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Disintermedia, disintermedia… come usare gli italiani per picchiare altri italiani (Matteuccio alla lavagna)

alvarovitali

Per chi non avesse capito la gag della lavagna del Presidente del Consiglio, è presto detto. I guru del marketing governativo la chiamano “disintermediazione”, cioè la pratica di parlare direttamente alla gente e non alle categorie coinvolte, o alle parti sociali, i famosi corpi intermedi a cui in questo anno ne sono state dette di tutti i colori (anziani, antichi, conservatori, i gettoni, il rullino, ecc.). Si tratta di una questione abbastanza semplice: se scioperano i ferrovieri li indichi come nemici ai passeggeri, se protestano gli studenti dici a tutti quelli che non sono studenti che quelli non hanno voglia di studiare. Se scioperano gli insegnanti, li additi a tutti come quelli che boicottano gli scrutini, con il rischio di rovinare le vacanze… Già l’uso della parola “boicottare” è indicativo (e sì, in effetti, se non fai partire un tram perché pretendi – assurdo eh! – che ti venga rinnovato il contratto, boicotti i movimenti della gente).
E’ una nuova (?) forma di “gentismo” populista (già visto, peraltro: i videomessaggi non li ha inventati Renzi, ma Berlusconi, uno che fa una brutta fine ma ha avuto buoni allievi) che mette italiani contro altri italiani. I precari contro i “garantiti” (ahahah!), i giovani contro i vecchi che prendono la pensione, vecchi assunti contro nuovi assunti, pazienti contro infermieri (dovesse capitare). Disintermedia, disintermedia non è difficile prevedere che così si arriverà presto una società litigiosa e incazzatissima (intendo: ancor più litigiosa e incazzatissima di com’è oggi), un tutti-contro-tutti in cui le sberle voleranno sì, ma solo tra poveri, per così dire.
Di questa “invidia sociale” trasferita ai piani bassi della società avevo già scritto qui, mi sembra che il trucco della lavagna a reti unificate confermi. L’importante, alla fine, è che nessuno disturbi i piani alti, poi, là sotto, menatevi pure. Usare una parte del paese per picchiare quell’altra è una tecnica che paga nel breve termine. Ma dopo? E in questo continuo additare nemici (gufi, disfattisti, frenatori…) cosa distinguerebbe Matteo Renzi versus gli insegnanti da Matteo Salvini versus i Rom? Molti dettagli, certo. E’ un paradosso, d’accordo. Ma il disegno è lo stesso: avere sempre un nemico, additarlo a tutti gli altri, acquisire consenso unendo tanti contro pochi, ogni volta diversi. Bello eh! Quelli che hanno fatto buoni studi (magari pagati dalle generazioni prima, quelle tanto cattive che gli “rubano il futuro”) la chiamano così: “disintermediazione”. Come tutto quello che viene da lì, sembra una cosa nuova, e invece è antichissima.
PS – Questa della disintermediazione è una questione di metodo e vale per tutto. Sulla scuola in particolare, la narrazione dei guru di cui sopra è “Dite sempre di no, non volete cambiare le cose”. E’ un trucco anche quello, ovviamente. Le proposte sulla scuola sono molte, e migliori di quella del governo Renzi. Per farsi un’idea, qui, c’è la proposta di Legge di Inizativa Popolare sulla scuola. E’ una proposta, dovreste leggerla, ma questo sulla lavagna non c’era scritto.

17 commenti »

17 Commenti a “Disintermedia, disintermedia… come usare gli italiani per picchiare altri italiani (Matteuccio alla lavagna)”

  1. Al di là del nome che si attribuisce alla pratica , essa produce non solo incazzature e litigi ,ma imbarbarimento che mina l’equilibrio e la coesione sociale.

    da carmelo setaro   - giovedì, 14 maggio 2015 alle 12:24

  2. Ma risentiamo il NeoCommendatore:
    http://www.corriere.it/politica/14_ottobre_26/diritto-sciopero-jobs-act-piu-duro-serra-apre-caso-leopolda-3d52fdce-5ce8-11e4-abb7-a57e9a83d7e3.shtml

    da david   - giovedì, 14 maggio 2015 alle 15:36

  3. Se qualcuno dei nostri attuali abbronzatiossimi politici si recasse ogni giorno davanti al cimitero della propria città si accorgerebbe che la maggior parte di quelli che vi entrano con i piedi avanti di età tra i 60 e i 70 anni erano in vita operai addetti ai svariati compiti faticosi del rispettivo lavoro. Tutta gente che aveva versato regolarmente, ma date le circostanze purtroppo inutilmente, per il fondo pensione. Se poi lo stesso politico, fresco di scuola e battagliero rottamatore, sfogliasse il grosso libro delle spese dell’ INPS, si accorgerebbe che la maggior parte dei quattrini versati dai lavoratori sono utilizzati per l’assistenza pubblica, ivi comprese le pensioni sociali, che, ironia delle ironie, gli stessi politici non attingono come dovrebbero dalla collettività generale, ma solo dai lavoratori dipendenti. Mi domando se a questo punto sia proprio necessario distinguere fra retributivo e contributivo. Sempre di denato fresco si tratta, Di denaro che viene restituito a distanza di anni a chi è stato obbigato a versarlo per contratto col rischio che in caso di prematura dipartita, sarebbe rimasto a disposizione della società. Peraltro la riforma Dini (sic) venti anni fa aveva già disposto che tutte le pensioni fossero calcolate col sistema contributivo, fatte salvo quelle riferite al personale che allora (1995) e fino ad allora avessero maturato 18 anni di servizio e di contributi. In sostanza oggi nessun dipendente al suo pensionamento ha più la pensione calcolata nei due distitnti modi retributivo fino al 1995 e contributivo per gli anni successivi. Per quanto riguarda la riforma della scuola che a detta ignobile degli addetti ai lavori viene anunciata come richiesta espressamente formulata dagli italiani (si facciano avanti coloro che l’hanno richiesta), faccio presente che è palesemente sciocco istituire un potere assoluto nella persona del preside senza paletti democratici di salvaguardia. Inoltre farsi giudicare dai propri alunni, dagli altri professori e dai genitori degli alunni, è come la corazzata Potëmkin secondo il noto lapidario giudizio di Fantozzi. A questo punto vedo bene davanti alla lavagna come informatore perfettamente informato secondo il concetto rai il fantastico Alvaro Vitali, ma dietro… Dietro a mio parere ci starebbero benissimo in castigo i nostri poco fantastici governi degli ultimi anni, tecnici o presidenziali che fossero.

    da Vittorio Grondona   - giovedì, 14 maggio 2015 alle 16:30

  4. Poi ovviamente non c’è un videomessaggio o lo spiegone sulla legge sulla tortura, quelle cose le fa il Parlamento dice.

    da david   - giovedì, 14 maggio 2015 alle 17:29

  5. insomma, una sorta farsesca di reductio ad Hitlerum per chi non la pensa come il capo

    http://it.wikipedia.org/wiki/Reductio_ad_Hitlerum

    da diamonds   - giovedì, 14 maggio 2015 alle 17:31

  6. Grazie. In questi giorni di attacchi di delegittimazione cominciati già 20 anni fa, scoprire che un non insegnante conosca la Lip mi dà una tregua.
    Saluti
    Arcangela

    da Arcangela Mastromarco   - giovedì, 14 maggio 2015 alle 18:55

  7. sì, è proprio la scuola di Alvaro Vitali. Viene da dire che forse è davvero la scuola di Pierino quella che ispira i Renzi e le Gelmini. Sono rimasti fermi lì, alle barzellette e ai luoghi comuni. Un modello che piace, si sa – ma non diciamo a chi, per evitar querele.

    da giuliano   - giovedì, 14 maggio 2015 alle 22:53

  8. Secondo me il punto è questo. Questa scuola vi va bene? Non intendo le pur anchilosate e basculanti condizioni gravitazionali degli edifici scolastici. Non solo quelle. La vedete per esempio la facezia della “supplentela”? Per quanto tempo ancora dovremo noi insegnanti supplenti rincorrere le nostre psicasteniche facies di inopportuni al cursus didattico a cui , per dio, teniamo? Togliendo Renzi, i corpi intermedi , sono tenuti per definizione ontologica a non produrre idee e rimettersi solo all’azione di ridiscussione o recusazione di un’idea o potrebbero fare un pò di più? Anche voi del Fatto siete una consorteria che rende vana l’eleborazione e , ancor peggio, la creazione di idee politiche.

    da riccardo   - venerdì, 15 maggio 2015 alle 05:57

  9. Come già ho scritto nel pezzo dire “questa scuola vi va bene?” per sostenmere una riforma brutta. Non è un argomento sensato. Questa scuola non va bene e ci vuole una riforma migliore di questa (la proposta c’è, niente male, ed è linkata nel pezzo, certo, che noia, bisogna leggere…). I corpi intermedi spesso hanno proposte (sul Jobs act le avavano, sulla scuola le hanno…), ma purtropèpo sui media c’è postyo solo per la propaganda… Ultimo: “Voi del Fatto” è una scemenza, non più di “Voi dei Corriere” o di “Voi di Repubblica”. Come sa che ogni tanto lòegge il giornale (e come sa benissimo chi pssa da questo sito) le voci sul giornale sono m,olteplici, diverse tra loro e abbastanza, diciamo cos’, polifoniche. In più, spero sia accettabiole questa regoletta, ognuno risponde di ciò che scrive lui e non di ciò che scrivono altri. Dietro a questa acquiescenza (così non va bene, prendiamoci la riforma di Renzi) si intravvede un’accettazione supina e fideistica di quel che fa il capo. Spiacente, qui non attacca (cvhiunque sia il capo)

    da Alessandro   - venerdì, 15 maggio 2015 alle 07:32

  10. Riccardo,ti parlo direttamente. Purtroppo, mi sembra che tu sia un esempio provato della funzione, che funziona, del “disintermedia”: sembri caduto nella trappola della versione moderna, che tanto moderna poi non è, del “dividi et impera”.
    Sono convinto che non sarà solo la comunicazione diretta davanti la lavagna che ti avrà fatto elaborare tali convinzioni; molto probabilmente l’alienante vita del supplente ti avrà messo di fronte a quelle situazioni negative che esistono nella scuola (quella parte di docenti giudicati non sono all’altezza del loro ruolo, le incongruenze assurde cui spesso ci si scontra, …).
    Questo però non è altro che lo specchio della società in cui viviamo.
    Si dice che si vuole introdurre il merito: con quali criteri e decisi da chi?
    Nel resto della società quanto merito vedi?!
    Quanti figli di farmacisti, avvocati , architetti, ricercatori, ministri,… fanno i muratori?!
    Giusto il concetto di merito; vorrei discutere come metterlo in atto. E’ da gufi, da professoroni o che da che altro avere questa “pretesa”.
    Ti pongo una domanda: pensi che veramente far diventare la scuola una caserma sia la soluzione?
    Ho fatto il militare di leva e ho fatto esperienza di come si vive in una caserma: la scuola è, o meglio spero che resti, un’altra cosa. In caserma alcuni si “trovavano” benissimo. Alcuni.
    Questa cosiddetta “riforma” della scuola (insieme alla legge elettorale, al “jobs act”, lo statuto dei lavoratori trasformato in quello dei lavori, e quel che potrà seguire) mi sembra più consona al “piano di rinascita democratico”, a mio parere ormai riesumato (o forse mai sepolto).
    Certo potranno esistere ottimi presidi-manager come esistevano decenti ufficiali in caserma che poi al momento di applicare regole anche da loro ritenute assurde…le applicavano.

    Altre sono le priorità che come cittadino vorrei fossero all’attenzione dell’esecutivo ma non mi sembrano presenti nella sua agenda.
    “Spezzeremo le reni alla Grecia…” diceva il tizio guidando (si fà per dire) i poveri contro quelli come loro: i risultati di allora sono ancora presenti e davanti a noi percepisco un solo, grande deja vù.
    Buone cose
    Dario

    da Dario   - venerdì, 15 maggio 2015 alle 10:54

  11. Ho letto in un articolo di un guru del MIT che Bill Gates, Zuckerberg e Steve Jobs hanno una cosa in comune : hanno frequentato scuole Montessori. Un dettaglio non molto importante ma comunque interessante … Maria Montessori nacque in Italia nel lontanissimo 1870 … Lo so, oggi vanno di moda gli orizzonti temporali di tre mesi, quindi il Governo è scusato!

    da Marco da Zurigo   - venerdì, 15 maggio 2015 alle 16:13

  12. le scuole legate al mondo del lavoro? l’Italia ne è piena, a Prato ci sono scuole superiori legate al tessile, a Faenza legate alla ceramica, io stesso (poteva chiedere informazioni a Cernobbio, il nostro premier: tutta l’industria della seta ha dirigenti e tecnici che vengono da lì) ho frequentato un’importante e storica scuola superiore a Como. La mia scuola, quella dove mi sono diplomato quarant’anni fa, è stata fondata più o meno al tempo dell’Unità d’Italia e da allora (dal 1860 circa) ha fornito la classe dirigente alle ditte del comasco.
    La situazione oggi è questa: non è che manchino le scuole collegate al mondo del lavoro (anzi, invito chi volesse a continuare la mia lista: il petrolchimico a Milano, i geologi a Catania, ancora il tessile a Napoli e Biella…), è che ormai è il lavoro che manca. Quante ditte hanno chiuso in questo inizio di millennio?
    Ma qui si continua con le barzellette di Pierino, con i disegnini sulla lavagna, mah. Mi viene da dire che, oltre alle ditte, manca anche una classe dirigente degna di questo nome: i dirigenti sono oggi quasi tutti figli della pubblicità e del marketing, si cambia il nome al prodotto e via come se fosse nuovo…

    da giuliano   - venerdì, 15 maggio 2015 alle 20:56

  13. bra-vo,Robecchi! (articolo e replica al n.9)

    da adele5   - domenica, 17 maggio 2015 alle 07:54

  14. Ma guarda che fastidio gli da Civati adesso; comunque è chiaro che il miglior alleato di Toti è stata, è e (purtroppo) sarà la Paita.

    da david   - lunedì, 18 maggio 2015 alle 15:09

  15. Data la mia non più verde età ho avuto modo di vedre qualcge decina di tentativi di riforma portati avanti da altrettanti ministri e tutti accolti con furibonde proteste da parte di tutte le consorterie scolastiche, dai presidi ai bidelli. Mai vista una qualsiasi protesta nei confronti di ministri che si limitassero ad incassare lo stipendio senza fare alcunchè. Ne ho tratto il convincimento che obiettivo irrinunciabile del personale scolastico sia lasciare le cose come stanno.
    Qualcuno sopra scriveva “noi non siamo contrari alle valutazioni, ma bisogna vedere come sono fatte e da chi”. Con rispetto parlando : balle. Qualcuno ricorda la Miriam Mafai, parlamentare PCI, giornalista, scrittrice e sopratutto donna di grande intelligenza ? Ricordo furibondi attacchi da parte di docenti nei suoi confronti perchè sosteneva l’opportunità di introdurre una sistema di valutazione del lavoro dei professori. La discussione non verteva sul come valutare, ma gli insigni educatori sostenevano che il loro lavoro era di troppo alto livello perchè fosse possibile giudicarlo in qualsiasi modo. Questa, al di là delle chiacchere è ancora l’opinione corrente. Cordiali saluti a tutti

    da alfredo   - martedì, 19 maggio 2015 alle 08:58

  16. Ad esempio sarebbe interessante capire come e perchè la discrezionalità di un preside manager possa garantire più meritocrazia rispetto ad un concorso (pur con tutti i limiti del concorso).
    O perchè, se la valutazione del mio merito è già stata affidata ad un concorso, io debba poi sottostare ad ulteriori valutazioni di merito, però discrezionali.

    da david   - martedì, 19 maggio 2015 alle 14:52

  17. 25 studenti che hanno scarabocchiato gli invalsi sospesi per “danneggiamento alla proprietà pubblica”

    da david   - giovedì, 21 maggio 2015 alle 14:41

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