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mer
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gen 15

C’è sinistra in Grecia e in Spagna, ma noi la chiamiamo “estrema”

Si sa come va con le mode: vanno, tornano, passano e poi ripassano. Ecco che sta ripassando la parola “estremo”. Serve a definire una sinistra europea che non si sa bene come chiamare. O meglio si sa: la si dovrebbe chiamare sinistra e basta, ma essendo il nome già occupato bisogna adeguarsi. Restando al linguaggio dell’informazione la sinistra “estrema” è quella greca, che fa tremare i mercati, spaventa l’Europa, brucia miliardi (sic) nelle Borse, indebolisce l’Euro eccetera eccetera. Insomma è cattiva. Anche in Spagna si muove qualcosa, con un movimento che sta in testa nei sondaggi e che ha un programma di politica economica di “estrema” (e dàgli!) sinistra. Ora, con due paesi europei in cui la faccenda non è più così trascurabile e minoritaria, bisognerà forse riconsiderare l’uso della parola “estrema”. I programmi economici di Syriza e di Podemos non contengono nemmeno un punto che già non si sia visto, o teorizzato, o sostenuto in decine di programmi della sinistra storica. Più stato, meno mercato senza vincoli, rinegoziazione del debito, maggiori controlli su finanza, riduzione della forbice tra classi sociali, pressione fiscale molto progressiva con più tasse sui redditi alti e i gradi patrimoni eccetera eccetera, fino alla pensione a sessant’anni. Uno può essere o meno d’accordo, naturalmente, vedere limiti e prevedere conseguenze di queste politiche, se e quando verranno attuate, ma è indiscutibile che si tratti di politiche economiche con una netta connotazione di sinistra. Cosa ci sia di così estremo non si capisce.
E’ che la parola “estrema” riferita alla sinistra, qui da noi, indica cose che voi umani non avete mai visto. Piccole vanità, rivalità ridicole, leaderismi, suonatori di bonghi, frequentatori di salotti televisivi e non, velleità bizzarre, improvvise conversioni, pacificazioni, nuove risse e contraddizioni in seno al popolo con pochissimo popolo. E questo in un posto dove la sinistra non estrema, invece, quella burbanzosa e sorridente, si affanna malamente e con una certa macchinosità pasticciona intorno a decreti che fanno sconti a chi froda il fisco. Insomma, a non farne soltanto una questione di parole, resta il fatto che ci sono oggi due sinistre assai differenti: una che propone un’accelerazione verso politiche sociali di redistribuzione e l’altra che gestisce in qualche modo la status quo europeo dell’austerità, pur fingendo di borbottare e di dolersi delle stesse politiche che sostiene. Nel programma di Syriza, per esempio, non c’è né l’uscita dall’euro né l’uscita dall’Europa. Le 35 ore settimanali proposte da Podemos furono una bandiera della Francia di Mittrerrand. Usare la parola “estremo” per spaventare, manco fossimo ancora ai cavalli cosacchi e al Grande Timoniere non è una grande idea, o perlomeno non così nuova. Pure, resta questa faccenda della sinistra “estrema” e si sottende così poco responsabile, poco allineata, chissà dove andremo a finire signora mia, e tutto il corollario delle paure, comprese le Borse che tremano perché finalmente qualcuno dice forte che si può avere anche un’altra idea di Europa. Presto per dire, ma se si tratta di cambiare verso, è più facile che il cambiamento venga dagli “estremisti” che vogliono inasprire le pene per l’evasione fiscale piuttosto che da chi le sta ammorbidendo. E come si vede siamo ancora all’usurpazione delle parole. Perché il nuovo di cui tanto si parla si affanna a tenere le cose più o meno come stanno, mentre a sinistra succede qualcosa di nuovo. Che non è nemmeno tanto “estremo”.

5 commenti »

5 Commenti a “C’è sinistra in Grecia e in Spagna, ma noi la chiamiamo “estrema””

  1. ma Renzi, nel suo programma elettorale di sinistra, dove aveva messo questo condono fiscale di sinistra che mi era sfuggito ?

    da david   - mercoledì, 7 gennaio 2015 alle 09:08

  2. Bentornato, Alessandro, ci sei mancato. Bene che si riaccenda qualche speranza in quest’Europa martoriata da politiche di destra; ma oltre al voto e ai cambiamenti di politiche statali pensiamo a lotte dal basso, sindacali, per territori puliti in tutti i sensi, per una grossa campagna di riappropriazione di scuola, sanità e servizi che tornino pubblici per tutti e non privatizzati, nella mani di Chiesa e mafie. Se seguiamo solo i capi buoni che cambieranno la politica e non ce ne facciamo carico direttamente, i cambiamenti saranno sempre instabili, basta un Renzi qualsiasi per avere quello che abbiamo. Buon 2015 di lotta, quindi.

    da dada   - mercoledì, 7 gennaio 2015 alle 09:24

  3. In un articolo su Podemos ho trovato un accenno a Lenin …
    vade retro satana … facciamoci subito il segno della croce …
    Buon anno a tutti !

    da Marco da Zurigo   - mercoledì, 7 gennaio 2015 alle 16:41

  4. @david Quale programma, e quali elezioni?

    da r1348   - giovedì, 8 gennaio 2015 alle 00:40

  5. primarie

    da david   - giovedì, 8 gennaio 2015 alle 17:55

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