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Renzi a casa Merkel: (non) piccole differenze tra propaganda e realtà

Va di moda una cosa che si chiama fact checking e che una volta, quando eravamo giovani e premoderni si chiamava “controllare le notizie” oppure, come in questo caso, vedere da vicino se a una cosa detta corrisponde poi una cosa fatta. Insomma, chiamatelo come volete e controllate queste due frasi.

La prima frase è di oggi, 17 marzo 2014. L’ha pronunciata Matteo Renzi (le virgolette sono prese da Repubblica e controllate poi con il video), durante la conferenza stampa dopo il colloquio con Angela Merkel.
“Noi rispettiamo tutti i limiti che ci siamo dati, a partire dal trattato di Maastricht. L’Italia non chiede di sforare le regole, dando il messaggio che le regole sono cattive. Queste regole le abbiamo fatte noi. Le regole ce le siamo date insieme e sono importanti ma occorre avere la forza di investire sul grande problema dell’Italia: con le misure di questi anni il rapporto debito/pil è cresciuto al 132% perché, nonostante l’avanzo primario, il nostro problema è la mancata crescita".

La seconda frase è invece quella che segue.
E’ datata 22 ottobre 2013 ed è tratta da un documento ufficiale: la mozione di Matteo Renzi per la sua trionfale corsa alle primarie di dicembre. In pratica, il programma con il quale si presentava agli elettori (del Pd e non, essendo primarie aperte) per la sua corsa alla segreteria del partito.
“Il 3%, infatti, deriva matematicamente da un obiettivo (stabilizzare il debito alla media Ue dell’epoca, il 60%) e da un’ipotesi/speranza (che il Pil crescesse in media del 3% l’anno). Entrambe le cose nel 1992 erano vere e realistiche. E ora non lo sono più: la media del debito nell’area euro è il 90%, e il tasso di crescita medio è molto più basso del 3% (anche a causa delle economie emergenti). In più il 3% soffre problemi di credibilità…quando nel 2003 l’hanno violato Francia e Germania, si è preferito sospendere il Patto di Stabilità piuttosto che applicare la sanzione. Significa un “tana libera tutti”? No, specialmente per un paese come il nostro che ha un debito (132% del Pil) superiore sia alla media Ue del 1992 che a quella di oggi. Significa invece disegnare un nuovo e credibile sistema di vincoli che sia al passo coi tempi, che permetta di risanare i bilanci realisticamente (senza uccidere il malato) e che possa essere rispettato da tutti”.

Pur in modo un po’ contorto, l’intenzione di cambiare i parametri pareva evidente. Il “disegnare un nuovo e credibile sistema di vincoli” sembrava un programma di politica economica europea.
E questo senza contare quel famoso rapporto deficit/pil che in ottobre Renzi definiva “con problemi di credibilità” e che oggi descrive invece come “regole che abbiamo fatto noi”. Un bel testacoda.
Insomma, prima e dopo la cura.
E non si dice questo per cogliere in contraddizione un leader, un segretario di partito o un capo di governo (si sa che la coerenza non è sempre possibile). Ma per un altro motivo. Matteo Renzi governa oggi senza un mandato degli elettori (non c’è niente di male: in Italia non si elegge il primo ministro. Però aveva detto e stradetto che non l’avrebbe mai fatto). Molti suoi sostenitori sostengono che il mandato scaturito dalle primarie del Pd (circa un milione e ottocentomila voti) basti a dargli un’investitura popolare, come se le elezioni private di un partito fossero il suffragio universale. Ma passi pure questo.
Però supponiamo ora che qualcuno lo abbia votato alle primarie proprio perché molto critico con i vincoli europei. O magari addirittura perché definiva “poco credibile” quel tre per cento. Perché voleva una politica economica diversa, con meno austerity e meno vincoli.
Ecco, ora, quel voto, sarebbe tradito in pieno. Perché una cosa è la propaganda e un’altra cosa è la realtà.

7 commenti »

7 Commenti a “Renzi a casa Merkel: (non) piccole differenze tra propaganda e realtà”

  1. d’accordo

    da mlaura   - martedì, 18 marzo 2014 alle 00:21

  2. senza contare tutti quegli elettori del centrosinistra che non sono andati a votare alle primarie perché non consideravano corretto scegliere il segretario di un partito al quale non erano iscritti… anche quei “non voti” sono stati traditi in pieno.

    da chiara   - martedì, 18 marzo 2014 alle 10:23

  3. Visto poi che fra le due dichiarazioni il debito/pil è rimasto al 132%, solo chi legge o impara a memoria quello che srivono altri per suo conto può contraddirsi in questo modo, peraltro con vistosi esiti dal sapore amaro di inganno. Lo so, sono sospettoso e forse mi sbaglierò senz’altro, ma davvero, non riesco a comprendere la contraddizione renziana. Infine, quando verrà la Merkel qui da noi a farci vedere il suo compito a casa?… La verità è che passa il tempo, ma i barbari del nord conservano da sempre nel proprio dna il desiderio di dominare l’Italia. E noi?… Popolo bue che con l’esito di una risicata primaria aperta a tutti abbiamo accettato un primo ministro?… Siamo capaci di strillare nelle piazze, di piangere guardando i vari talk show, ma quando si va a votare, votiamo sempre lì… Ci piace troppo potere continuare a urlare nelle piazze e a piangere guardando i talk show… A noi, poi, in fondo in fondo invece di cercare di cambiare le cose, piace un sacco anche potere “litigare su questioni di lana caprina” (Orazio: Epistole).

    da Vittorio Grondona   - martedì, 18 marzo 2014 alle 10:40

  4. Se non erro ad ogni giro di elezioni, per 50 anni ovvero fino a Prodi, tutti i primi ministri italiani sono andati in pellegrinaggio a Washington. Ora vanno a Berlino pure se le elezioni non ci sono state. E’ un cambio di ‘abitudini’ notevole. Si è sempre vassalli e chi comanda sta sempre oltreconfine però qualcosa è cambiato. E come si dice da noi “Franza, Spagna pur ca’s magna”

    da sebastiano   - martedì, 18 marzo 2014 alle 11:47

  5. d’accordissimo con Robecchi, ma ti chiedo: secondo te quanti Italiani hanno la capacità di comprendere quello che hai scritto e, quindi, di capire la contraddizione dei discorsi di Renzi? diciamo un 10% o meno?

    da Roberto   - martedì, 18 marzo 2014 alle 14:53

  6. Una decina di giorni fa il nostro Primo ministro ha presentato una bozza del piano di interventi da realizzare: un piano da un centinaio di miliardi (60 alle imprese per il pagamento dei debiti pregressi, dieci per la riduzione IRPEF ai dipendenti, 10 per la riduzione IRAP alle imprese più altri spiccioli per la messa in sicurezza delle scuole, etc.). Il giorno dopo la UE si è premurata di farci sapere che i nostri conti non erano così in ordine come sembrava. Il nostro Primo Ministro ha fatto finta di non intendere e puntualmente è arrivato il secondo cartellino giallo da Bruxelles (conti non in sicurezza, terzultimi su 28 paesi). Si è trattato di due strattoni al guinzaglio del nuovo vispo cucciolone che ha sostituito Letta, che si era dimostrato tranquillo ed obbediente in quanto addestrato da Bilderberg. A quanto pare il secondo strattone ha raggiunto lo scopo: Renzi si è prontamente adeguato ad accettare tutti i parametri economici europei. Vedremo dove troverà nel 2015 i 50 miliardi per rispettare il Fiscal Compact.

    da Confucius   - martedì, 18 marzo 2014 alle 15:30

  7. Volendo essere precisi, non c’e’ nessuna contraddizione: se (come pareva dire il Renzi pre-primarie) ricalcolassimo il limite del 3% deficit sulla base di “parametri realistici” (in particolare, una crescita piu’ bassa), otterremmo un limite INFERIORE al 3%, ovvero una norma piu’ rigida.
    Questo prendendo per vero una cosa che non lo e’, cioe’ che il limite del 3% sia stato “calcolato” da qualcuno in base a qualche criterio., mentre invece non ha nessuna base ne’ teorica ne’ empirica (idem per il limite del 60% per il debito/pil).

    Secondo me quella frase dimostra principalmente l’insipienza di Renzi che (non sapendo nulla di come si sia arrivati ai vari “limiti” del trattato di Maastricht, ne’ di cosa significhino) fa delle affermazioni con significato diametralmente opposto a quello che (presumibilmente) voleva esprimere.

    da Emanuele Ripamonti   - mercoledì, 19 marzo 2014 alle 12:08

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