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Sempre meno uguali, sempre più poveri: la vera analisi del voto

Fatto140318E’ un vero peccato che le pagine dell’economia, sui quotidiani italiani, siano così lontane da quelle della politica. E’ come fare un salto dal paese surreale al paese reale, come quando, usciti da teatro, si torna a casa, nella vita vera. All’inizio, per milioni di righe, ci becchiamo le contorsioni delle grandi manovre, le ipotesi, i retroscena. La crisi coniugale in atto nel centrodestra tra Salvini e Silvio Restaurato, o i Cinque stelle che mettono su una faccia istituzionale e fanno di tutto per mostrarsi i più democristianamente misurati. Del Pd, ormai sempre più simile a una rappresentazione de L’ispettore generale di Gogol’ non ha senso dire e contano soltanto il chiacchiericcio pettegolo e la spigolatura, al massimo la nuova cartografia delle correnti, con enormi mappe di zone misteriose dove campeggia la scritta Hic sunt renziones, e ci sono macerie. E poi c’è la più o meno raffinata analisi di cause e concause, cioè il “come siamo arrivati a questo punto”.

Ecco.

Per suggerire una lettura di primo livello, per chi ancora ha il novecentesco vezzo di collegare la politica ai bisogni reali delle persone, basterebbe dare un’occhiata anche veloce allo studio di Bankitalia su reddito, ricchezza, crescita e diseguaglianze. Qualche numeretto, qualche linea di grafico che va su e giù, ed ecco in due minuti il “come siamo arrivati fin qua”, spiegato bene.

Quasi 14 milioni di italiani vivono con meno di 830 euro al mese, uno su quattro. Sono più poveri i giovani (il 30 per cento ha meno di 35 anni), sono più poveri al Sud (40 per cento). Tra il 2006 e il 2016 (dieci anni in cui hanno governato un po’ tutti gli attori della pièce qui sopra, spesso intrecciati in amorosi sensi) il rischio povertà per i capifamiglia tra i 35 e i 45 anni è passato dal 19 al 30 per cento, che vuol dire che quasi una famiglia su tre teme lo scivolamento verso il proletariato, categoria numerosa di cui nessuno si occupa (nemmeno degni di 80 euro, per dire: troppo poveri).

L’indice Gini, quello che misura il tasso di diseguaglianza, è aumentato in dieci anni di un punto e mezzo. Questo significa che pochi ricchi sono diventati più ricchi e che molti poveri sono diventati più poveri. E questo è avvenuto con Prodi, Berlusconi, Monti, Letta e Renzi e tutto il cucuzzaro, con buona pace i quelli che dicono che “serve stabilità”. Più stabili di così si muore: la tendenza è dritta come un fuso e premia la diseguaglianza.

Si dirà: la crisi, le circostanze, il contesto. Bene. E poi si scopre (sempre Bankitalia) che quando arriva una ripresina non la vede nessuno: nel 2017 il Pil è salito del 1,5 per cento, mentre alle famiglie è arrivato solo lo 0,7, la metà. Si capisce quindi il comprensibile astio di chi, in condizioni di sofferenza, non solo si vede arretrare, ma osserva altri avanzare, toccando con mano un’ingiustizia palese e offensiva. Si collabora alla ripresa, si lavora con meno diritti, con meno salario, con meno sicurezze, e poi quando la ripresa arriva (la più piccola in Europa) non si vedono nemmeno le briciole. Fa un po’ incazzare, specie poi quando vedi un partito asserragliato nelle zone ricche del paese e delle città, magnificare le sue politiche “di sinistra”, snocciolare numeri trionfali (e spesso falsi) sul lavoro dimenticandosi i working poors, cioè milioni di cittadini che, pur lavorando, restano poveri, anzi lo diventano di più. Con la destra, con il centrosinistra, con i tecnici, con i rottamatori, con i posati statisti, la diseguaglianza economica nel Paese è aumentata senza soste, costante, implacabile.

Poi naturalmente uno può anche appassionarsi alla segreteria Martina, alle manovre di Salvini, alle tattiche di Di Maio o agli appelli di Mattarella: è come leggere la rubrica “strano ma vero” sulla Settimana Enigmistica, deliziosamente insignificante.

12 commenti »

12 Commenti a “Sempre meno uguali, sempre più poveri: la vera analisi del voto”

  1. Alcuni pensavano che la disuguaglianza potesse essere motore di sviluppo, per emulazione (il celebre “Keeping up with the Joneses”).

    La realtà ci dice che chi può permetterselo preferisce “Pulling ahead of the Smiths”.

    da Claudio   - mercoledì, 14 marzo 2018 alle 10:40

  2. Sono tanti anni che scrivo anch’io di disuguaglianze inaccettabili,non possono esistere stipendi o guadagni da fame e manager o imprenditori sempre più ricchi,il giocattolo già rotto tenderà a disintegrarsi.

    L’unica obiezione che posso fare alle sue riflessioni,è che tra quei 14 milioni di compatrioti che vivono con un guadagno così basso,che mette in discussione anche la sopravvivenza,il tenore di vita in Italia non è come quello dell’est europeo,ebbene tra costoro ci sono quelli che denunciano un reddito così basso ma sbatte con un tenore di vita assolutamente più alto,uno Stato che tollera una così odiosa evasione fiscale secondo me é fallito in partenza.

    Ometto la corruzione su qualsiasi appalto,quella la conoscono un po’ dappertutto a livello mondiale.

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 14 marzo 2018 alle 10:56

  3. Ancora una volta grazie caro Robecchi, un articolo stupendo.

    da gis   - mercoledì, 14 marzo 2018 alle 12:51

  4. Ma no dai, è molto più semplice dire che il Meridione ha votato M5S perché son tutti fannulloni che vivono di assistenzialismo!
    A leggere gli illuminati commenti sulla progressista Repubblica nei giorni passati veniva in mente il Bossi del ’92, una nostalgia…

    da r1348   - mercoledì, 14 marzo 2018 alle 20:52

  5. http://www.affaritaliani.it/puglia/pietro-de-sarlo-la-questione-sud-br-scoppia-nella-morsa-m5s-lega-pd-529816.html

    da Pietro   - mercoledì, 14 marzo 2018 alle 22:14

  6. Ringrazio Pietro per la segnalazione. Saluti al blogmaster

    da enrico   - domenica, 18 marzo 2018 alle 11:03

  7. Caro Robecchi la ringrazio della collaborazione. Come forse le ho già’ detto in passato, a noialtri lettori moderati che qualche volta scriviamo nei blog dei faziosi, non fa piacere quando un commento viene pubblicato, ma quando non lo viene: e’ allora che si ha la certezza d’aver colto nel segno le debolezze del pensiero fazioso.
    La ricambio con un piccolo omaggio (so che a lei piace la musica leggera):
    https://youtu.be/DOVGmoQpOaA

    da egidio scrimieri   - giovedì, 22 marzo 2018 alle 10:01

  8. Questo signor Scrimieri è convinto di dire cose così profonde, importanti e decisive da meritarsi addirittura la censura. Poi dice che la satira è morta.

    da Alessandro   - giovedì, 22 marzo 2018 alle 10:11

  9. Be’ sia logico, caro Robecchi: se lei mi censura io lo merito evidentemente.

    da egidio scrimieri   - giovedì, 22 marzo 2018 alle 10:30

  10. Il problema non è cosa meriti lei, è se noi ci meritiamo un genio simile. Comunque su Amazon vendono medagliette da martire, ne compri qualcuna, consegnano in giornata

    da Alessandro   - giovedì, 22 marzo 2018 alle 10:32

  11. Martire io? ma se ho appena detto che la sua censura mi gratifica…
    Lei non segue attentamente il discorso, caro Robecchi: e’ anche questo sintomo di faziosità’.

    da egidio scrimieri   - giovedì, 22 marzo 2018 alle 10:36

  12. Una volta, quando i giornali venivano fatti da gentiluomini, il direttore spediva un prestampato: “Mi spiace, la sua lettera non è stata considerata meritevole di pubblicazione”. Si gratifichi come crede, ovviamente. Saluti

    da Alessandro   - giovedì, 22 marzo 2018 alle 10:38

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