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mar 17

“Ti lascio perché ti amo troppo” e altri pretesti per saltare giù dal carro

Fatto080317La questione, più che politica, si fa psichiatrica e dunque è bene avvicinarsi guardinghi, usando le dovute cautele. Si parla qui dell’antica questione di come scendere dal carro del vincitore, se sia meglio farlo sgomitando, oppure se sia preferibile darsi alla fuga senza clamori, con modi liftati, ostentando la pacata ragionevolezza dei delusi. La faccenda è complicata dal fatto che il vincitore alla guida del suddetto carro non è vincitore per niente e, a parte una tornata elettorale pagata in contanti, ha perso sempre, e quasi ovunque. Ma insomma, le hostess che indicano nervosamente le uscite di sicurezza per chi vuole abbandonare il renzismo si sbracciano da tempo, basti ricordare i candidati sindaci Pd che pregavano Renzi di non andare a fare campagna elettorale per loro (Fassino a Torino), o che proclamavano gonfiando il petto “non sono renziano” (Sala a Milano).

Va bene, la faccenda del potente che perde aderenza e slitta di brutto quando non è più tanto potente è vecchia di secoli e millenni. Allo stesso tempo, è dovuta qualche prudenza. E se poi l’ex presunto vincitore perdente dovesse rivincere? Staccarsi dalla truppa senza farsi notare non basta, bisogna uscire dai ranghi pronti a ritornarci come se niente fosse se mai dovesse passare la tempesta e questo un po’ ridicolo tramonto renzista dovesse trasformarsi in una nuova alba radiosa. Sognare non costa niente.

Anche qui, diverse scuole di pensiero. La prima è giocare la carta del complottone, che è sempre buona e può attecchire presso le anime semplici. In questo caso la storiella è: ecco, Matteo voleva scardinare i vecchi poteri incrostati e ne ha pagato il fio, schiacciato dalla resistenza del vecchio (che sarebbe per esempio la Costituzione) contro il nuovo (che sarebbe nel caso una Boschi, non ridete). E’ una tesi suggestiva, che rispolvera nuove parole nella prosa social dei troll irriducibili: parole come “restaurazione”, “tornare indietro”, “vince la conservazione”. Cioè – traduco in italiano – era arrivato il rivoluzionario con il suo direttorio made in Tuscany, ma poi ecco Bersani e i poteri forti che fanno il Congresso di Vienna e ripristinano l’ancien régime dei baffi di D’Alema. Una tesi che fa acqua da tutte le parti e infatti viene spesso messa lì nelle discussioni come senza parere, in inciso, tra parentesi, appoggiata con nonchalance. E’ una modalità di discesa dal carro che somiglia al vecchio “ti lascio perché ti amo troppo” a cui è vietato credere, almeno dopo la quinta elementare.

Ancor più divertente l’altra teoria, quella della separazione per motivi caratteriali. Tutto era bene, tutto era bello, ma lui, il blogger di Rignano, è stato arrogante, antipatico, un po’ supponente. Insomma se ne parla come di quei grandissimi calciatori un po’ matti e accecati dall’ego che mandano affanculo il mister, litigano coi compagni di squadra e finiscono in panchina. E’ una tesi molto comoda, che permette di non dissociarsi politicamente, ma di dare tutta la colpa al cattivo carattere, e lascia intendere la pronta disponibilità a risalire sul carro, se soltanto il ragazzo si darà una regolata.

Terza scuola di pensiero, quella del renzismo critico, cioè dei passeggeri del carro che dicono di non essere mai stati del tutto d’accordo. Il vecchio caro “io l’avevo detto” pronunciato da chi non aveva detto proprio niente è sempre disarmante, lascia senza parole. Per cui si consiglia, a questi ultimi che scendono dal carro fingendosi passeggeri casuali, di munirsi di pezze d’appoggio. Un tweet del 2014, un post del 2015, una dichiarazione critica di quando il re sedeva a Versailles osannato, temuto e riverito sarebbe utile. Insomma, chi dice “io l’avevo detto” esibisca qualche prova che l’aveva detto davvero, per un minimo sindacale di decenza.

5 commenti »

5 Commenti a ““Ti lascio perché ti amo troppo” e altri pretesti per saltare giù dal carro”

  1. Ciao Alessandro
    Letto il tuo impeccabile post, esaminate le varie opzioni propongo, rivolgendomi ai commentatori più raffinati e addentro alle dinamiche pd [i seguitori compulsivi di talk show insomma, quelli che da Floris alla Berlinguer, passando (pure!)per Paragone e le maratone di Mentana, non si perdono manco un’ospitata di boccia]di collocare ciascun soggetto in base alla modalità di distacco prescelto… ;-D

    da degiom   - mercoledì, 8 marzo 2017 alle 11:19

  2. Al di là delle vicende Consip,babbo renzi,Lotti e compagnia bella,chi è abituato a saltare o scendere sul carro del potere,sgomitando o in modo soft,non ha problemi.
    Chi da sempre detiene il potere sa benissimo che i cortigiani sono temporizzati,ma seppur detestabili sono necessari,e quelli dichiarano il tutto e il suo contrario fino a quando avranno interessi.

    Inutile pensare alla dignità,quella semmai l’hanno avuta nell’infanzia,è diventato un concetto sconosciuto.

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 8 marzo 2017 alle 12:35

  3. “…e se poi l’ex presunto vincitore perdente dovesse rivincere?”
    Agghiacciante, signori miei, agghiacciante…

    da vera sessi   - mercoledì, 8 marzo 2017 alle 17:46

  4. Questa vicenda verrebbe liquidata semplicemente come una storia di mazzette e clientelismo tra le tante che si registrano in Italia se non fosse che sotto c’è un abisso di corruttela ancora più torbido che coinvolge una combriccola di parenti e amici nei posti di comando messa in piedi dall’ex presidente del Consiglio con protagonisti anche graduati dell’Arma che avvisano i loro amici e gli amici degli amici di essere intercettati (questo secondo le dichiarazioni rilasciate da Marroni).

    Vannoni, Saltalamacchia (generale dell’Arma) e Lotti (ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri) avvisano Marroni (ad di Consip); Del Sette (generale dell’Arma) fa la soffiata a Ferrara (presidente di Consip) che a sua volta la passa sempre a Marroni il quale ordina poi di bonificare i suoi uffici dalle cimici messe dai carabinieri.

    Quello che ne viene fuori è un vero e proprio sistema di controspionaggio renzista.
    Cosa hanno in comune i protagonisti dell’inchiesta, oltre all’avviso di garanzia nella cassetta della posta? Che sono tutti fedeli amici di Renzi e da lui nominati per le rispettive cariche che ricoprono.

    C’è abbastanza per affermare che la vicenda puzza già fin troppo di marcio, non serve arrivare al padre Tiziano, anche se è accusato di traffico di influenze e anche se, così sembra dalle intercettazioni, è stato anche lui avvertito dell’indagine sul suo conto da parte dello Stato.

    Possono continuare a fare gazzarra strillando di pseudo complotti e a girare la frittata come più gli piace ma resta il fatto che qualcuno ha spifferato a Marroni delle cimici messe nei suoi uffici dagli inquirenti e secondo Marroni e Ferrara (entrambi amici di Renzi) sono stati i generali Saltalamacchia e Del Sette.

    da Cave   - mercoledì, 8 marzo 2017 alle 18:47

  5. Coraggio, si stanno approntando altri carri. Il più capiente in prospettiva, almeno stando ai sondaggi, è quello del Movimento 5 Stelle, ma, com’è noto, per salirci sopra occorrono garanzie di sottomissione incondizionata ai guru che pochissime persone dotate di un buon senso di libertà sarebbero disposte a concedere. In conclusione vedo in lontananza l’insorgere di arrembaggi feroci e quindi per niente utili al miglioramento sociale ed economico del nostro Paese. Io confido che la scissione del PD convinca finalmente le sinistre a lavorare per il bene esclusivo del Paese e non più unicamente per lo scranno del potere. Le paternali “leopoldiane” e “lingottiane” non servono nemmeno per i poveri di spirito in quanto questi ultimi alla fine della giostra delle primarie si troveranno a battere il passo nella medesima squallida povertà davanti alla porta del Paradiso pomposamente promesso che per loro rimarrà come per il passato colpevolmente chiusa.

    da Vittorio Grondona   - martedì, 14 marzo 2017 alle 11:45

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