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Minacciata o via pizzino, la querela va di moda, ormai si porta con tutto

PIOVONOPIETREQuerele, avvisi di querele, promesse di querele, querele in mazzetti come gli asparagi o in bouquet come i fiori; al matrimonio c’è il lancio della querela, la damigella che la prende al volo verrà querelata entro l’anno. Oppure: vuoi salire a vedere la mia collezione di querele?

Questa faccenda delle querele mi sa che ha preso un po’ la mano a tutti quanti, tra i fatti e i misfatti che riferiva ieri questo giornale (la signora Casellati) e le recenti performance di querele incrociate (annunciate) tra il Presidente del Consiglio e Salvini, prima che scivolasse sulla Nutella. La querela va di moda e si porta con tutto. Si aggiunga l’incredibile attività annunciatoria-querelatoria di Matteo Renzi, che fa il simpatico dichiarando che darà il nome dei querelati alle aiuole del suo parchetto, e siamo dunque alla pochade surrealista. Ma sia, la querela, vera, presunta, annunciata, precompressa, spedita via media, recapitata tramite il pizzino di un’intervista compiacente, o su carta intestata di qualche avvocato, fa ancora la sua porca figura. Dà un brividino, in qualche caso intimidisce, ovvio, ci si immagina uno stuolo di avvocati che sentono l’odore del sangue, tipo film americano.

Per carità, la giustizia faccia il suo corso, ma va segnalato che nel tempo dei social e delle tifoserie politiche, questa faccenda delle querele assume una curvatura che la colloca a metà tra Ionesco e Campanile, insomma, tra l’inarrivabile assurdo e il confortante ridicolo del mondo. Non già i potenti, ma i loro eserciti social – segnatamente negli ultimi giorni, quello di fede renzista – si trasformano magicamente in esegeti del codice civile, o penale, in collegi di azzeccagarbugli che lavorano all’uncinetto articoli e commi. Oppure in zelanti delatori. Mi risponde una signora su twitter: “La segnalo a Matteo Renzi, poi vedrà lui se querelarla”. Non rendendosi conto, la signora, di portare con sé un sapore così vintage, così démodé e al tempo stesso affascinante, un retrogusto di DDR e di Stasi, incartato come una caramella in quel “La segnalo”. Meraviglia.

E del resto, va detto, i supporter somigliano sempre al supportato: avere un leader che firmò querele sul palco, con l’avvocato, circondato dal pubblico plaudente, che diffuse indirizzi mail a cui segnalare offese ai suoi danni, aiuta nell’immedesimazione. Tutto scorre e tutto è querelabile o minacciabile di querela. Fatti conclamati, opinioni, battute, calembour, una volta gettati nell’arena dei social, hanno immancabilmente come risposta l’ombra di un avvocato che viene a tirarti i piedi di notte. Pacifiche signore, professoresse, impiegati, nonni felici, fulminati sulla via di Rignano, elencano articoli di codice, sfumature tribunalizie, sofismi da leguleio. E in questa loro spirale trascinano tutto quanto: i giornalisti tutti feroci nemici del loro Golden Boy, le televisioni peggio ancora, uh! Il Fatto, figurarsi! L’Espresso, non me ne parli! Uh! Cairo, pussa via! Ah, quel Formigli! Si crea così, presso piccoli ma inferociti strati di militanti da tastiera, una sindrome da isolamento che confina con il complottismo. Tutti ce l’hanno con loro, tutti fanno gossip (la casa di Renzi) invece di fare informazione (che so, il “milione di posti di lavoro” del Jobs Act). Poi passano a rimproverarti di quello che non scrivi (e Casaleggio? E Di Maio?, eterna variante di “e allora le foibe?”), poi dicono che è colpa di quelli che hanno votato no. E infine passano a vagheggiare attorno al codice civile e penale, sognando colonne di penitenti in fila davanti alla giustizia che renderà finalmente onore al loro Capo. Come si diceva: tra Ionesco e Campanile, una vernice spessa di ridicolo che copre la tragica sostanza: militanti che diventano arditi e truppe d’assalto, la querela tra i denti e molto sprezzo del ridicolo.

4 commenti »

4 Commenti a “Minacciata o via pizzino, la querela va di moda, ormai si porta con tutto”

  1. Una sola osservazione. Mi sembra che Renzi venga continuamente e ingiustamente frainteso ed attaccato. La sinistra democratica dovrebbe avere altri obiettivi. Preciso che sono una lettrice appassionata del geniale Alessandro Robecchi.

    da Eugenia Marcantoni   - mercoledì, 11 dicembre 2019 alle 09:47

  2. Bisognerebbe rispondere come fece Totò in quel famoso film , rispondendo al tedesco che urlava “Io ho CARTA BIANCA!”
    ..E CI SI PULISCA IL C@@@O!

    da Fulvia   - mercoledì, 11 dicembre 2019 alle 10:47

  3. Fusse che fusse la volta bona…

    Ce riprovo

    La querela politica ultimamente viene usata come avviso a non addentrarsi troppo nell’informazione, stile Casellati Presidente del Senato, tramite il suo collegio di avvocati, che fanno recapitare ai giornalisti del Fatto quotidiano raccomandate che consigliano di stare attenti a come informano,un aperitivo di querela insomma, ma se uno racconta cronaca provata, dovrebbe nascondere i fatti come il 90% dei media fanno?

    In ogni caso se uno si sente offeso per un epiteto o di una fake news fa bene a querelare, ma da pochi giorni è possibile la querela boomerang, se questa viene giudicata aleatoria senza fondamento, pagherà pegno il querelante, mi pare un buon passo in avanti, ognuno dovrà prendersi le proprie responsabilità.

    Per ciò che riguarda i social, a me pare incredibile che non si possano inchiodare alle proprie responsabilità chi insulta, minaccia,delira stile trattamento a Liliana Segre.

    Oppure chi ricorda Nilde Jotti come una donna prosperosa, artista sotto le lenzuola,etc, etc, direi che sono raccapriccianti colpi bassi verso una defunta, che andrebbe ricordata per ben altro.

    Vero giornale Libero diretto da quel buontempone di Feltri?

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 11 dicembre 2019 alle 19:59

  4. Quando piovono pietre (citazione) serve un ombrello robusto per ripararsi. Più robusto delle pietre ovviamente. Le querele sono pietre moderne utilizzate dai politici per darsi un contegno pubblico sapendo di non rischiare nulla in quanto alle spalle hanno la matematica sicurezza dell’immunità. Nel senso che cane non mangia cane. Ci rimettono in ogni caso i normali mortali costretti dalle spese a rinunciare spesso alla ragione del contenzioso. In sostanza non è cambiato nulla da quando per avere pubblicamente la ragione si sfidava l’avversario a duello. Non vinceva la ragione, come ora, ma chi era più bravo a sparare o a duellare. Oggi vince la prepotenza del potere.

    da Vittorio Grondona   - domenica, 15 dicembre 2019 alle 11:32

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