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mer
23
nov 16

La post-verità, il post- soffritto e noi post-cretini

231116primailfattoIl dibattito sulla post-verità (l’Oxford English Dictionary ha eletto Post-Truth come parola dell’anno) sembra leggermente post-datato. Le sorti del mondo sarebbero messe in forse dal fatto che milioni, forse miliardi, di persone credono alla prima fregnaccia che dice la rete, invece di leggere il New York Times sulle poltrone in pelle del circolo del bridge. C’è del vero, probabilmente. E del resto se i media ufficiali cavalcano questa cosa della post-verità è anche per non ammettere il fallimento: non sappiamo più leggere la società (Trump, Brexit, eccetera). Ma questi sono discorsi complessi, per esperti. Ci limitiamo a scorgere piccoli segnali di post-verità che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.

Il post-soffritto. In una bella intervista al Corriere della Sera, il famoso cuoco Massimo Bottura, il più bravo del mondo, dicono, ci spiega cos’è la narrazione ai fornelli. “Dovevo fare una carbonara per duemila persone, ma avevo bacon per due porzioni. L’ho tagliato a fettine sottilissime e le ho stese sulla teglia. Poi ho preso delle bucce di banana. Le ho sbollentate, grigliate, tostate in forno. Alla fine erano affumicate, croccanti. Le ho fatte a cubetti, ricoperte di un altro strato di bacon e rimesse in forno: il bacon si è sciolto; le bucce di banana parevano guanciale”. Perfetto, pare la ricetta delle riforme renziane, tipo il Jobs act al sapore di tempo indeterminato (tagliato finissimo) e tanti cubetti di voucher, ma tanti, eh! Per carità, saremo lontani dalle solenni riflessioni sulla post-verità, ma la post-carbonara esiste e lotta insieme a noi

Il post-emigrante. Piccolo esempio di post-valigia-di-cartone. Intervistato a Piazzapulita, il grande manager Andrea Guerra (ha lavorato in molte aziende, non tutte in attivo: Luxottica, Governo Italiano, Eataly) ha detto la sua sugli italiani all’estero. Ha detto che lui se n’è andato, che è giusto andarsene, e che l’importante è che dopo, fatte queste “esperienze meravigliose all’estero”, si torni qui a dare una mano. In pratica, fateci caso, quando si parla di italiani all’estero si citano sempre i supermanager, gli scienziati, le eccellenze, oppure una specie di éducation sentimentale per giovani europei, una gaia aria di Erasmus per milioni di persone. Inutile dire che la realtà si avvicina di più al pizzaiolo che sta a Stoccarda, o al lavapiatti a Londra, non proprio “esperienze meravigliose all’estero”, ma vera emigrazione per bisogno (in aumento, tra l’altro). Il post-emigrante, nella post-verità, è o un numero uno, oppure una specie di flâneur bohémien che gira il mondo facendo meravigliose esperienze.

La post-condicio. Nulla è più post della post-iccia faccenda della par condicio, eppure se ne discute animatamente come se esistesse. Lo sbilanciamento clamoroso nelle posizioni del Sì e del No sui “media ufficiali” è sotto gli occhi di tutti, ma questo non impedisce le dissertazioni teoriche, le analisi e le riflessioni, i moniti, gli appelli su una cosa che evidentemente non c’è. Parlare come se esistesse di una cosa che non esiste è tipico della post-verità, un po’ come dare una cosa per fatta quando non lo è (innumerevoli casi, valgano per tutti i “mille asili in mille giorni”, o il roboante “abbiamo abolito il precariato”, o l’Expo “straordinario successo”, o l’Italia “superpotenza culturale”). E’ vero, la post-verità è un pericolo reale. Se si diffonde nel paese la prassi che dirlo è come farlo sarà un disastro a partire dalla prima media. Hai fatto i compiti? Ho fatto i compiti, sì, ecco fatto, bastava dirlo.

Quella sulla post-verità sarà dunque un dibattito infinito, ma si consiglia vivamente di saperla vedere ovunque, nelle follie del web come nella narrazione quotidiana, normale, persino inconsapevole.
E’ lì che ci prendono veramente per post-cretini.

7 commenti »

7 Commenti a “La post-verità, il post- soffritto e noi post-cretini”

  1. Ogni post-verità è belle a mamma soia….Se i giornalisti americani ora si battono il petto dicendo di non saper leggere la realtà, significa che la post-verità l’hanno inaugurata loro, mica Trump.

    da Eparrei   - mercoledì, 23 novembre 2016 alle 09:17

  2. Bella dissertazione, concordo sulle conclusioni, ammetto che a volte capiti per caso in certi argomenti in cui di domandi il buon senso dove sia finito, quello che più lascia perplesso è l’invito che spesso viene fatto da questi “ignoranti” (nel senso che ignorano, a non dar retta alle bufale, l’ultima letta nel novembre del 1922 Peci sparò all’agente Annarumma davanti al teatro Lirico a Milano, mi sono permesso di dire che forse c’erano alcune incongruenze e si è aperto un cielo di insulti.

    da Marco   - mercoledì, 23 novembre 2016 alle 09:32

  3. Per ciò che riguarda l’appuntamento di inizio dicembre,hanno convinto molti sulla bontà di questa schiforma,l’iniqua sponsorizzazione del Si dalla Rai a Mediaset appare palese.
    Ci mancavano le sponsorizzazioni pro riforma degli italiani all’estero,per chiudere il cerchio.

    Se il 5 dicembre,a parer mio,gli italiani se la prenderanno in post saccoccia,si potrà ammettere che il lavoro lo hanno svolto molto bene,ci sarà da puntualizzare l’ennesima mancanza di alibi che sta durando da parecchio tempo,per chi ancora si reca in cabina elettorale.

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 23 novembre 2016 alle 10:12

  4. Sebastiano Timpanaro, studioso e militante socialista (di quelli veri), aveva avvertito già parecchi anni fa che il concetto di post-moderno era un “narcotico”. Io penso la stessa cosa di tutti i “post” che si sentono in giro e per smascherare l’ inganno proporrei di coniare i termini “post-discriminazione”, “post-disoccupazione”, “post-fame”, ecc….Così salterebbe agli occhi di chiunque che tutti questi “post” non sono altro che specchietti per le allodole.

    da Irene   - mercoledì, 23 novembre 2016 alle 10:13

  5. Un buon antidoto contro il post-cretinismo: Terry Eagleton, Le illusioni del postmodernismo, Edizion Riunite 1998, ISBN 88-359-4434-1 .

    da Marco da Zurigo   - mercoledì, 23 novembre 2016 alle 11:08

  6. ironico, anche urticante ; un gran bell’articolo .

    da gis   - sabato, 26 novembre 2016 alle 14:01

  7. Tra il serio ed il faceto, lettura assai arricchente come al solito, caro Alessandro.

    Il dubbio che mi resta è cosa minkia ci facesse quella volta bottura con due porzioni di bacon e decine di caschi di banane; ma chi gli cura le scorte di provviste in dispensa?…

    da degiom   - lunedì, 28 novembre 2016 alle 13:52

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