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mer
6
set 23

Stragi sul lavoro. Guerra da mille morti l’anno: profitti privati e perdite collettive

PIOVONOPIETRELe notizie dalla guerra sono frammentarie, occupano le pagine per qualche ora, o giorno, sull’onda dell’emozione, poi spariscono di nuovo fino al prossimo attacco e ai prossimi morti. La guerra del lavoro, intendo. Quella che fa ogni anno in Italia oltre mille morti, tre al giorno, più o meno, e alcune centinaia di migliaia di feriti, senza che nessuno vada in tivù quotidianamente a dare il bollettino, a fare una conferenza stampa con statistiche, dati, cause, nomi dei defunti, patologie o condizioni dei feriti. E soprattutto responsabili.

La tragedia di Brandizzo, per restare alla cronaca, rivela ad ogni ora che passa anomalie, dolo, stratagemmi produttivi, cose che non si possono fare (ad esempio stare sui binari finché passano i treni) ma che si fanno lo stesso, perché i tempi sono stretti, se non si lavora in fretta si erode il profitto, la ditta appaltatrice subappalta a un’altra, che subappalta a un’altra ancora, e via così a cascata, cosa che nell’edilizia, per esempio, è una prassi consolidata. In Piemonte, sempre per restare in zona, la probabilità che un’azienda subisca un controllo dell’Ispettorato del Lavoro è di una visita ogni vent’anni, perché le aziende sono tante e i controllori pochi, pochissimi. La più giovane delle vittime di Brandizzo, Kevin Laganà, 22 anni, era assunto a tempo determinato, prendeva ottocento euro al mese, era insomma, una recluta mandata al fronte. Un fronte – quello del lavoro – dove la sicurezza dei soldati è considerata un costo, un rallentamento, una rottura di palle, una seccatura.

Luana D’Orazio, 22 anni, venne risucchiata dall’orditoio su cui lavorava (era il 2021), in un’azienda tessile di Montemurlo (Prato), perché alla macchina era stata tolta una griglia di protezione che rallentava la produzione – si disse in sede di indagini – dell’otto per cento. Dunque la vita di una ragazza di ventidue anni è perfettamente calcolabile in una frazione del fatturato e del conseguente profitto, che è considerato variabile indipendente, mentre tutto il resto – dalla qualità della vita di chi contribuisce a produrlo, alla sua salute, alla sua sicurezza – è considerato variabile dipendente, cioè sacrificabile a piacere.

Se la metafora della guerra non vi piace – lo capisco – aggiungerò questo, come nelle guerre è l’obiettivo che conta, e l’obiettivo è il famoso Pil, territorio da aumentare e conquistare, consolidare, allargare, e se per farlo servono sacrifici umani e perdite, beh, pazienza. Se la tensione securitaria –

lo scandalo e la paura per la piccola delinquenza, per lo scippo, per l’aggressione – che ogni giorno leggiamo sui media si contagiasse al mondo del lavoro, alle vittime che cadono su quel fronte, non ci basterebbe la carta da stampare, e quindi pare un’autodifesa della società considerare le morti sul lavoro come tragiche fatalità, incidenti, disgrazie senza veri colpevoli, tipo il tamponamento in autostrada. Un costo accettabile, insomma. Con il vantaggio, che risparmiare sulle norme di sicurezza aiuta quasi sempre il profitto privato, mentre il costo sociale (comprese le cure del Servizio Sanitario Nazionale per centinaia di migliaia di feriti) pesa su tutta la comunità, un’altra clamorosa conferma della prassi nazionale: i profitti sono privati e le perdite sono di tutti. Se le aziende che producono morti e feriti dovessero, una volta accertate le responsabilità, pagare le spese sanitarie e iscriverle a bilancio, la sicurezza diventerebbe – allora sì – una priorità. E avremmo meno morti sul fronte del lavoro.

3 commenti »

3 Commenti a “Stragi sul lavoro. Guerra da mille morti l’anno: profitti privati e perdite collettive”

  1. Bravo Robecchi, mi sembra un’idea fantastica per ridurre il numero di morti e feriti sul lavoro: far pagare al datore di lavoro le spese mediche e di riabilitazione dei feriti e un pingue indennizzo alle famiglie dei morti. Subito un decreto legge!!!! Se ne hanno fatto a spron battuto uno sui rave, per una cosa così importante lo faranno in una settimana!!

    da Liliana   - mercoledì, 6 settembre 2023 alle 12:40

  2. Un’analisi perfetta, in effetti se più che tassare gli extra profitti si facesse pagare alle aziende il costo sociale, sono convinto anch’io che avremmo moltissimi morti e feriti in meno sul lavoro, come si può dire ? se facciamo la pace non ci sono più morti in guerra.
    Grazie

    da MARCO PIERMARIA FERRARI   - mercoledì, 6 settembre 2023 alle 12:49

  3. Stavano preparando la solita difesa d’ufficio delle ferrovie e spunta fuori il video che “se dico treno buttatevi di là” sicurezza 4.0…l’importante è arricchirsi sempre di più,le vittime?Effetti collaterali purtroppo seriali!

    Infine,ottima la sua idea di far pagare all’impresa i morti,i feriti e gli invalidi permanenti,soprattutto quando viene accertata la colpevole e criminale responsabilità.
    Ho una certa età però… chissà se una tale legge,decreto che sia lo vedrò mai!

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 6 settembre 2023 alle 14:25

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