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gen 21

Gli studenti, dimenticati da tutti, forse perché non incidono sul Pil

PIOVONOPIETRE“Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere”. Bello, eh? Piero Calamandrei, un padre della Patria. Giusto. Bravo. Ma quando? Si era detto, per le superiori, per esempio, il 7 gennaio, con densità del cinquanta per cento, a rotazione. Poi alcune regioni… Poi qualche partito… Poi di nuovo le regioni… Insomma facciamo l’11, o forse dopo, vediamo. Che poi dipende pure da dove abiti, quale tattica di sopravvivenza ha scelto il presidente della tua regione usando chiusure e aperture come pedine dei suoi scacchi, dagli equilibri romani di qualche palazzo o palazzetto, o segreteria, da qualche corrente, eccetera eccetera. Insomma, ‘sto fatto dei sudditi e dei cittadini sì, è bello, ma magari lo rinviamo un po’, perché qui non funzionano gli autobus.

Pare infatti accertato che il problema non sia la scuola, nel senso delle lezioni in presenza (bassa percentuale di contagi, secondo l’Iss), ma il modo di portarci studenti e insegnanti che affollano – maledetti – i mezzi pubblici. E’ un problema ben noto, almeno dal primo lockdown, che rimane intatto, intonso, irrisolto. Eh, che ci vuoi fare, il problema sono i mezzi pubblici.  Dieci mesi dopo: Eh, che ci vuoi fare, il problema sono i mezzi pubblici. Cioè ministri, “governatori”, sindaci della settima potenza mondiale (?) in dieci mesi non sono riusciti ad architettare un modo serio e sicuro per portare la gente a scuola. Mi appello alla clemenza della Corte.

Ma poi, al di là delle tattiche e delle strategie, delle aperture annunciate e rinviate, del gioco a rimpiattino tra potere centrale e potere locale, la cosa che emerge è un pensiero di fondo, sotterraneo e, se così si può dire, trasversale, inconfessato ed evidente, un retropensiero tenace: lo studente non produce reddito, non aiuta il sacro Pil, quindi nella scala delle priorità finisce ultimo. Il divario tra narrazione e realtà è, in questo caso, clamoroso, una voragine. Da un lato il coro unanime “ragazzi studiate!”, e quando protestano o fanno un corteo “Non hanno voglia di studiare!”. E poi, nei fatti, eccoli chiusi dietro collegamenti precari, con mezzi tecnici spesso inaffidabili, quando ce li hanno, nuovo (ma prevedibilissimo) discrimine di classe che si condensa nel gap tecnologico immenso tra ricchi e poveri. Ma anche di più: sospesi in un limbo di invisibilità, circonfusi da un’aura di sospetto e di colpa imminente: “Vuoi far morire il nonno solo per seguire una lezione? Che egoismo!”.

Non si può dire quali effetti avrà questa sospensione della vita sociale e culturale di qualche generazione: per valutare le ricadute psicologiche ci vorrà tempo. Qualche conteggio più tecnico, invece si potrà fare presto, perché il calcolo della dispersione scolastica è abbastanza semplice di anno in anno. L’Italia sta messa bene, grazie, ai primi posti in Europa, la percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che ha mollato prima del diploma è del 13,5 per cento (Eurostat, 2019), e aumenterà senza dubbio. Significa decine di migliaia di italiani ogni anno destinati a lavori a bassa specializzazione, spediti ad affollare i piani bassi del mercato del lavoro, culturalmente deboli, insomma, una massa di manovra piuttosto utile. Quando saranno non più studenti, ma garzoni, precari di ogni tipo, lavoratori interinali, a intermittenza o a chiamata, allora potranno affollare i mezzi pubblici senza problemi e senza clamori per andare a lavorare. Ditelo a Calamandrei, bella quella cosa dei cittadini e dei sudditi, ma non è il momento, eh!

5 commenti »

5 Commenti a “Gli studenti, dimenticati da tutti, forse perché non incidono sul Pil”

  1. Sono un insegnante di Liceo. 64 anni abbondantemente compiuti. Ho classi di 25-30 alunni stipate in aule senza distanziamento e neanche vie di fuga per l’emergenza. La mia scuola è un’ex casa di cura annessa ad un albergo. Quindi niente aula magna e corridoi ampi. 5 piani, 1 ascensore, 600 alunni nella sede principale.
    Al primo alunno positivo, a casa per 15 giorni classe ed insegnanti. L’esperienza ha già dimostrato che in capo a 3 settimane non si riusciva più a sostituire i colleghi lasciando le classi scoperte. L’intervallo all’esterno era abolito ed i ragazzi restavano chiusi in classe per 6 ore.
    Potrei continuare ma mi fermo.
    Solo, voglio dire che la posizione ideologica di riaprire le scuole è sacrosanta, io stesso farei volentieri il vaccino oggi stesso e tornerei in aula di corsa.
    Ma, per piacere, l’atteggiamento per cui tutti i problemi sono di facile risoluzione basta volerlo non mi piace. Provate a calarvi nella realtà, affrontate i problemi pratici e poi proponete le facili soluzioni, se ne esistono. Ma a quel punto dubito che sia così facile trovarle.

    da Gianfranco Gurnari   - mercoledì, 6 gennaio 2021 alle 09:51

  2. Prendo atto della testimonianza del Prof.Gurnari, la realtà di ristrettezza degli ambienti scolastici è diffusa ma non penso che sia tutta così,per quanto sia difficile turnare,nel tentativo di ridurre gli assembramenti sui mezzi pubblici,direi che questa via sia l’unica da intraprendere,altrimenti i quasi due anni di blackout istruttivo creerà molti problemi di preparazione a questa generazione.

    Affermare che la scuola non fa Pil,come qualcuno scioccamente pensa, equivale a guardare il dito che indica la luna,l’impreparazione che sta creando questa sciagura di virus,si ripercuoterà sulle capacità dei giovani alle loro future attività,quelle a livello di qualità e nello stesso tempo molti di loro saranno obbligati alle attività meno qualificanti,diventando e aggiungendosi ai nuovi lavoratori poveri senza tutele.

    Fa bene la Ministra Azzolina a insistere sulle rispettive aperture nei prossimi giorni,ove sia possibile naturalmente.

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 6 gennaio 2021 alle 10:46

  3. Dirigo una azienda di autobus: 170 conducenti, 140 autobus, vi garantisco sul mio onore che abbiamo iniziato a lavorare nel mese di luglio per sistemare i turni degli uomini, attrezzato gli autobus con separatori ed indicazioni visive di capacità del mezzo; discusso all’infinito con provveditori, Presidi, Prefetti, cercando di soddisfare le esigenze di ognuno, ma nulla. Ognuno deve mantenere vivo ed attivo il proprio interesse, non si può allungare l’orario, non si può lavorare la domenica, non si toccano i pomeriggi dove i professori fanno lezioni private pagate cash. Un autobus costa poco più di 200 mila euro, lo si deve ordinare e ci vogliono sei mesi per costruirlo, ma se si “vuole viaggiare gratis” perchè tutti i portoghesi rispondono “ma i 5 stelle hanno detto che l’autobus è gratuito” qui il problema si blocca e non si risolverà MAI

    da Vezio Guidobono   - lunedì, 11 gennaio 2021 alle 13:23

  4. So che il problema non si risolve in 5 minuti. Ma utilizzare pullman turistico, o dell’esercito o reperiti qui e là, in un anno, non era così fantascientifico, eh. Che poi dire che i problemi del trasporto pubblico in Italia derivano da “i 5 stelle” che non vogliono pagare il biglietto mi sembra un po’ assurdo

    da Alessandro   - lunedì, 11 gennaio 2021 alle 13:26

  5. Un autobus turistico costa dai 300 ai 350 euro al giorno, ha una capienza molto più ridotta rispetto ad un mezzo di linea, in cifre 28 posti a sedere con distanziamento rispetto ai circa 45 complessivi di un bus di linea, e le affermazioni fatte ai controllori sono tutte dello stesso tenore. una corsa di linea per un vettore TPL cuba circa 2,5 euro al km ed i media un conducente guida meno di 100 km al giorno. Se poi Alessandro vuoi venire a gestire 170 uomini il posto è qui

    da Vezio Guidobono   - martedì, 12 gennaio 2021 alle 10:41

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