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mer
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lug 23

Avanspettacolo e noia. Il marketing dello “sgarbismo” ormai ha stufato

PIOVONOPIETREChissà se un giorno potremo finalmente occuparci dei meravigliosi e popolarissimi danni operati sul tessuto culturale del Paese di un antico elettrodomestico novecentesco chiamato “televisione”, una cosa che ha prodotto alfabetizzazione e cultura, certo, ma che ha prodotto anche Sgarbi, per dirne uno, e quindi è lecito pensare che forse non tutto è andato per il verso giusto. Con grande divertimento si leggono oggi cronache e ricostruzioni e critiche sull’ultima performance del vetusto showman, liso e prevedibile come una gag dell’avanspettacolo. Chi tira di qua, chi tira di là, chi pigola un po’ ridicolo “Perché lo fai, Vittorio?” (spoiler: lo fa da trent’anni e passa), chi ne sottolinea la spudorata impunità, chi ne condanna la volgarità, come se potesse esistere uno Sgarbi senza volgarità, figurarsi.

E dunque prendersela con lui non ha molto senso: costruito dalla tivù e per la tivù, Sgarbi incarna quella tendenza all’iperrealismo che serve per brillare sullo schermo: nessuna realtà è abbastanza reale, bisogna “pettinarla”, come dicono quelli del mestiere. Se hai una storia devi esagerarla, se hai un personaggio deve debordare. E dunque risultano sempre un po’ ridicole le scuse e le giustificazioni del giorno dopo: se inviti Sgarbi avrai quella cosa lì, se inviti un mangiafuoco sporcherà tutto di benzina, se inviti un gregge di pecore sai che poi dovrai spazzare per bene lo studio. E non deve ingannare che l’ultimo gettonatissimo show si sia svolto in un museo anziché in televisione: la logica è quella, e da tempo ha debordato dall’etere per tracimare nella società.

Naturalmente non si tratta di Sgarbi, che usiamo qui come esempio di scuola. Si tratta piuttosto di una costante opera di malintesa provocazione, un “épater le bourgeois”, dove “le bourgeois” non si scandalizza per niente, anzi si fa una risata, perché conosce il meccanismo, e si incantano invece le masse poco scolarizzate che apprezzano chi urla di più e chi dice “cazzo”. E in soprammercato cascano come polli nella trappola della “competenza” in altri campi. In un Paese così ricco di capolavori, per esempio, pochi sanno guardare un Caravaggio, pochi sanno vedere le magie di un Giotto, e così ecco che quando arriva uno che te li spiega (che te li spiegava) come farebbe un onesto professore di storia dell’arte, né bravo né cattivo, né più né meno, sembra che arrivi la scienza infusa.

Sgarbi dunque non è Sgarbi, sarebbe troppo semplice. Egli è piuttosto il suo posizionamento, meditato e calcolato, sulla platea pubblica: la trovata furbetta che in una discussione quasi sempre paludata e prudente, tendente al monocorde, se arriva uno che dà fuori di matto lo noteremo tutti, lo chiameranno ancora. Questo prima che la recita diventasse così scontata e già vista, prima di rivelarsi per quello che è: un semplice certificato di esistenza in vita. E la prova è che, se togli gli insulti, le diffamazioni sparse, le volgarità da bar, di quello che dice Sgarbi non si ricorda nessuno, non resta un concetto, una teoria, una tesi: quel che dice Sgarbi è l’immagine di Sgarbi, tutto lì. Non è molto.

Marketing, dunque. Posizionamento del prodotto sugli scaffali, vernicetta accattivante, confezione (che fu) innovativa, coperta e protetta però da ruoli istituzionali, sindaco di questo e di quello, sottosegretario, deputato, insomma impunito e impunibile. E superato da se stesso, perché ormai non è Sgarbi che fa ridere, ma il finto pentimento del giorno dopo: non dovevamo invitarlo. Fino alla prossima volta. Che noia.

5 commenti »

5 Commenti a “Avanspettacolo e noia. Il marketing dello “sgarbismo” ormai ha stufato”

  1. A volte realtà e verosimile si fondono: potrei fare almeno una dozzina di nomi fra i protagonisti dell’attualità politica e descriverli come hai fatto tu con Sgarbi nell’articolo: fatti dalla TV per la TV. Allo stesso momento resto sgomento dalla mia paralisi nel distinguere tra queste persone pseudoreali con quelli dei tuoi romanzi della saga Monterossi, a cui la vittima di questa storiaccia sembra (ma solo nel suo ambito) somigliare per atteggiamento.

    da Carginone   - mercoledì, 5 luglio 2023 alle 08:24

  2. Forse mi ripeto, ma il Robecchi è davvero uno che scrive bene assai
    Naturalmente ha descritto e illustrato benissimo il mio stesso pensiero: Sgarbi non lo ascolto più dai tempi dei litigi col signore chiatto chiatto che poi si pentì e sta ancora facendo penitenza, credo
    Grazie e auguri di ogni bene
    Vitt

    da Vitt manino   - mercoledì, 5 luglio 2023 alle 10:27

  3. Concordo con quanto scrivi, soprattutto la parte relativa all’onesto professore di storia dell’arte : considerare Sgarbi un grande critico d’arte significa restare vittime del marketing.
    E non so neanche se l’aggettivo onesto sia appropriato, l’ho sempre trovato un po’ bolso.

    da dedalus   - mercoledì, 5 luglio 2023 alle 11:16

  4. Secondo me è soprattutto molto furbo. Uno che al massimo poteva aspirare a fare il prof. di storia dell’arte si è ricavato un fior di posto a vita e ultrapagato (da noi). Chiamalo scemo! Gli scemi sono quelli che lo guardano, ascoltano e applaudono

    da Liliana   - mercoledì, 5 luglio 2023 alle 17:19

  5. Per una volta sono d’accordo con la Fornero, penso che sarà l’unica volta nella vita…per ciò che riguarda il giullare della dx e il suo degno compare musicale,ma vado al di là,sapendo di quella presenza al Maxxi me ne sarei tenuto ben distante,altro che alzarsi contro il solito vomito verbale.

    Detto ciò

    Il giullare così utile alla dx non poteva smentirsi,in compagnia dell’altro fenomeno hanno tirato fuori gli attributi…cazzuti vero? E giulin,giulello,la faccia buona della dx in Tv a cadere giù dal pero,wonderful dx,davvero una meraviglia…

    da Serentha Ivo   - mercoledì, 5 luglio 2023 alle 18:07

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