente ideologica che si sposano mirabilmente. Il primo è la lenta, ma inesorabile, distruzione dell’immagine del dipendente pubblico. Una cosa che prosegue da anni e anni: è ladro, non lavora, va al bar, eccetera.
Il secondo dato ideologico è la vera vittoria del renzismo: aver trasferito l’invidia sociale ai piani bassi della società. Quella che una volta si chiamava lotta di classe (l’operaio con la Panda contro il padrone con la Ferrari) e che la destra si affannava a chiamare “invidia sociale”, ora si è trasferita alle classi più basse (il precario con la bici contro l’avido e privilegiato statale con la Panda). Insomma, mentre le posizioni apicali non le tocca nessuno (né per gli ottanta euro, né per altre riforme economiche è stato preso qualcosa ai più ricchi), si è alimentata una feroce guerra tra poveri. Una costante corsa al ribasso che avrà effetti devastanti. Perché se oggi un precario può dire al dipendente pubblico che è privilegiato, domani uno che muore di fame potrà indicare un precario come “fortunato”, e via così, sempre scavando in fondo al barile. Si tratta esattamente, perfettamente, di un’ideologia. Chissà, forse qualcuno farà notare che considerare privilegiato un professore a 1.500 euro al mese non è sano né giusto. Specie se a quel “posto fisso” così scandaloso sono aggrappati figli precari o mogli sottopagate, se quel “posto fisso”, insomma, è – oltreché un diritto che dovrebbero avere tutti – un surrogato del welfare che dovrebbe esserci – e non c’è.

11 commenti »

11 Commenti a “Il capolavoro di Renzi: l’invidia sociale trasferita ai piani bassi”

  1. sono comunista totalmente fuori moda

    “Perché quando il compagno Marx
    si portava ancora non male
    il nemico del popolo era
    il padrone ed il capitale,
    ma adesso che non va più
    e lo stato sociale è finito
    il nemico del povero è
    il più povero e così all’infinito
    il più povero e così all’infinito
    il più povero e così all’infinito”
    99 Posse Comuntwist

    da david   - giovedì, 11 settembre 2014 alle 08:13

  2. è tutto talmente vero quello che dice Robecchi che si fatica a pensare che l’articolo non sia sulle prime pagine dei giornali, in testa di qualsiasi dirigente politico,o se ne discuta sui luoghi di lavoro.Spiace dirlo ma ormai sono pura testimonianza quelle parole di Robecchi e forse aveva ragione Sanguineti quando parlava che la lotta di classe era presente nelle nostre vite ma purtroppo è stata talmente schiccante la vittoria dell’alta borghesia da lasciare solo cenere.

    da ALESSANDRO   - giovedì, 11 settembre 2014 alle 12:12

  3. vittoria dell’alta borgehsia ?
    “Over? Did you say over? Nothing is over until we decide it is! Was it over when the German’s bombed Pearl Harbor? Hell no! And it ain’t over now!

    da david   - giovedì, 11 settembre 2014 alle 15:19

  4. La figura dell’impiegato statale, bancario o anche delle grandi ditte è da sempre l’odiato nemico di tutti coloro che nelle piccole e medie imprese devono lavorare come indefessi perchè esposti alle intemperie del mercato libero.
    Si ricordi ad esempio il famoso nomignolo ‘travetto’ o il più ideologico ‘apparatschik’.
    Che poi il famoso 1% soffi sul fuoco ideologico aizzando tutti contro tutti mi sembra logico (dal loro punto di vista) ma assolutamente imbecille dal punto di vista del rimanente 99% …

    da Marco da Zurigo   - giovedì, 11 settembre 2014 alle 15:31

  5. Spiace davvero constatare che pianificare verso il basso sia proposto da un partico che si vanta. a mio vedere indegnamente, di essere di sinistra. Il lavoratore presta la sua opera per il bene del paese in primo luogo e quindi dovrebbe essere trattato da uomo e non da animale da soma. Lavorare con tranquillità, lontani dagli stress è un punto d’arrivo per ciascuno. Lo scandalo sono i 27 milioni di euro destinati a Montezemolo… Non ditemi adesso che Montezemolo non è mai andato a prendersi un caffè durante l’orario di lavoro.

    da Vittorio Grondona   - giovedì, 11 settembre 2014 alle 21:10

  6. Prima di tutto bloccarono lo stipendio agli statali,
    e fui contento perché lavoravano poco.
    Poi vennero a liberalizzare il precariato,
    e stetti zitto perché tanto loro sono giovani e possono aspettare.
    Poi si presero la cassa integrazione,
    ed io non mi lamentai perché la mia azienda andava bene.
    Poi tolsero l’art.18,
    e non dissi niente perché riguardava quei quattro gatti licenziati.
    Poi non rinnovarono il contratto agli interinali,
    ed io fui sollevato perché tanto loro erano già precari.
    Poi vennero a prendersi i diritti sindacali,
    non mi importò perché tanto il sindacato era solo una casta.
    Un giorno vennero a prendere me,
    mi licenziarono ingiustamente
    e non c’era rimasto più nessuno a protestare.
    Né uno Statuto dei Diritti a cui appellarmi.

    Liberamente tratto e ri-attualizzato da Bertolt Brecht
    (ma facciamo che non si avveri… del tutto!)

    da Gianguido Mussomeli   - lunedì, 15 settembre 2014 alle 11:37

  7. @Gianguido Mussomeli
    Si avvera, si avvera… E’ solo qestione di tempo e di leader baldanzosi e superbi dei mille giorni, tanto per cominciare… O di leader condannati, ma bene accettati ai tavoli etici nostrani solo perché capi di partito (sic): Questa è l’Italia del dopoguerra che siamo riusciti a mettere insieme ai giorni nostri. Sgretolamento completo del vivere da uomini.

    da Vittorio Grondona   - lunedì, 15 settembre 2014 alle 12:39

  8. dal Corriere.it di adesso, “Stipendi legati ai risultati” proposta di un imprenditore del mobile pordenonese, dice che se non vende mobili non paga gli operai che li hanno fatti (non fa una grinza)

    da david   - lunedì, 15 settembre 2014 alle 14:39

  9. un imprenditore ha ammazzato a colpi di arma da fuoco due lavoratori che “erano andati a riscuotere il denaro per un lavoro”
    (testualmente da LaStampa)

    da david   - lunedì, 15 settembre 2014 alle 16:09

  10. Robecchi, non condivido il suo punto di vista. Il dipendente della pubblica amministrazione non è inviso perché ha un posto fisso, ma perché quel lavoratore è illicenziabile. Avere il posto fisso e essere illicenziabili sono due concetti diversi. Il professore a cui le fa riferimento che guadagna 1500 euro al mese lavora certamente meno del bancario. Tra i professori a 1500 euro al mese ci sono anche quelli che insegnano in una scuola secondaria superiore avendo un semplice diploma e non la laurea, (sono tutti quei docenti di laboratorio) e non hanno alcun carico di lavoro aggiuntivo se non le ore settimanli di lezione e gli scrutini dove fanno solo tappezzeria. Ma anche chi è docente di materie teoriche può, volendo, fare il lavativo o offrire ai propri alunni un livello d’insegnamento mediocre senza che nessuno possa fare o dire nulla. Un professore di matematica potrà limitarsi ad insegnare la matematica in modo identico a quello con cui l’ha appresa al liceo, senza doversi aggiornare affatto, provi a fare questo nel mondo privato o da lei da giornalista. Analogamente, una docente d’italiano, certo non dovrà fare chissà quale sforzo culturale per insegnare le stesse cose che ha appreso al liceo in modo sufficiente o mediocre, le stesse cose che avrà ristudiato in modo approfondito all’Università per conseguire la laurea e che sono immutate da sempre perché la letteratura dei programmi ministeriali è quella. È lasciato alla sua buona volontà andare oltre e insegnare ai suoi alunni scrivere per il web o scrivere una email. Il trasmettere il suo sapere agli alunni, cioè in pratica tutta la pedagogia è un vero optional. Tutti i docenti dopo un paio di anni di lavoro hanno acquisito una dimestichezza tale da rendere il lavoro a casa per preparare una lezione quasi nullo, in alcuni casi è proprio zero. Cosa le posso dire oltre? Non molto tempo fa ho passato un periodo di convalescenza a casa in seguito ad un infortunio, nell’appartamento affianco al mio c’era una sede distaccata di un ufficio regionale, (ora trasferito per la spending review) beh le posso solo dire di aver udito con le mie orecchie i dipendenti che giocavano a carte e contavano i punti ad ogni mano. E questo accadeva non una sola volta ma spesso. Potrei aggiungere che ci sono dipendenti della pubblica amministrazione (comunali, provinciali, di uffici periferici) che nella “pausa caffé” fanno la spesa. Lei pensa che combattere questi comportamenti, diffusissimi, sia voler negare il posto fisso? Un cittadino normale vorrebbe solo che in tutti gli uffici pubblici vigesse lo stesso rigore e senso del dovere che vige nel mondo del lavoro privato. Questa non è invidia sociale, questo è senso civico che vige ovunque fuori dall’Italia

    da Domenico   - lunedì, 5 gennaio 2015 alle 19:39

  11. al punto 10. chissà che lavoro fa ,il 10

    da franco casini   - venerdì, 18 settembre 2020 alle 15:32

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