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feb 17

Il “futuro” è una parola leopolda: quindi è già diventato vecchio

Fatto080217Si sa che la retorica è una brutta bestia. Serve, sì, certo, ma ha effetti collaterali difficili da prevedere e capita (spesso) che renda alcune parole logore e inservibili, che le consumi e le renda fruste, trasformando concetti pesanti e nobili in astruse formulette – addirittura strampalati nonsense – buone per ogni occasione. Un caso di scuola molto attuale nel prêt-à-porter semantico della politica: la parola “futuro”. Così abusata dalla retorica renzista che ce la ritroviamo pure nella pubblicità di un ideologo (ideuzzologo, va’) del post-ideologico come Farinetti Oscar, patron di Eataly, il quale declama in uno spot la seguente frase: “Ecco perché mi piace dimenticare il passato e ricordarmi solo del futuro”. Prego? Scusi? Traduzione?

Non è colpa del copy o di Farinetti se il claim sul futuro che a lui “piace ricordare” (si pubblicizza una grande compagnia telefonica) ha un suono leopoldo che nella politica italiana sa già di passato, è già antico. E questo è perché il futuro, maledetto, va dove vuole lui, e non dove vuole Farinetti.

Del resto, poche parole come “futuro” si prestano a giochetti semantici spazio-temporali, e questo accade da sempre, e volendo fornire una datazione nel campo pop dell’andirivieni tra presente, passato e futuro si pasa sempre da lì, da Ritorno al futuro, il film di Zemeckis (1985, passato remoto).
Fantascienza a parte (il viaggio nel tempo è un format), il passato recente ci ha subissato di formulette facili sul futuro, figlie del nuovismo imperante. In soldoni, per essere attrattivi, moderni, dinamici, si parla del futuro fino a convincere che si è il futuro, mentre gli altri sono il passato, vade retro, pussa via. “E adesso il futuro”, era il titolo della Leopolda 2016 (con tutta ‘sta visione del futuro non videro l’iceberg, una prece), e quando, dopo la scoppola epocale, Renzi decide di rifarsi vivo aprendo un blog, ecco la frasetta “Il futuro prima o poi ritorna”, dove si legge in filigrana una specie di “il futuro sono me”, che fa ridere un bel po’. Dev’essere una discreta ossessione del Pd nuovista e smart, questa cosa del tunnel spazio-temporale, perché quando l’Unità tornò in edicola (giugno 2015) decise di farlo con un bizzarro slogan: “Il passato sta cambiando”, altro testacoda semantico di sapore involontariamente orwelliano.
Il malinteso sull’abuso infantil-enigmistico della parola “futuro” è spazio-temporale pure lui. Il Sol dell’Avvenire, grandiosa, intramontabile speranza novecentesca, per non dire delle “Magnifiche sorti e progressive” di Leopardi, e siamo già due secoli indietro. Insomma va detto anche se non è rassicurante: il futuro visto dal passato sembrava chissà quale prodigio, mentre visto dal presente induce più timori e tremori che speranze, e fa paura. Per dirla con Chuck Palahniuk (1999, una vita fa): “Quand’è che il futuro è passato da essere una promessa a essere una minaccia?”. Ecco, appunto.  Dunque sì, la retorica serve, ma diventa una specie di boomerang se la si usa fuori tempo e fuori luogo, masticandola stancamente come un chewingum che perde sapore subito.

La convenienza di sventolare la parola “futuro” come una bandiera di vittoria è che il futuro, per sua natura, si sposta sempre un po’ più in là, e questo ti illude che non verrai mandato a cagare nel presente. Ma ormai è una bandiera strappata: sanno tutti che il futuro non sarà necessariamente migliore, e una parola che sembrava luminosa diventa un po’ opaca, addirittura un’ombra, controproducente anche per la propaganda. Se si parla del futuro, insomma, e la politica dovrebbe farlo, lo si faccia seriamente, non a metà tra il gioco di parole e le frasette dei Baci Perugina. “Lascia dormire il futuro come si merita – diceva Kafka nei Diari -. Se lo si sveglia prima del tempo, si ottiene un presente assonnato”.

5 commenti »

5 Commenti a “Il “futuro” è una parola leopolda: quindi è già diventato vecchio”

  1. Insistere continuando a battere sul futuro,a me pare la strategia da rappresentante di bassa qualità,che ti voglia vendere una “sola” spacciandola di alta qualità.

    Più che futuro quello che interpreta l’entourage pidino,sono e saranno le larghe intese,c’è davvero l’imbarazzo della scelta quando apriremo,se apriremo la scheda elettorale.

    Ormai siamo andati oltre la filosofia del meno peggio!

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 8 febbraio 2017 alle 11:04

  2. E invece il grande Jannacci, che della vita ne capiva qualcosa di più di questi qua, ci raccontava di un futuro che era solo “un buco nero in fondo al tram”… Un vero gufo…

    da Rossella   - mercoledì, 8 febbraio 2017 alle 12:17

  3. Come poi si possa “ricordare” un futuro che ancora non si conosce, qualcuno me lo dovrebbe spiegare meglio.. Saro’ io che non ci arrivo..

    da Carlo   - mercoledì, 8 febbraio 2017 alle 16:57

  4. da Marinetti a Farinetti ?

    :)

    da giovanni   - mercoledì, 8 febbraio 2017 alle 20:05

  5. Il futuro è contiguo al presente… Io penso pertanto che bisognerebbe migliorare il presente per avere il futuro migliore. Il futuro visto da alcuni partiti equivale alla formula della fede che promette il Paradiso futuro a chi sta male e soffre sulla terra. Io credo che se si migliorassero le condizioni sociali del vivere insieme sulla terra, il passaggio inevitabile verso il Paradiso sarebbe del tutto impercettibile.

    da Vittorio Grondona   - venerdì, 10 febbraio 2017 alle 11:05

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