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set 19

Morti sul lavoro: la mattanza dimenticata (pure dalla retorica)

Fatto040919Sessantasei (66) stragi di piazza Fontana. Quattordici (14) stragi di Ustica. E ora ditemi che non fa impressione, paura, ditemi se non è un’offesa al nostro vivere civile. Ma non c’è nemmeno bisogno di confronti aritmetici e paradossi, basta anche il numero secco. Anno di grazia 2018, Italia: millecentotrentatré (1.133) morti sul lavoro, più di tre al giorno contando anche Natale, Capodanno, Ferragosto. E i primi sei mesi del 2019 da record: 482 infortuni mortali, tredici in più dell’anno prima, che già aveva un bilancio spaventoso (peggio del 2017, peggio del 2016). Una strage, molte stragi, anzi, che finiscono di solito in un trafiletto di venti righe: il nome, il posto, la dinamica dell’incidente (nemmeno sempre) e avanti fino a domani, con altri trafiletti a pagina venti, altre parole di circostanza.

Va bene, non siamo sprovveduti, sappiamo quanto l’informazione possa essere lontana dalla vita, distante e distaccata. Ma nel caso delle morti sul lavoro quella distanza è siderale. Finite le dieci righe di prammatica, l’informazione va avanti, parla d’altro, si distrae, e la realtà invece resta lì. Le vedove, i figli, i compagni di lavoro, quel sudore freddo che mischia dolore e dispiacere, insieme a un pensiero che agghiaccia: poteva capitare a me.

La rabbia del “dopo” non la si racconta quasi mai, e come al solito le statistiche sono un coltello a due lame: utili a dare le dimensioni del fenomeno – della mattanza, per chiamare le cose col loro nome – e così fredde, invece, nel parlare delle vite, delle dita schiacciate, dei muletti rovesciati, delle esalazioni assassine, del caldo dei campi e delle serre. Insomma, siamo sempre lì: i numeri e la vita vera, i grafici (in salita sempre, maledizione) e il lutto. Ogni tanto una storia balza in primo piano. Questi giorni, ad esempio: Pasquale Fusco, 55 anni, tre figli, morto per il caldo e la fatica in una serra di meloni, in un campo vicino Giugliano, regolarizzato dai datori di lavoro un’ora dopo la morte, come dire che non gli è stata risparmiata nemmeno la grottesca rincorsa della burocrazia, la vergogna delle carte in ordine, dei diritti, finalmente, ma post mortem.

Di lavoro si parla molto, moltissimo. Da mesi, da anni, le statistiche su occupazione e disoccupazione tengono banco nella polemica politica, servono ad accusare l’avversario, se ne misurano le impercettibili variazioni, si cantano vittorie e si denunciano sconfitte per qualche zero virgola. E intanto si muore, con quella vigliacca copertura delle parole per dirlo: incidente, morti bianche, infortuni, disgrazie. Si aggiunga il maleodorante dibattito sulla “sicurezza”, così sbandierato e pompato, così utile ai facili consensi e all’operazione indefessa di instillare paura. Tutte cazzate: i crimini sono in picchiata, gli omicidi diminuiscono. Tutti, tranne quelli che si compiono sui posti di lavoro, che invece aumentano, e però lì, in quell’ambito, la parola “sicurezza” si usa meno, si bandiera meno, diventa anzi a volte sinonimo di seccatura. Uff, la burocrazia, uff, le norme, uff, la prevenzione, tutte cose che costano, che erodono i margini di profitto. Come se “sicurezza” fosse una parola che va bene per lo scippo e lo scippatore e non per il lavoro e il lavoratore, come se si accettasse come rischio naturale che, lavorando, puoi restarci secco.

Destino, fatalità, parole pietose che coprono una vergogna nazionale. Ecco: dato lo stato dell’arte della politica non c’è da stare allegri, non si vede all’orizzonte nessun deciso cambio di parametri, nessuna rivoluzione, continuerà il sacrosanto dibattito di come dare un lavoro a chi non ce l’ha, ma su come salvare la vita a chi ce l’ha il dibattito langue, non interessa, non fa notizia. Come se in una Repubblica “fondata sul lavoro” il primo diritto non fosse quello di tornare a casa vivi, dopo il lavoro.

4 commenti »

4 Commenti a “Morti sul lavoro: la mattanza dimenticata (pure dalla retorica)”

  1. Succede quando i governi sanno fare solo le cose facili. Cose che non richiedono sforzi intellettuali o strategie vincenti. Aumentare le pene, 80 euro in più in busta paga, omicidio stradale, chiudere i porti, reddito di cittadinanza, flat tax, quota cento, diminuzione della rappresentanza parlamentare, favorire le banche con l’obbligo della moneta elettronica e così via di seguito. Ultima in ordine di tempo il salario minimo… Nel contempo gli stessi governi hanno boicottato i sindacati (-15% iscritti in CGIL), limitati i diritti dei lavoratori con l’abolizione dell’art. 18 e anche qui, così via di seguito. Certamente i sindacati, normalmente asserviti ai partiti politici, non sono il massimo della trasparenza e della santità operativa innata, hanno le loro colpe, ma da sempre hanno cercato di difendere i diritti dei lavoratori iscritti e non iscritti, soprattutto quanto bisognasse tutelare la sicurezza sul lavoro. Ben venga il salario minimo, ma lo stesso dovrebbe essere contrattato sindacalmente e comprendere non solo il vile denaro, del quale da morto non te ne fai nulla, ma anche la sicurezza concreta sul posto di lavoro, garantita nei controlli direttamente dallo Stato. Dov’è per esempio lo Stato sui campi di pomodori del sud?

    da Vittorio Grondona   - mercoledì, 4 settembre 2019 alle 10:37

  2. 1133 lavoratori morti nel 2018,se nei primi sei mesi del corrente anno le vittime sono 482 non è un record fortunatamente, anche se il numero è terribile, se poi si sommano agli infortuni le malattie mortali che derivano dal lavoro, il numero diventa mostruoso.
    Il problema riguarda meno diffusamente le grandi industrie, bensì le piccole realtà, dal lavoro in nero al caporalato, ai lavori in subappalto,spero che il nuovo governo essendo d’impronta giallo-rosa possa intervenire positivamente su questa mattanza.

    Poi che dire sulle morti della popolazione a Taranto e dalla ultima inchiesta di Vado Ligure, è impressionante sapere che in provincia di Savona, a causa della centrale a carbone il CNR ha calcolato che la mortalità è aumentata del 49%.

    Ho letto che nel programma del Conte2 si inaspriranno le pene per gli evasori fiscali, bene, facciano altrettanto per chi sfrutta i lavoratori e gli espone a rischi mortali.

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 4 settembre 2019 alle 10:47

  3. Invece è un record. Nel 2018 – primi sei mesi – i decessi erano stati meno di 482. Non che conti troppo, ma per la precisione…

    da Alessandro   - mercoledì, 4 settembre 2019 alle 10:50

  4. @ Alessandro

    Ok ne prendo atto, spero che nei mesi successivi il numero delle vittime sia minore.

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 4 settembre 2019 alle 10:53

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