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Il treno delle polemiche sulle privatizzazioni è in ritardo (ovviamente)

fatto220818La macchina del tempo esiste, è qui, funziona a meraviglia, la stessa meraviglia con cui si può leggere oggi un dibattito che andava fatto trent’anni fa, quello sulle privatizzazioni, sul meno-Stato-più-mercato, quello sui carrozzoni pubblici che, sostituiti dall’illuminata gestione dei privati, avrebbero dovuto diventare luccicanti carrozze di prima classe. Si potrebbe dire, pasolinianamente, “Io so”, ma non c’è bisogno di arrivare a tanto: basta un più modesto “io ricordo”. Ricordo molto bene (ahimé facevo già questo mestiere) le accuse a chi si opponeva alle privatizzazioni di tutto e di tutti. Le accuse di comunismo, di statalismo, di arretratezza e miopia riservate a chi si opponeva alle svendite di patrimoni pubblici e alle concessioni donate in allegria. Di contro, ricordo le odi al mercato che tutto sistema e tutto regola come per magia. C’è stato un periodo, nella nostra storia recente, in cui se solo ti azzardavi a dire che lo Stato doveva fare lo Stato e gestire i suoi beni (possibilmente con correttezza, senza assumere per forza i cugini dei cognati), venivi trattato come un VoPos della Germania dell’est posto a difesa del muro, un pericoloso comunista pronto a entrare nel Palazzo d’Inverno sfasciando i preziosi lampadari e sporcando i tappeti. Fu in quegli anni che si diffuse come l’epidemia di Spagnola l’uso indiscriminato della parola “liberale”. Tutto diventava liberale, così come tutto doveva diventare privato, e se qualcuno si metteva un po’ di traverso niente sconti: l’accusa terribile era quella di essere contro la modernità, reato gravissimo. “Statalista” suonava come “pedofilo”, come “brigatista”: pubblico ludibrio e risate di scherno. Non se ne fa qui una questione di schieramenti: destra e sinistra unite nella lotta, chi più chi meno, chi a suo modo, chi tentando di umanizzarlo e chi spingendolo al massimo dei giri, chi dicendo che andava regolato almeno un poco, chi diceva che era meglio lasciarlo libero e bello. Ma il pensiero unico di cui tanto si parla cominciò lì: il mercato non era una cosa discutibile, prendere o lasciare. Cadevano muri e ideologie, e ne rimaneva in piedi una soltanto: il mercato.

Ora che anche fior di liberali ammettono che “alcune privatizzazioni” sono state fatte male, in fretta, con l’ansia di far cassa e senza alcuna strategia o prospettiva storica, con pochi controlli, con un orribile consociativismo tra chi concedeva e chi prendeva le concessioni, non c’è da provare nessuna soddisfazione: i buoi sono scappati, la stalla è stata spalancata per trent’anni, chiudere le porte ora sarà probabilmente una pezza piccola su un buco enorme. E anche questa concessione all’evidenza rischia di sembrare furbetta e funzionale: si ammette che qualcosa è andato storto per affermare, in sostanza, che il disegno è giusto ma c’è stata qualche sbavatura.

Intanto il famoso mercato lo abbiamo visto in azione: in trent’anni ci ha regalato un paio di crisi durate dieci anni ognuna, un restringimento dei diritti (non ultimo quello di passare un ponte senza pregare tutti i santi), una precarizzazione di massa, la proletarizzazione dei ceti medi e tutto il resto che sappiamo. Il tutto accompagnato – in Italia – dalla vulgata (oggi si direbbe “narrazione”) che il pubblico era antico e il privato moderno. Poi, oggi, si trasecola apprendendo dagli schemini dei giornali che in Germania le autostrade sono pubbliche e gratuite, per dirne una, e nessuno si sogna, lassù, di pensare ai Land tedeschi come a repubbliche staliniste pronte a fucilare i dissidenti o a mandarli in Siberia. Oggi pare che si possa ricominciare a parlarne, ma il timore è che lo si faccia solo perché bisogna rimettere a posto i guasti dei famosi privati. Insomma, privato quando c’è da incassare e pubblico quando c’è da rimettere insieme i cocci.

18 commenti »

18 Commenti a “Il treno delle polemiche sulle privatizzazioni è in ritardo (ovviamente)”

  1. consueta standing ovation.
    aggiungo che il problema è diventato culturale,e che vedo poche speranze di riportare la logica in discussioni che ormai sono scontri tra tifoserie,a prescindere (Totò era secoli avanti!).
    esempio: l’altro giorno discussione accesissima con un cugino che vedo raramente,infervorato renzista, che dall’alto dei suoi due part-time da 15 ore settimanali l’uno (e complessivi 1050 euro/mese),spiegava a noi attoniti interlocutori (per nostra fortuna tutti lavoratori stabili,full time) le mirabilie del mercato e i vantaggi clamorosi delle privatizzazioni,schifando con foga l’eventuale presenza dello stato nella gestione della cosa pubblica. quando mi sono permesso di fargli notare che il mercato lo costringe a vivere come uno slalomista (tra le bollette che non riesce a pagare) mi ha detto che sono “ancorato a vecchi schemi improduttivi”. saluti dal pianeta Matteo!

    da paolino   - mercoledì, 22 agosto 2018 alle 09:21

  2. Ricordo una tua fulminante battuta a Piovono Pietre di Radio Popolare, 1997 circa: “Qui va a finire che lo stato borghese non si abbatte e neppure si cambia. Al massimo si privatizza…”

    da Guido Carpi   - mercoledì, 22 agosto 2018 alle 09:29

  3. Che memoria! Erano proprio quegli anni là

    da Alessandro   - mercoledì, 22 agosto 2018 alle 09:44

  4. Premesso che mi piacciono tantissimo i romanzi di Robecchi, ho scoperto tardi che è un bravo giornalista.
    Penso sia doveroso sempre fare un ripasso storico dei nostri ultimi anni, e ricordare come siamo arrivati a questo paese di prenditori, dove la politica guarda o fa parte del banchetto.
    Spero che gli italiani stiano cominciando veramente ad aprire gli occhi e a sviluppare il senso critico che sostiene la democrazia.

    da Antonella   - mercoledì, 22 agosto 2018 alle 10:59

  5. A Roma infatti, dove i trasporti e la gestione dei rifiuti sono gestiti dal pubblico, siamo in paradiso.

    da Patrizia   - mercoledì, 22 agosto 2018 alle 12:33

  6. A Milano invece funzionano abbastanza bene. Dire: non funziona non è un buon motivo per darli ai privati, bisogna farli funzionare da pubblici

    da Alessandro   - mercoledì, 22 agosto 2018 alle 12:46

  7. Certo, magari mettendo la concessione del servizio a gara, a cui possono partecipare sia gestori pubblici che privati. In questo caso il tanto vituperato mercato potrebbe aiutare anche i gestori pubblici ad essere più efficienti. Il vero problema però è che il pubblico deve attrezzarsi a svolgere bene il ruolo di affidatario, controllore e regolatore, che è, quello sì, il ruolo a cui non può assolutamente rinunciare.

    da Patrizia   - mercoledì, 22 agosto 2018 alle 13:10

  8. Eh già, i liberal-liberisti dei bei tempi che furono sono ancora qua e piangono per le quotazioni azionarie in affanno di certe società danneggiate dagli annunci dei populisti! Poi scopriamo che le esternalizzazioni nel sistema sanitario hanno provocato una crisi grave, che pone l’Italia in cima alla lista (con Grecia, Romania e Bulgaria) dei Paesi a maggiore diffusione di malattie nosocomiali (basta vedere come (e se) si fanno le pulizie o le manutenzioni in generale). In giro uno guarda e vede: trasporto pubblico locale ridotto allo stremo, linee ferroviarie rinnovate da cima a fondo (con appalti multi-milionari) chiudere dopo la fine dei lavori. Fiumi e corsi d’acqua invasi da erbacce e liquami. Manutenzione del territorio ai minimi, con diffusione di insetti pericolosi ovunque, in un quadro di cambiamento climatico che renderà questo Paese come i tropici. Infine, la grande balla dell’aumento dell’aspettativa di vita: bello, nuovo e fiammante lo studio apparso su British Medical Journal cosiccome i grafici sulla caduta dell’aspettativa di vita in Italia nel 2015… (l’articolo completo è qui: https://doi.org/10.1136/bmj.k2562). Con buona pace dei piani pensionistici privati…

    da Giuseppe Michieli   - mercoledì, 22 agosto 2018 alle 16:50

  9. Prendere atto della mostruosità delle privatizzazioni italiche è come sfondare una porta aperta,anche se non ci fosse stata l’ultima tragedia criminale a Genova,inciuci nauseabondi a iniziare dalla prima Repubblica,da Prodi e compagnia bella caimana,possono testimoniare di un Paese allo sbando.
    I paragoni con la Germania non reggono,lì chi non paga le tasse viene considerato un delinquente,qui ci si vanta e viene visto diffusamente con ammirazione e nel caso venga pizzicato a rubare alla collettività,paga la decima parte del dovuto se gli va male.

    Non sappiamo gestire le privatizzazioni,ma non sappiamo manco far funzionare la macchina statale,vedasi Pompei,e l’immensa cultura storica legata all’arte lasciata andare in malora o gestita in modo lassista,se le autostrade diventassero statali chissà se diventerebbero magicamente efficienti,sa com’è l’assumificio dell’amico tramite dirigenti o politici compiacenti è una consuetudine da queste parti.

    Ovunque si cerchi di trovare una quadra ci sono solo grandi casini,e non si dica che è colpa della politica,siamo un popolo diffusamente scaltro che cerca di fottere il prossimo,la politica è e sarà la pessima punta di diamante di tutto ciò.

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 22 agosto 2018 alle 18:41

  10. Condivido il 100% della sintesi, c’è da aggiungere che in precedenza e successivamente all’inizio delle svendite dei gioielli di Stato ,tutta la classe politica che si opponeva sono stati eliminati o fisicamente o politicamente, anche noti economisti Keynesiani come Federico Caffè ecc.ecc. già dalla fine anni 70′ in poi…

    da Pinucciosomma   - giovedì, 23 agosto 2018 alle 09:28

  11. Eccolo qua, ci mancava solo il complotto.

    da Patrizia   - giovedì, 23 agosto 2018 alle 11:54

  12. un pochino fuori tema , ma è notizia interessante, con sorpresa.

    Alcune sere fa ho sentito l’informatissimo vicepremier Luigi Di Maio ripetere con fluente eloquio per l’ennesima volta un luogo assai comune dei nostri politici: quanto diamo alla Ue e quanto riceviamo dalla medesima. https://phastidio.net

    da gis   - giovedì, 23 agosto 2018 alle 19:34

  13. Salve ! Vorrei ricevere un vostro commento in merito.

    da Pinucciosomma   - venerdì, 24 agosto 2018 alle 08:12

  14. se mi è consentito aggiungerei anche questi , a data Vajont e resoconti succesivi:-

    http://www.archivio900.it/it/articoli/art.aspx?id=7903
    http://simposio-italiano.org/vajont

    da gis   - venerdì, 24 agosto 2018 alle 15:26

  15. credo che ovunque si alzi lo sguardo ,siamo un popolo fetente e furbetto, non facciamo vergogna di fottere lo stato, la situazione è molto diffusa , la domanda: é nato prima l uovo o la gallina?

    da elena   - sabato, 25 agosto 2018 alle 01:43

  16. Il fine della gestione delle aziende pubbliche dedicate ai servizi dovrebbe essere la gestione efficiente ed economica delle stesse, fatta senza fine di lucro, al fine di offrire ai cittadini i migliori servizi al mino costo possibile.
    Quando lo stato privatizzo Autostrade, Telefonia, Montedison e… lo fece nel peggior modo possibile: “regalando” aziende a speculatori (capitani coraggiosi)che erano interessati solo a giochi speculativi, non all’ottimizzazione dei servizi ex pubblici. Ora ne paghiamo le conseguenze peggiori: la perdita di vita umane per colpa della mancata manutenzione preventiva del PonteMorandi.

    da Paolo Del Vecchio   - lunedì, 27 agosto 2018 alle 13:37

  17. Non ho esperienza diretta di privatizzazioni di grandi aziende di stato, ma di municipalizzate sì. Nelle municipalizzate della rossa Toscana, per usare un eufemismo non erano rose e fiori. Le spa di gestione dei servizi pubbliche che sono succedute hanno pecche per un semplice motivo: le istituzioni di controllo non sono sufficientemente strutturate per controllarle. Ed il problema di fondo in questa diatriba pubblico/privato è esattamente questo: il Controllo. Senza un organo, rigorosamente pubblico che controlli chi svolga, privato o pubblico che sia, un servizio pubblico, non si va da nessuna parte. Ci saranno ruberie e/o inefficienze in ambo i casi.

    da Giovanni   - lunedì, 27 agosto 2018 alle 16:23

  18. Ma tralasciamo di considerare in questo discorso anche quello che è accaduto nelle strade a gestione pubblica. Di ponti crollati ce ne sono stati parecchi anche nelle tratte a gestione ANAS, solo che naturalmente non sono stati di queste proporzioni e non hanno fatto altrettante vittime.
    Se quando si privatizzarono le autostrade fossero stati lasciati tutti i paletti e i vincoli previsti dal centro-sinistra nella prima versione, sicuramente la storia oggi sarebbe diversa. Nessuno può dire se il ponte sarebbe crollato o meno, ma avremmo avuto più sicurezza e pedaggi più onesti.

    da Piero   - martedì, 28 agosto 2018 alle 09:06

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