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nov 20

Pandemia e vip, la cura del virus è diventata un vero status symbol

PIOVONOPIETREOgni tanto fa bene rileggere i classici, ripercorrere testi antichi, ritrovare righe dense e dimenticate, tipo queste: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. (Autori Vari, Costituzione della Repubblica Italiana, 1947). Magari, rileggendo quella antica letteratura di fantascienza comodi comodi sul divano, si può attendere la pattuglia volante del San Raffaele di Milano, visita, radiografia, esami del sangue e saturazione: appena 450 euro, un affarone. Prima però, una visita online, al telefono o su Skype per i più aggiornati tecnologicamente: 90 euro. Questo per dirvi se avete il Covid. Per curarlo, poi parliamone (Questa casa è sua? Ha miniere in Messico? Soldi da parte?).

Segue polemica, ovviamente (non ci viene risparmiato nulla), perché è seccante che la pandemia diventi un business, ma soprattutto è seccante (eufemismo) constatare la differenza tra il trattamento che riceve chi sborsa oltre 500 euro e chi invece imbocca il tunnel burocratico-sanitario di telefonate al medico, indicazioni sommarie (tachipirina, non cortisone!), attese snervanti, code per i tamponi, autoreclusioni per attendere l’esito.

Il risultato è che in una situazione delicata e pericolosa per tutti, la forbice delle diseguaglianze si allarga ancora. Come sempre la Lombardia fa scuola, il San Raffaele resta epicentro della cosmogonia formigoniana, il professor Zangrillo, che lì opera, invita a non affollare i pronto soccorso e curarsi a casa. Insomma, è l’oste che consiglia il vino.

Contemporaneamente, chi volesse, nella ridente città di Milano, procurarsi una dose di vaccino antinfluenzale, farà parecchia fatica rimbalzando come una pallina da flipper tra medico di base (Eh? Uh? Cosa?) e Ast, sportelli e code, anche avendone diritto in quanto categoria a rischio. Con una telefonata e 123 euro, invece, ecco la visita privata con vaccino incluso: tempi di attesa per l’appuntamento, cinque giorni. C’è anche la tariffa “smart”, solo 70 euro, ma i giorni di attesa diventano 15. Tempo (vostro), in cambio di soldi (sempre vostri). Finirà con una rivoluzione nell’empireo costoso degli status symbol: non più l’orologio, il telefono, la macchina, la casa al mare, ma il tampone in tempo reale, il vaccino sicuro, la visita domiciliare di un medico, addirittura di un’équipe, meglio di ostriche e champagne.

Ora, scandalizzarsi per tutto questo pare un po’ ingenuo: come durante il proibizionismo, il whisky si trova lo stesso, solo un po’ più caro. E del resto tra la medicina sul territorio e la terapia intensiva c’è questa grande terra di nessuno, un po’ incolta, un po’ incerta, faticosa da attraversare, dove il privato si getta come un cercatore d’oro. E questo è lo stato delle cose.

Ora sappiamo che più o meno in primavera (faccio una media tra le previsioni) ci sarà il problema (speriamo) del vaccino anti-Covid, e viene da chiedersi se le cose funzioneranno allo stesso modo. Cioè se dovremo rincorrere la nostra iniezione di tranquillità, rincorrerla, telefonare a raffica, chiedere agli amici – oppure pagare, corsia preferenziale per cittadini solventi.

Insomma, quando (e se) arriverà il famoso vaccino (uno dei), si potrà controllare in modo rapido – tipo tampone di Zaia – se l’articolo 32 della Costituzione ha ancora un senso, oppure se avremo le solite cronache di vip, milionari e calciatori che esibiscono lo status symbol dell’immunità acquisita, pagando s’intende.

3 commenti »

3 Commenti a “Pandemia e vip, la cura del virus è diventata un vero status symbol”

  1. Che schifo!che schifo!che schifo! Eppure la gente li continua a votare,peggio sono e più vanno avanti

    da Serena   - mercoledì, 18 novembre 2020 alle 09:23

  2. A me pare molto difficile che sul vaccino anticovid,qualsiasi sia,la regione Lombardia o qualsiasi altra dello stivale possa concedere posizioni classiste nel contrastare la pandemia,anche se chi è ricco le corsie preferenziali le trova eccome.
    Innanzitutto perché inizieranno con le persone over 65-70,quelle più a rischio ovviamente,e via,via verso tutti gli altri,sino ad arrivare ad avere una copertura per la fine del prossimo anno e del 2022.
    La cronaca che ha descritto sulla condizione semi privata della regione più ricca d’Italia,ormai l’abbiamo conosciuta molto bene con l’infezione,constatando la penuria di posti di terapia intensiva,a furia di concedere investimenti ai privati,la sanità per tutti i comuni mortali è risultata scarsa per affrontare l’emergenza.
    Ci auguriamo tutti quanti che questa strada abbia fatto riflettere la politica di oggi e soprattutto del domani,sulla sanità non si può risparmiare,tutto dovrà essere organizzato,il possibile ovviamente, nell’affrontare un Paese che sta invecchiando, altrimenti se questa esperienza non sarà recepita dalle istituzioni,il prossimo passo sarà il sistema statunitense,chi ha soldi e polizze sarà curato,gli altri accompagnati a morire nel modo meno impietoso possibile.
    Attenzione però,chi ha un lavoro e una polizza negli States non ha problemi,ma se si perde l’occupazione e se si diventa malati cronici per molti anni, l’assicurazione ti scarica in un nanosecondo.

    Infine,auguro a Gino Strada e alla sua organizzazione buon lavoro,riuscire a lenire le sofferenze della Calabria aggiunge meriti a Emergency,anche se soprattutto dall’attuale opposizione c’è chi storce il naso,ad usare un eufemismo,per costoro un pericoloso comunista non può aiutare l’Italia,tanto so già come andrà a finire “passata la festa gabbato lo santo”,ma Gino lo sa già…

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 18 novembre 2020 alle 09:36

  3. MALEDETTIII!!!
    Quelli che la libertà di scelta nella cura è un diritto, così i soldi pubblici vanno al privato sotto forma di convenzioni ecc. e alla fine paga sempre pantalone: cioè il/la lavorator* dipendente che non potendo evadere paga tutte le tasse e paga quindi anche la sanità dei briatore di turno, che hanno guadagnato quest’estate infettando mezza Italia con la discoteca del cazzo (o altra attività la cui “utilità” è del tutto privata e personale) su cui non pagano tasse perchè dichiaratamente in perdita (?!?) e poi invece di andare in galera per procurata infezione epidemica dolosa (non colposa) si beccano pure i “ristori” perchè poverini non possono lavorare a causa della pandemia che hanno grandemente, fraudolentemente, e volotariamente contribuito a provocare. Chiusura del cerchio della libertà d’impresa, che consiste quasi sempre per costoro, amici degli amici, nella privatizzazione personale degli utili e nella socializzazione criminale dei danni provocati. …E dire che in costituzione si parla di…”iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana….” art.41…mi pare!

    da aldo rotolo   - sabato, 21 novembre 2020 alle 13:23

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