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dic 16

Il testacoda di Natale: tutti critici sui voucher (per evitare il referendum)

fattoquotidiano1Ma chi l’avrebbe detto che Babbo Natale, sceso dalla slitta ed entrato di soppiatto nelle nostre case, ci avrebbe portato, poggiandola con nochalance sotto l’albero, una bella confezione-famiglia di marce indietro sul prodigioso Jobs act. Quella legge che rilanciava il lavoro, quella per cui Giuliano Poletti dava i numeri al Lotto, corretto e bacchettato ad ogni esternazione, la legge che teorizzava che licenziare era un toccasana, perché si sarebbe fatto spazio ad altri. Una specie di grandiosa ammuina: quelli che stanno a prua vadano a poppa… quelli a poppa vadano a prua… quelli che lavorano li cacciamo, così possono lavorare un po’ gli altri. La legge che portava la modernità contro quei maledetti corpi intermedi vecchi come il gettone del telefono. La legge dei voucher, soprattutto. Se ne vendevano mezzo milione all’anno, prima del Jobs act, e poi, dopo la rivoluzione di Renzi e Poletti, nel 2016, si è arrivati a 160 milioni. Niente male per chi diceva di aver “abolito il precariato”, e nemmeno gli veniva da ridere mentre registrava un videomessaggio in cui diceva che non pensava alla Thatcher, ma a Marta, a Giuseppe e alle loro vite da Co.co.co… Era una retorica buona fino al 4 dicembre, quando alcune centinaia di migliaia di Marte e Giuseppi, passati da Co.co.co a vaucheristi, gli hanno fatto – non precariamente – il gesto dell’ombrello.

Ma torniamo a Babbo Natale. Accortosi da qualche trafiletto sui grandi giornali che il referendum promosso da quelli là – quelli del gettone del telefono, antichi, anziani, ideologici, pussa via – potrebbe essere accolto, ecco la scatola di montaggio con dentro tutte le nuove visioni del mondo e le autocritiche: bisogna regolare, prevedere multe per chi abusa, controlli più efficaci, eccetera, eccetera. E anche ora non gli viene da ridere, mentre alle Marte e ai Giuseppi sì, anche se amaro.

Dunque ora sono tutti d’accordo, si direbbe, il Poletti furioso, il presidente dell’Agenzia nazionale per il lavoro Del Conte – messo lì da Renzi – che dice addirittura (al Corriere) che “Gli effetti sono stati opposti a quelli previsti”, poi le pagine dell’economia, i commentatori, gli ex-entusiasti di colpo diventati critici e pensosi. Sono i miracoli dei referendum: non fossero arrivati sul tavolo della Consulta i quesiti della Cgil, Babbo Natale ci avrebbe portato le solite sciapine e i soliti golfini, e non le accorate e tardive preoccupazioni sul lavoro vaucherizzato. Tanto è vero che qualche voce dal sen fuggita lo dice: mica è per raddrizzare le orribili storture del mercato del lavoro che si metterà mano (forse) alla discipina nefasta dei voucher, ma perché non ci si può permettere – coté renzista – un’altra sberla referendaria. Insomma, care Marte e Giuseppi, mica lo fanno per voi: lo fanno per loro, qualcosa si inventeranno, tranquilli, non lo vedere il padulo che già si libra nell’aere?

Senza contare che sì, va bene, uff, che palle, sui voucher si farà qualcosa, ma sull’articolo 18 (altro pezzo del Jobs act sotto scacco referendario) no, quello è la linea del Piave, altrimenti (ancora Del Conte) “Amazon e Google sarebbero tentati di andar via”. Porca miseria, che rischio. Comunque, tranquilli, come ha già detto il ministro Poletti in una delle sue dadaiste esternazioni, se proprio si dovrà votare al referendum sul lavoro, basterà piazzargli di traverso le elezioni politiche, in modo da farlo saltare. Genio. Si registra comunque, ora che Babbo Natale se n’è tornato là da dove è venuto, che tra Natale e Capodanno dell’anno 2016 si è consumato il grande testacoda: il toccasana è diventato una polpetta avvelenata, il “superamento” (ahah!) del precariato si è rivelato un moltiplicatore di sfruttamento e tutti sono più buoni. Finché non trovano il trucco giusto. Buon anno.

6 commenti »

6 Commenti a “Il testacoda di Natale: tutti critici sui voucher (per evitare il referendum)”

  1. Quindi, se ho ben capito, per non far andare via Amazon e Google, dobbiamo andare via noi.

    da Eparrei   - mercoledì, 28 dicembre 2016 alle 10:04

  2. Ho letto da qualche parte che la consulta,sta andando verso la negazione sulla possibilità di decidere sul referendum articolo 18,staremo a vedere.

    Sui voucher stanno inserendo qualche paletto e multe,più che preoccuparsi della stangata ricevuta il 4 dicembre,e invertire la rotta almeno di una certa misura,hanno sterzato come per evitare una piccola buca,se pensano di cavarsela così alle prossime elezioni,paiono simili a maria antonietta senza le brioches.

    Facciano loro!

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 28 dicembre 2016 alle 11:13

  3. Sarebbe ben strano, Ivo, se la Consulta bocciasse il referendum sull’art. 18. Nel 2003, Rifondazione Comunista e i sindacati di base promossero quello per estendere l’art. 18 a tutti i lavoratori dipendenti e la Consulta non lo bloccò: quel referendum fallì il quorum, grazie alla “strana” posizione assunta dal segretario generale della CGIL di allora, Sergio Cofferati, che si espresse pubblicamente definendolo “un errore”, una “fuga in avanti”, al di là delle buone intenzioni dei promotori(e come avrebbe potuto affermare il contrario, dal momento che si trattava di estendere a tutti i lavoratori le garanzie contro i licenziamenti illegittimi?). Perché lo fece? Per “non dividere” la sinistra. Per non dividere la sinistra, Cofferati (e, quindi, la CGIL) sposò le posizioni di quelli che la sinistra stavano già provvedendo ad ammazzarla da tempo, i padri putativi di Renzi e del renzismo: Piero Fassino (allora segretario dei DS) e tutto lo stato maggiore del suo partito. Ricordiamocelo, quando ci capita di rimpiangere i bei tempi dei 3 milioni al Circo Massimo e quando, di tanto in tanto, vediamo Cofferati in TV o sulle pagine dei giornali.
    http://www.repubblica.it/online/economia/artidiciotto/cofferati/cofferati.html

    da Roberto   - mercoledì, 28 dicembre 2016 alle 12:11

  4. @ Roberto

    Me lo auguro anch’io,ho firmato questa primavera per poter tornare indietro a una delle basi per ciò che riguarda i diritti dei lavoratori,ho solamente letto un’ipotesi su La stampa,e mi auguro che sia da considerare “la bugiardina” come la definiscono in molti quella testata.

    Sui pidini alla fassino o alla cofferati,meglio glissare,quelli sono solo legati alla poltrona.

    da Ivo Serenthà   - mercoledì, 28 dicembre 2016 alle 13:01

  5. A. De Nicola, La Repubblica, 29 dicembre 2016:
    “quello che viene visto come un atto di accusa, ossia l’incremento esponenziale dell’utilizzo dei buoni, saliti a 121 milioni a fine ottobre di quest’anno contro gli 88 milioni dell’intero 2015, in realtà è un indice di successo dello strumento. L’accusa di aumento del “precariato” è senza senso.
    In primis perché se l’alternativa è l’inattività o il lavoro nero è evidente che il voucher è un’opzione migliore. In secondo luogo perché anche gli strali sulla presunta sostituzione del lavoro dipendente con il buono sono insensati. Innanzi tutto da un punto di vista teorico: con un tetto massimo di 2.000 euro netti per datore di lavoro è facile capire che non si stipendierebbe nemmeno il periodo di prova di tre mesi di un dipendente”.

    CAPITO AMICI? ORA E’ VERO CHE L’AUTORE è L’ORGOGLIOSO PRESIDENTE DELLA SOCIETà ADAM SMITH, MA UN MINIMO DI DECENZA NON FAREBBE CERTO MALE, MEGLIO SE ABBINATA ALLA CONOSCENZA DEL REALE E NON DELLE FROTTOLE IDEOLOGICHE. MA LA VITA è FACILE SE SI PARLA DI NUMERI E NUMERI SENZA MAI CAPIRE CHE DIETRO CI SONO DELLE VITE, DELLE PERSONE, DELLE ESISTENZE. QUANTO SONO LONTANE E DISTNTI QUEST’ESISTENZE DALL’ESPERIENZA QUOTIDIANA DI CERTI (PRESUNTI) INTELLETTUALI?

    da AGO71   - venerdì, 30 dicembre 2016 alle 11:22

  6. Dimenticavo: ecco chi è quell’autore così fiero dei voucher.

    Ecco l’ultraliberista della poltrona
    http://www.lanotiziagiornale.it/ecco-lultraliberista-della-poltronada-finmeccanica-a-banche-assicurazioni-e-immobiliariil-super-avvocato-de-nicola-e-i-suoi-16-incarichi/

    da AGO71   - venerdì, 30 dicembre 2016 alle 11:28

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