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sab
21
apr 07

Tre dischi per D: Ferry, Perry, Low

Bryan Ferry – Dylanesque (Virgin)

Ecco qui un vero dilemma filosofico: si può essere dylaniani senza restarne dylaniati? Brian Ferry dice la sua, con i suoi modi felpati, la voce da bel tenebroso e tutta la sensibilità pop di cui è capace, che è parecchia. Sacrilegio! Essenze preziosissime di dylanismo cantate e suonate come fossero “soltanto” canzoni? Poi, quando passa lo piazzamento, c’è da divertirsi. Perché Ferry esibisce una strabiliante impudenza. Con il peso di quelle canzoni sulle spalle, se ne frega alla grande e fa quello che vuole, che è un soave pop leggerino, convincente quando si posiziona nel blues, meno quando affronta capolavori epocali. Brian Ferry è bravo, sa che corre il rischio di fare un Dylan da piano-bar. Anzi lo fa davvero. Fosse anche – come diceva Jannacci – per vedere l’effetto che fa. Divertente.

Lee Perry – The Upsetter Selection (Trojan)

Se siete di quelli che scavano tra raccolte e greatest hits vi imbatterete in questo cofanetto con 45 canzoni che traccia la luminosa parabola di Lee Perry dai tempi dello ska a oggi. Lui c’era prima del reggae, è stato in prima fila nel dub e poi ha giocato con tutti i generi derivati. Insomma, dire Lee Perry è come dire la musica giamaicana dell’ultimo mezzo secolo, o giù di lì. Concentrare un simile entusiasmante viaggio in 44 canzoni pare impossibile, ma il risultato è comunque più che notevole: un disco facile da mettere ma poi difficile da togliere. Ottimo.

Low – Drums and guns (SubPop)

Low, banda di Duluth, oggetto di piccolo ma accanito culto e secondo alcuni pietra miliare dello slowcore, che tradotto alla meno peggio potrebbe significare che c’è un estremismo anche nella lentezza. Qui li troviamo in formato, se possibile, ancora più minimalisti. L’elettricità delle chitarre raramente sta in primo piano, la ritmica è elettronica e leggera, quasi nascosta, e le melodie vocali dominano, come sospese su un tappeto di suoni anche spigolosi, che sanno strappare e graffiare anche se soffusi. I fans del gruppo discutono sulla scelta stilistica e aggiungono un altro tassello al puzzle chiamato Low. Gli altri, possono provare.

1 commento »

Un Commento a “Tre dischi per D: Ferry, Perry, Low”

  1. cioè, tu eri roberto giallo??! ahauuahuuhaahahhuuahahauuhuu!
    (eran le recensioni che più mi invogliavano all’acquisto. quindi mi devi un fracco di soldi, sallo.)
    l’ultimo dei low, comunque mi piace.

    da iggy   - mercoledì, 17 ottobre 2007 alle 15:20

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