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giu 20

Confindustria. Liberisti (coi soldi nostri) e vittimismi “all’arrembaggio”

PIOVONOPIETRESe grattate via la polvere, lo struggente dibattito se Conte si farà un suo partito, le baruffe interne ai 5s, le valigette venezuelane disegnate coi trasferelli, lo spettacolino quotidiano delle destre melon-salviniane, insomma, se togliete il rumore di fondo, la melodia risalterà abbastanza chiara. Quello di cui si parla, malamente perlopiù, è il disegno che si può dare al Paese, nei prossimi anni e forse decenni, facendo nuovi debiti, certo, ma per una volta, si direbbe, non per tappare i buchi, ma per rilanciare.

Dunque, a dispetto di quelli che destra e sinistra non esistono più, e le ideologie sono morte, eccetera eccetera, c’è uno scontro in atto tra visioni del mondo – o almeno della gestione economica di una società complessa, che è la stessa cosa – contrapposte e differenti. Il quotidiano punzecchiamento di Confindustria al governo Conte, un pressing duro e dai toni non proprio diplomatici (“La politica che fa più danni del Covid”), tradisce un certo nervosismo. Tanti soldi in arrivo, il timore di non avere un governo automaticamente amico, come sempre avvenuto in passato, suggerisce agli industriali una strategia aggressiva, ma anche un po’ passiva, insomma, il tradizionale vittimismo seguito dal grido “all’arrembaggio”.

Il nemico è sempre quello, il fantasma dell’”ingresso dello Stato nell’economia”, per cui una volta (illo tempore) si deploravano Alfasud e panettoni, e oggi si fanno altri esempi. Come dice il capo Bonomi, Ilva e Alitalia sono la dimostrazione dei disastri della gestione pubblica. Dimentica forse che l’Ilva fu salvata dai disastri di un privato, che ora la gestisce una multinazionale privata che chiede prebende e sconti un giorno sì e l’altro pure. Quanto ad Alitalia, di capitani coraggiosi, e generosi imprenditori, e impavidi investitori poi atterrati coi piedi per terra si è perso il conto. E si è perso il conto anche dei sedicenti leader e capi di governo dell’epoca che esultavano per aver dato un’azienda sana ai privati e aver accollato i debiti a tutti noi. Una prece.

Ma sia: per condurre la sua battaglia, il fronte liberista (coi soldi nostri) usa due argomenti forti: la burocrazia e l’assistenzialismo, due cose brutte e ripugnanti al solo pronunciarle, tanto che nei talk politici alla parola “burocrazia” escono tutti con le mani alzate e si arrendono. E’ un buon argomento, insomma, popolare. Ma raramente si pensa, poi, che molta burocrazia vuol dire controlli, procedure, fare le cose secondo certe regole, e la pretesa di “cancellare la burocrazia”, come si sente dire ogni tanto, copre il desiderio, nemmeno nascosto, di far fuori le regole. Tutto più snello, tutto più veloce, tutto naturalmente meno trasparente e più infiltrabile da interessi zozzi.

La guerra del fronte padronale all’assistenzialismo, poi, è poderosa. Per mesi abbiamo assistito al bombardamento sul reddito di cittadinanza, sui casi di cronaca, sui furbetti, su quelli che stanno sul divano, eccetera eccetera. Il sottotesto (macché, il testo!) è che si spende per assistere le fasce più deboli invece di dare quei soldi a loro – loro la luminosa imprenditoria – che le farebbero lavorare. Una tesi che ha buona stampa, come si dice, cioè l’appoggio quasi monolitico dell’informazione. E così quando l’Inps comunica di aver scovato più di duemila aziende che facevano pasticci con la cassa integrazione, e migliaia di assunzioni predatate di parenti e amici per prendere soldi in modo truffaldino, la notizia è stata sepolta, lontanissima dalle prime pagine.

6 commenti »

6 Commenti a “Confindustria. Liberisti (coi soldi nostri) e vittimismi “all’arrembaggio””

  1. Un post da scolpire nella pietra

    da enrico   - mercoledì, 17 giugno 2020 alle 10:04

  2. Condivido al 100%.

    Mi sento però di fare un piccolo appunto, spesso si corre il rischio di cadere nella stessa fallacia di chi criticando l’Unione Sovietica pensa di criticare il socialismo.

    L’Unione Sovietica in questo caso è Confindustria, mentre il socialismo è rappresentato dai liberisti (più o meno del web). Un bel capovolgimento.
    Nonostante nessuno dei due mi stia particolarmente simpatico, fatico a non trovarmi d’accordo con un Cottarelli che dice che una giustizia lenta che libera Carminati o un condono nel piano Colao sono inaccettabili.

    Il copione, ormai, è di mandare avanti il Milton Friedman di turno che sottolinei le storture attuali, e nelle soluzioni ci si fa scappare un condono qui, un abuso edilizio lì, meno tutele ai lavoratori e incentivi alle imprese senza ragione… Quando poi inizia ad essere chiaro che le proposte “liberiste” sono più corrotte della Russia di Bulgakov, allora si immola il profeta in favore del prossimo Milton Friedman che dirà le stesse identiche cose. Come se ad essere criticata non fosse una sua copia sgualcita. Una volta il luminare era Tremonti, poi Monti, poi una parentesi Boldrin chiusa sul nascere dai prodigi di Giannino. Turno di Renzi, appoggiato pure da Zingales, che lo scomunica prima che si autodistrugga. Ora abbiamo Cottarelli, che tra qualche Gaffe sul Montanelli “che amava la libertà e la democrazia” e sui vantaggi del sorpassare a destra in autostrada non sarà difficile da far passare come il vecchio inadatto da superare quando il prossimo oracolo del momento salirà sul carrozzone.

    Il fondamento di tutto questo teatrino è l’ipotesi che nessuno osa mettere in dubbio che il privato sia sempre più efficiente dello stato. Quando qualcuno ci prova (Mazzuccato, Piketty) viene ostracizzato dalla cerchia degli economisti dei salotti buoni. Forse sarebbe ora di andare a vedere di che pasta sono fatti questi salotti buoni del neoliberismo… Perché quando la Russia ha smesso di essere comunista come mai è rimasta un modello di corruzione? Eppure la creme di Harvard era lì a tracciare la via (Shleifer).

    da Giovanni   - mercoledì, 17 giugno 2020 alle 16:35

  3. Eh si,dall’Europa arrivano tanti soldi e i soliti prenditori…poco imprenditori si stanno leccando i baffi!

    Non sarebbe così visti i numeri che si fanno,datati e recenti,tra delocalizzazioni e paradisi fiscali non solo in Europa.
    Per non parlare dei risarcimenti 600 euro covid-19 richiesti da facoltosi ricconi con dei conti correnti da mille e una notte,o come ha scritto lei con le assunzioni farlocche di familiari e di amici per la cassa integrazione.

    No,non ce la potremo mai fare,tra corruzione e criminalità organizzata,sarà sempre un Paese con mille problemi,le risorse di chi paga le tasse saranno sempre scarse e limitate,anzichè essere ricevuti quasi con i tappeti rossi in qualsiasi servizio pubblico.

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 17 giugno 2020 alle 17:09

  4. Ogni tanto mi sento scoraggiato, poi arrivano le tue frecciate, sembre belle e riprendo a sperare ancora un po’ sperando che magari cambi. Grazie.

    da Marco Ferrari   - mercoledì, 17 giugno 2020 alle 17:47

  5. Mi spiace, Marco, ma se punta su di me fa prima a restare scoraggiato (lo sono anch’io)

    da Alessandro   - mercoledì, 17 giugno 2020 alle 17:47

  6. Condivido tutto

    da Andrea   - mercoledì, 17 giugno 2020 alle 19:38

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