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Re Zuckerberg alla corte dell’Impero centrale. Bentornato Medioevo

Fatto0109162016, Alto Medioevo. L’Impero Centrale chiede al re della Mela tredici miliardi di tributi non pagati. Facendo questo accusa un suo alleato, il re d’Irlanda, di tradimento. Il re d’Irlanda implora il re della Mela di non pagargli le tasse. Se un italiano, un francese, un tedesco, come nelle barzellette, comprano una canzone a 99 cents, praticamente la comprano in Irlanda, e il re della Mela paga meno tasse. Come nelle barzellette.

Insomma, la guerra tra stati nazionali (macroeconomie pubbliche) e stati aziendali (macroeconomie private), è in pieno svolgimento. Lo scenario Medievale non è poi così peregrino. Giochi di potere, intere casate torinesi che cambiano casa e paese e si trasferiscono dove più conviene, re e principi ricevuti a corte che trattano con i governi, vengono accolti come gran dottori che concionano di futuro davanti ai giovani, per non dire della munificienza e del mecenatismo.

Insomma, come nelle antiche cronache medievali, è un via vai di sovrani portatori della loro visione del mondo: giungono in città, lasciano doni, visitano i governanti, si concedono al pubblico. Ecco che arriva Zuckerberg e sembra che stia arrivando Federico II, si pende dalle sue labbra, si sviscerano le sue parole come se fosse l’oracolo di Delfi. Anche se poi quello dice cose come “Ehi, ragazzi! Credeteci sempre!”, cose che dicevano le nonne nei momenti di euforia, senza essere miliardarie.

Questa dei bei discorsi è una costante delle nuove monarchie: avere un leader è importante anche per loro. E anche quei discorsi passano alla storia come quelli di Kennedy o di Cicerone: “Siate affamati, siate folli!”, il famoso speach di Steve Jobs, il primo re della Mela. Lui era così affamato che per mangiare ha scelto l’Irlanda.

Oltre ai favori fiscali, quando arriva un sovrano c’è un gran dispiego di tappeti rossi e trombette: ecco Sergio Marchionne in cattedra (letteralmente), ascoltato come nel Seicento avrebbero dovuto ascoltare Galileo. E cosa ci dice – tra le altre amenità – il re delle macchine? Che il suo regno gradirebbe un’Italia stabile, un sistema affidabile. In breve: un capo di stato estero che viene a dirci come vorrebbe il nostro paese e la nostra Costituzione. Esattamente come il re della Mela vuole dire la sua sulla politica fiscale europea, esattamente come le multinazionali della salute intervengono sui sistemi sanitari dei paesi, e così via. Alcune aziende hanno capito che conviene trattare direttamente come stati sovrani. Hanno i loro ambasciatori, fanno gentili concessioni, e rivendicano una funzione sociale: noi creiamo lavoro.

Ora, la guerra, come vedete, è complicata. Le grandi multinazionali hanno ormai un potere che non si riesce a regolare con le semplici leggi pensate per aziende normali. In più, la loro funzione è solo quella di creare lavoro (sempre pronte a licenziare se non ce n’è, ovvio, dunque con l’arma del ricatto occupazionale su vasta scala), mentre uno Stato ha quel problema lì, creare lavoro, ma anche altre cosucce da fare: gli ospedali, le scuole, badare che mangino tutti, eccetera. Oneri fastidiosi, che i nuovi re non vogliono. Chissà, forse in un prossimo futuro le mega-aziende penseranno anche a questo, ma vi avverto: non fatevi ricoverare in un ospedale Apple se avete un by-pass Samsung, lo dico per il vostro bene. Altre cose saprebbero farle, tipo riscuotere le imposte: tra Id, password, numeri di telefono, impronte digitali, localizzazione in ogni minuto della giornata, il re della Mela sa di noi più di quanto ne sappia l’Agenzia delle Entrate e forse pure i nostri parenti. E’ solo l’inizio, lo scenario è mutevole, la guerra sarà lunga. Quella sull’Impero Centrale e il re della Mela, magari, sarà una domanda alla maturità per i nostri nipoti.

6 commenti »

6 Commenti a “Re Zuckerberg alla corte dell’Impero centrale. Bentornato Medioevo”

  1. E ci si sente sempre più piccoli e impotenti. Non era certo questa la società che sognavamo. Come diceva il buon vecchio Iljc, Che fare?

    da silvia accardi   - giovedì, 1 settembre 2016 alle 09:29

  2. Da un certo punto di vista,il loro ovviamente,la restaurazione del nuovo feudalesimo gli è riuscita benissimo,non avrebbero perso tanto tempo se un paese continente come la Cina,avesse avuto qualche decennio fa la rivoluzione del capitalismo di stato.

    Non avrebbero dovuto concedere tanti diritti ai lavoratori,e da questo secolo la rivincita si è potuta materializzare nel suo splendore.

    Se poi,riusciranno a tenere a bada per decenni miliardi di persone,con l’elargizione e a gentil concessione delle bricioline per sopravvivere,direi che più di una rivincita sarà da considerare un capolavoro,anche se dubito che il giochino avrà un lungo avvenire….

    Prima o poi anche un esercito di storditi s’accorgeranno che così non va!

    Sperando che Louis Armstrong avrà di nuovo ragione

    https://www.youtube.com/watch?v=oGmRKWJdwBc

    da Ivo Serentha   - giovedì, 1 settembre 2016 alle 11:59

  3. Dai, proprio così non va. Non può andare bene un Paese che ascolta, per esempio un signore che con l’Italia c’entra come i cavoli a merenda. Mi riferisco alle rivelazioni del manager Sergio Marchionne che non esita ad invocare ai microfoni delle nostre televisioni palesemente asservite al potere la vittoria del sì al prossimo referendum sulla modifica (sic) della Costituzione italiana. Vuole, lui, un governo stabile che decida in fretta… Chissà a cosa si riferisce!… Forse si riferisce ai fatti storici e moderni che secondo il suo parere i nostri governi sono stati cattivi con la Fiat?… E dire che la nostra democrazia un tanto al chilo gli ha permesso di introdurre col ricatto occupazionale perfino una mera schiavitù nell’azienda che amministra. Non gli è bastato, evidentemente. Per i resto mi sembra tutto ironico. Se fosse ancora vivo l’inventore della ruota sarebbe col sistema attuale l’uomo più ricco del mondo ed il suo successo sociale preso ad esempio dai governanti per umiliare il popolino che si affanna per la sopravvivenza, sarebbe osannato a prescindere. Nessuno fa più caso alla collaborazione delle idee e delle azioni per il bene comune. Il dio quattrino è la meta, poi si farà al limite un po’ di beneficenza, così, tanto per meritarsi nella propria coscienza, un angolino in Paradiso.

    da Vittorio Grondona   - venerdì, 2 settembre 2016 alle 15:56

  4. L’impervia via verso il socialismo ogni tanto spiana, fa una svolta e scende giù fino al al Medioevo, per poi continuare ed arrivare ad un bivio : una s’inerpica su faticosamente verso una meta insicura, che alcuni ancora si ostinano chiamare socialismo, e l’altra larga ed agevole conduce dritti dritti verso la barbarie … Ma giunti al bivio chi ci obbliga a seguire la strada più facile?

    da Marco da Zurigo   - sabato, 3 settembre 2016 alle 00:03

  5. A volte un semplice si buttato lì a caso senza la dovuta preparazione conoscitiva equivale al cambio spiritoso dell’indicatore di direzione al bivio. In sostanza è sempre meglio circolare con la cartina stradale a portata di mano.

    da Vittorio Grondona   - domenica, 4 settembre 2016 alle 19:01

  6. Già la cartina stradale … I cinesi dicono che ‘talvolta la strada più lunga è quella più corta’ … Noi modestamente diciamo che ‘tutte le strade portano a Roma’ … L’importante è non perdere la bussola. Purtroppo oggi più nessuno la usa, tutti hanno l’Iphone con GPS e router integrati!

    da Marco da Zurigo   - domenica, 4 settembre 2016 alle 23:03

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