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mer
14
set 22

Voto. La povertà? Per carità: non è chic parlarne non campagna elettorale

PIOVONOPIETREPiano piano, in punta di piedi, senza clamore, senza grossi traumi, la questione della lotta alle diseguaglianze ha abbandonato la campagna elettorale, rifugiandosi in un luogo nascosto e ombroso dove non darà fastidio a nessuno, un po’ polemica strumentale e un po’ manuale di conversazione. Come capita sovente, non è il problema che scompare (anzi!), ma la sua utilità nel dibattito, quindi via, via, archiviare. Restano in campo, vagamente collegate all’argomento, le polemiche funzionali ai vari schieramenti, per esempio sul reddito di cittadinanza: chi lo vuole abolire, chi lo vuole mantenere (e per questo è addirittura accusato di voto di scambio, divertente paradosso per cui se fai qualcosa in difesa dei cittadini e loro ti votano per quello, non va bene); chi insiste sulle truffe (un po’ come se si abolissero le pensioni perché c’è chi si frega quella della nonna defunta e congelata), chi si arrampica un po’ sugli specchi. Qualche sondaggio, ad esempio, deve aver acceso un faro sull’impopolarità dell’abolizione secca, visto che anche le forze fino a ieri contrarissime al reddito, virano oggi verso una più moderata “modifica”. E’ il caso, per esempio, di Azione, che se la cava con quella formuletta facile del “superamento” e della “revisione”, dimenticando che solo fino a qualche giorno fa uno dei due soci in ditta annunciava la raccolta di firme e un referendum per cancellarla per sempre. Imbarazzo comprensibile tra i fans azionisti quando glielo ricordi.

Insomma, espulsa dalle politiche sociali e dalle proposte strutturali, la povertà è tornata ad essere un incidente quasi inevitabile, buona sì per qualche sussulto di indignazione passeggero – un po’ di retorica – ma troppo complicata per essere al centro della discussione politica. Con qualche risvolto grottesco, anche, come il surreale dibattito sul grado in meno dei caloriferi per ripararci dal caro-bollette, senza mai dire che gli italiani che hanno abbassato il riscaldamento di un grado, anche due, anche cinque, anche del tutto, sono sempre di più, e non da oggi. E’ come se ci fosse un vizio atavico e irrisolvibile, per cui quando si parla delle spese “degli italiani” (tutti uguali, tutti sommabili in una massa indistinta non troppo diseguale) ci si riferisse solo e soltanto a una specie di generalista “ceto medio”: la larga fetta di popolazione scivolata alle soglie della povertà non è contemplata. Da qui, una sorta di incoraggiamento da rotocalco al risparmio “glamour” e modaiolo (Uh, i mercatini dell’usato, che sciccheria! Uh, la doccia fredda, quanto fa bene!). Insomma si piega la questione della povertà, e della neo-povertà, a una specie di gioco di società, con conseguente passaggio dalle pagine dell’economia, o della politica, a quella degli “stili di vita”.

Persino di quella spaventosa tabella Osce che ci ricorda il disastro salariale italiano negli ultimi trent’anni non si parla quasi più, se non per una specie di scambio di prigionieri: un pochettino più di salario (forse), e un po’ meno tasse per gli imprenditori (di sicuro) che va sotto il nome di cuneo fiscale. A parte minuscole e lodevoli eccezioni, insomma, l’impoverimento della società italiana non è stato al centro del dibattito elettorale, se non per qualche benemerita uscita ideologica à la Briatore: “Mai visto un povero creare posti di lavoro” (sic), o il vecchio refrain liberal-liberista sulla piaga dell’”invidia sociale”, che rende i poveri e gli impoveriti non solo colpevoli della loro povertà, ma pure cattivi e invidiosi. Ecco fatto.

2 commenti »

2 Commenti a “Voto. La povertà? Per carità: non è chic parlarne non campagna elettorale”

  1. Bravo, in pochi ricordano quanti siano i tanti poveri in particolare nelle grandi città. La mia onlus di occupa di periferie e so benissimo la tragedia di tante famiglie e la difficoltà di vivere e di mantenere i figli

    da Grazia Casagrande   - mercoledì, 14 settembre 2022 alle 08:24

  2. Ok tutto condivisibile, i poveri stanno aumentando e con le aziende che chiuderanno a breve diventeranno ancora di più, del resto con i pidini a governare quasi sempre dal 2011 anche chi lavora è diffusamente misero.
    C’è un discreto interrogativo però, questo discreto esercito di poveri non va più a votare, scelta loro, ma s’aspettano che i sorrate d’Italia riuniti facciano qualcosa per loro? Sento dire che molti operai si rivolgono alla sorrate direttamente, auguri ne hanno bisogno…
    Io scommetto che tra qualche anno i ricchi saranno sempre più ricchi, senza benefici per quei poveri che non creano posti di lavoro…
    Magari con una flat tax che aiuta i facoltosi a risparmiare, tanto per continuare il trend di pisciare sulla testa ai poveracci!

    Lasciamo che la fiamma sotto al simbolo arda ancora…

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 14 settembre 2022 alle 12:37

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