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sab
29
apr 17

Il tranquillo paesino inglese è pieno di scheletri nello stagno

TuttoLibri mi ha chiesto di recensire il nuovo romanzo di Paula Hawkins… sì, quella de La ragazza del treno. Ecco qui

HawkingTTL290417Chi dice dodici, chi diciotto, chi arriva a venti, ma insomma, che Paula Hawkins abbia venduto milioni di libri con La ragazza del treno è noto, e che la signora stacchi ora un altro biglietto della lotteria è ampiamente annunciato. C’è attesa, dunque , e non solo per gli addicted del bestsellerismo estremo. Il fatto è che la Hawkins con quella sua storia al femminile avrebbe aperto – bene! – un filone dove donne sono quelle che raccontano e donne, quasi sempre, le vittime. Si legge dunque questo Dentro l’acqua (Piemme) un po’ per controllare l’evoluzione di un’autrice già salutata come caposcuola e un po’ per vedere se il gioco regge, e già la dedica in apertura (“A tutti i piantagrane”) promette bene.

Tutto si svolge in un paesino inglese, Beckford di cui a poco a poco conosceremo più o meno tutti gli abitanti. A Beckford c’è un fiume (non se ne fa mai il nome, è sempre “il fiume”) dove pare la gente faccia il bagno estate e inverno, giorno e notte, con tutto che l’Inghilterra non è mica ai Caraibi. A un certo punto il fiume fa un’ansa e forma uno stagno, lo Stagno delle Annegate. Tutto questo ce lo racconta la prima voce narrante, Jules (in realtà Julia) che arriva in paese perché la sorella Nel è caduta proprio nello Stagno delle Annegate da un’altissima rupe, una di quelle altezze da cui, all’impatto, anche l’acqua pare cemento. Si è buttata? L’hanno buttata? Intorno a questa domanda ruota tutta la storia, vista dai punti di vista dei diversi protagonisti.

Qui le cose si complicano, perché le ottiche si moltiplicano e il racconto – la trama vera, il “perché sta succedendo tutto questo” – si costruisce per incastri, incroci, punti di vista che si toccano, divergono, tornano a toccarsi. Oltre a Jules, a raccontare, ci sono la nipote adolescente Lena, il ragazzino Josh, il poliziotto Sean, la sua collega Erin, la matta del paese Nickie e altri ancora. Come dire che la Hawkins mette in piedi un caleidoscopio (uno split screen, se siete moderni) di racconti staccati che compongono un disegno, e in questo è davvero brava, perché ha in mano una storia che potrebbe scappare di qua e di là, e invece alla fine tutti i pezzi finiscono a posto, con tanto di sottofinale e colpo di scena conclusivo.

E poi c’è quella strana Twin Peaks inglese, di cui conosciamo gli abitanti e di cui scopriamo cose 7819414davvero strane: più o meno tutti hanno in famiglia una donna morta, e la ricostruzione del passato, delle vite e delle storie personali, porterà sempre lì, a una donna affogata nello stagno, o caduta dentro, o spinta, o suicida, o ammazzata, senza contare i tentativi non andati a buon fine.

Sappiamo tutto questo a pezzettini, a colpi di piccole rivelazioni, anche perché Julius scopre che la sorella morta stava studiando la faccenda, era partita dalla piccola Libby (affogata dalla brava gente del paese in quanto strega nel 1679) per arrivare ad affogate più recenti, di cui il paese, ovviamente, preferisce non parlare. Dunque si intrecciano due spiriti maligni del noir: quello un po’ gotico del paesino silente e omertoso, che custodisce i suoi segreti e i suoi scheletri nell’armadio (cioè, nello stagno); e lo schema classico della stanza chiusa, per cui sappiamo che tra i personaggi in scena ci sarà il cattivo, o il più cattivo, e il piacere sta nello scoprire i come e i perché. Del resto che una donna che indaga su strani affogamenti muoia affogata, che l’amica del cuore di sua figlia sia morta annegata, che la madre del poliziotto che indaga sui casi delle annegate sia morta nel fiume pure lei (e molto altro che non si può dire qui), beh, convertirebbe anche il più irriducibile tifoso delle coincidenze.

La vecchia ragazza del treno, che è anche la nuova ragazza del fiume, cioè la Hawkins, cammina su un crinale molto stretto, a tratti su una lama: di qui l’abilità nel costruire storie personali, con tutte le loro acrobazie emotive, gli struggimenti, i rimorsi, i silenzi, le seduzioni e gli amori proibiti; di là una storia un po’ estrema, con una mezza dozzina di donne morte in acqua (e una cittadina di provincia che continua imperterrita a andare al fiume a nuotare, divertirsi, tuffarsi), ognuna per oscuri motivi che verranno piano piano a galla, almeno loro.

“Donne che portano guai”, le chiama la Hawkins facendolo dire a una delle sue protagoniste (che finisce affogata, ovvio). Ed in effetti sì, è un campionario di quei guai che avrebbero in qualche modo a che vedere con la libertà: di amare chi ti pare, di avere una vita decente, di cercare la verità, di mantenere certe promesse. L’abilità specifica della Hawkins è quella di scavare sotto le vite, di svelarne segreti e elementi nascosti, in questo aiutata da una costruzione polifonica, e forse si merita tutti i milioni di lettori che avrà. Tutta gente, che magari, letto Dentro l’acqua, avrà il buon senso di non fare il bagno nel fiume che passa da Beckford.

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