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ott 16

L’arma fine-di-mondo: se Renzi perde il signor Salini lascerà l’Italia

fatto051016Le dentiere gratis per gli anziani. L’abolizione del bollo auto, cartuccia che Silvio si sparò all’ultimo secondo contro Prodi. La cura per il cancro se si vincono le regionali in Piemonte (sempre Silvio buonanima). E poi basta andare a sfogliare nell’album dell’ultimo ventennio per trovare prebende e mance, roboanti promesse, qui la pecunia qui il cammello, una specie di voto di scambio di massa. Per dire che Matteo è solo all’inizio, gli basta schioccare le dita ed ecco altri mirabolanti doni. Il Ponte sullo Stretto, che era un simbolo del berlusconismo come il pupazzo Five, il biscione e le leggi su misura – una cosa diventata addirittura proverbiale per descrivere la polvere negli occhi che l’uomo di Arcore sapeva gettare – è diventata una nuova bandiera di Matteo. Con sponde politico-economiche notevoli: il signor Salini, che il ponte dovrebbe costruirlo, nel caso, dice che se vince il No potrebbe lasciare il Paese, nientemeno. Un portafoglio in fuga, insomma. E’ un’offerta specialissima: se comprate il Sì vi danno in omaggio l’Italicum e un ponte. Pacchetto completo.

Tra le notevoli trovate del partito-Renzi c’è anche questa: l’Armageddon economico, la narrazione tossica che se vincesse il No, i capitali scapperebbero via, nessuno investirebbe più, i grandi gruppi se la darebbero a gambe. Altro che mobili all’Ikea e consegne di Amazon: vi monterete i comò da soli e dovrete camminare per comprare qualcosa, sempre se rimarrà della merce nei negozi. Terrorismo insomma. Ma come molte cose del renzismo, basta scostare la tenda e dietro c’è la panzana. La sostituzione del Senato con una specie di dopolavoro per sindaci e consiglieri regionali è venduta come il toccasana per l’insostenibile lentezza del nostro iter legislativo. Panzana grossa, perché invece qui le leggi si fanno eccome, e anche velocemente. La Germania ne approva 144 all’anno (in media, dal ’97 al 2013), l’Italia 120, la Francia 91, la Spagna 45, la Gran Bretagna appena 42. Cade con questi numeri la tiritera del “non si decide”, recitata da uno che decide molto, e spesso da solo, e quasi sempre in fretta e male. Quanto alla diaspora dei capitali, che fuggirebbero via nel caso il premier perdesse il referendum sul premier, è bene ricordare come tentiamo di attirarli. Un’elegante brochure del ministero dello Sviluppo da poco pubblicata, svela il mistero: rivolgendosi agli investitori stranieri, vanta con orgoglio il fatto che In Italia “il costo del lavoro è al di sotto della media Eurozona”. E dunque altro che riforme, Sì, No, Senato in miniatura e velocizzare il Paese: chi viene qui a investire lo fa perché costiamo meno e ultimamente pratichiamo anche notevoli sconti sui diritti dei lavoratori.

Dunque siamo a questo: gran parte delle affermazioni che ogni giorno il presidente del consiglio pronuncia nel suo Grand Tour per sostenere il referendum su se medesimo, sono presentate come dogma di fede. Siamo lenti nel fare le leggi! Tutti annuiscono. Oppure si tratta di mesmerismi: il Pil previsto col burbanzoso ottimismo del bulletto (poi preso a ceffoni da Corte dei Conti e Bankitalia), oppure le fantasiose architetture numeriche per dire che il Job Act ha funzionato e gli ottanta euro pure: trenta miliardi distribuiti a imprese e cittadini che sul Pil hanno pesato zero (e basta andare a vedere i dati sulla stagnazione degli investimenti privati per capire che quei 20 miliardi ricevuti in dono con il Jobs Act le aziende non li hanno investiti per niente). Basterebbero i fatti invece delle parole, insomma. Invece avremo un profluvio di parole, promesse, minacce, ricatti, il babau, l’uomo nero e il costruttore di ponti che se vince il No se ne va. E noi rimaniamo senza ponte. Gné gné.

6 commenti »

6 Commenti a “L’arma fine-di-mondo: se Renzi perde il signor Salini lascerà l’Italia”

  1. bravissimo !

    (come sempre)

    da giovanni   - mercoledì, 5 ottobre 2016 alle 09:06

  2. Il Fq di oggi ha riportato il parere del Financial Times sul referendum costituzionale,e lo considera inutile,ininfluente e che rende la carta costituzionale più complessa,in definitiva serve solo all’attuale potere di legittimarsi.

    Con la Rai “militarizzata” dal toscano di Rignano,Mediaset compiacente al si,a parte Brunetta,penso che riusciranno a infondere nella stragrande maggioranza degli indecisi come votare.

    E se dovesse vincere il No,direi che l’hastag #TeNeDeviAnnaTueLaMadonnina,penso che sia del tutto legittimo come scenario.

    da Ivo Serentha   - mercoledì, 5 ottobre 2016 alle 12:00

  3. Ecco, tanto per buttarla in barzelletta, i tedeschi, notoriamente pignoli, hanno 144 leggi (devono regolamentare tutto…) contro 42 della Gran Bretagna, accreditata di essere più pragmatica dei popoli latini.
    Seriamente, non è che sarebbe meglio poche leggi BEN FATTE a una pletora infinita che diventa inapplicabile e materia di contenzioso nei tribunali e nelle commissioni tributarie?
    Cos’è, pretendiamo dal Parlamento la produttività a cottimo, o la qualità del “prodotto”?
    Sulla qualità/numero dei legiferanti preferirei non esprimermi.

    da Giancarlo   - mercoledì, 5 ottobre 2016 alle 12:05

  4. Intanto Benigni ci ha regalato un altro grande hashtag costituzionale: #peggiodellabrexit, che va un po’ con tutto e fa molto ridere.

    da david   - mercoledì, 5 ottobre 2016 alle 17:23

  5. Purtroppo per lui è troppo vicino temporalmente il proclama “Fuori i partiti dalla Rai” con cui ci ha ammorbato nei primi giorni da presidente del consiglio. Quindi, quando le persone lo vedono dalla mattina alla sera sulle reti adesso pagate da tutti,corredato anche da giornalisti embedded al seguito, capiscono con chi hanno a che fare e che credibilità ha.

    da Eparrei   - giovedì, 6 ottobre 2016 alle 08:35

  6. A questo punto gli italiani meno abbienti dovrebbero chiedersi se da tutte le riforme, da tutte le elemosine distribuite a pioggia, da tutti i provvedimenti imposti con la richiesta di fiducia, da tutte le promesse sparate in ogni occasione… abbiano alla fine riscontrato per loro dei benefici tangibili. Il nulla assolto, è la palese risposta. Anzi in molti casi hanno ottenuto un consistente peggioramento delle condizioni di vita, economica e sanitaria. D’accordo, la crisi ha la sua brava responsabilità nelle conseguenze, ma siccome nessuno dei provvedimenti del nostro Governo ha ottenuto un esito positivo per migliorare la situazione dei più bisognosi, secondo il mio ragionato parere, vuol dire che il sistema istituzionale a suo tempo ideato dal presidente emerito Giorgio Napolitano, probabilmente con lo scopo di evitare elezioni anticipate, si è dimostrato totalmente inadeguato, soprattutto nelle scelte dei protagonisti. Adesso, in pieno disastro sociale in cui a causa di un’allegra politica settoriale si trova il nostro Paese, con l’aggravio fra l’altro di una forte immigrazione di altri popoli bisognosi, in fuga da guerre e da fame in speranzosa ricerca di aiuti umanitari, l’unica preoccupazione del nostro Governo è conseguire ad ogni costo l’esito positivo di una opaca riforma elettorale, gestita unilateralmente, che cambia in un colpo solo 47 articoli dell’attuale Carta Costituzionale che col suo elevato equilibrio istituzionale, è riuscita senza dubbio alcuno a difenderci dalle lunghe mani di incontentabili affaristi, guidandoci alla meno peggio fuori dai disastri di una guerra tremenda, provocata, guarda caso, da un uomo solo al comando.

    da Vittorio Grondona   - giovedì, 6 ottobre 2016 alle 12:13

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