Alessandro Robecchi, il sito ufficiale: testi, rubriche, giornali, radio, televisione, progetti editoriali e altro
 
mer
5
mar 14

Austerity, una pagella piena di 4. Ma nessuno è stato bocciato

E’ un classico di tutti i tempi: più se ne parla e meno si fa. Vale per lo sport e per il sesso: diffidare da chi ne chiacchiera troppo. E vale – cosa assai più grave per un Paese in condizioni deprimenti – per il famoso merito, invocato sempre e praticato mai. A parte il fatto che la parola è comoda e abbastanza vuota (è possibile valutare il merito soltanto se ci sono uguali condizioni di partenza, se no è una truffa), il fatto è che del merito si vede solo la parte buona. Cioè: deve far carriera, avanzare, prevalere e vincere chi merita. Ammettiamo. Questo prevede, però, che debba indietreggiare e in qualche modo togliere il disturbo chi non merita. Insomma: se accetti questa questione del merito devi accettare anche i quattro in pagella e la bocciatura. E qui sorgono i problemi, prima di tutto in campo politico, perché risulta, anche piuttosto grottescamente a volte, che la responsabilità non sia mai di nessuno. E se non becchi i colpevoli di un errore, diciamolo, tutto l’affascinante discorso del merito diventa teoria, bella per i discorsi e morta lì.
Se si applica il discorso all’economia nazionale (ma anche europea, ma anche mondiale) il problema si fa chiarissimo. Tutti quelli che oggi dicono basta con l’austerity – l’austerity strangola e non garantisce ripresa – sono gli stessi che fino a ieri ne predicavano le virtù taumaturgiche. Stessi banchieri centrali, stesse maggioranze di governo, stesse istituzioni economiche. Nessuno se n’è andato dicendo: ok, cambia la strategia, io sostenevo quella sbagliata, addio. Un’occhiata ai conti dell’economia reale italiana potrebbe servire da esempio. Nel 2013 il Pil è sceso dell’1,9 per cento, i consumi del 2,6, gli investimenti del 4,7. Si dirà che si tratta di numeri che non hanno visibile ricaduta sulla vita di tutti i giorni. Va bene: eccone altre. Spesa delle famiglie per l’abbigliamento, meno 5,2 per cento; spesa per la Sanità, meno 5,7; spesa per il cibo (il cibo!) meno 3,1. Però è calato lo spread, cosa che sembra eccitare tutti come una vittoria al totocalcio. Nel frattempo il debito pubblico è salito un bel po’, dal 127 per cento del 2012 al 132,6 del 2013. Come dire che la famosa austerity ha colpito i frigoriferi privati ma non il debito pubblico.
Ora, questi sono fatti. Fatti, tra l’altro, per cui non è difficile fare nomi e cognomi: i ministri economici degli ultimi anni, per esempio, i premier circonfusi dall’aureola della Spending review, i pianificatori preoccupati di non sforare i parametri europei. In poche parole: i teorici dello stringere la cinghia. Si applicasse la famosa ricetta del merito – chi merita va avanti, chi ha sbagliato se ne va – ci sarebbero gli estremi per un’epurazione di massa. Vale per l’Italia, ma anche i vertici economici e monetari europei non sarebbero del tutto al sicuro. Invece sono ancora tutti lì, presi da generose correzioni di rotta, da sottili distinguo, da fumosi discorsi macroeconomici di strategie globali. Insomma, la pagella è arrivata, i quattro sono numerosi, ma il discorso sul merito non si applica e non si boccia nessuno. Un’economia fatta soltanto di vincoli e priva di alcuna visione (come fu visionario Roosevelt nel New Deal americano, per dire) resta lì, seduta sulla propria mediocrità, sui frigoriferi vuoti, su milioni di europei e di italiani che rimandano la visita dal dottore. Ecco un caso macroscopico in cui il discorso sul merito è solo un rumore di fondo, una cortina fumogena, un trucco dialettico. Intanto il merito, come i soldi, è finito.

5 commenti »

5 Commenti a “Austerity, una pagella piena di 4. Ma nessuno è stato bocciato”

  1. Caro Alessandro, il tuo articolo sulla meritocrazia di qualche mese fa (http://temi.repubblica.it/micromega-online/merito-eguaglianza/) è talmente ‘giusto’ oltre che comico, chiaro, condivisibile, esaustivo e di sinistra, che lo ho salvato tra i miei link preferiti e non manco mai di spacciarlo in tutti i siti in cui si omaggia questo nuovo vitello d’oro.
    Cmq sia la meritocrazia, l’austerità, il liberismo sono tutte pratiche figlie del “armiamoci e partite” poichè applicate a scapito altrui. Quello che per divertimento si può definire come prono-capitalismo. Dove si sa chi è in posizione prona e pure chi ha il privilegio dell’ombrello di Altan.

    da sebastiano   - mercoledì, 5 marzo 2014 alle 11:02

  2. Un altro visionario non male era Lenin

    da Federico_79   - mercoledì, 5 marzo 2014 alle 13:10

  3. Credo caschi a fagiolo un post di Paul Krugman di oggi (per inciso, uno che le ha cantate x bene a Padoan e agli austerity-boys), dove verso la fine c’e’ un grafico che mostra
    1) che l’Italia e’ il Paese (fra i 13 considerati) dove c’e’ la minor mobilita’ sociale (ovvero, dove lo stipendio di una persona e’ maggiormente correlato con lo stipendio dei genitori)
    2) che anche in quanto a diseguaglianza siam messi male (terzultimi a pari demerito con l’Australia, facendo meglio solo di USA e UK).
    Per il resto il post non ha molto a che vedere con l’Italia.. ma con le ricette neoliberiste si’. Lo trovate su
    http://krugman.blogs.nytimes.com/2014/03/04/the-real-poverty-trap/?module=BlogPost-Title&version=Blog%20Main&contentCollection=Opinion&action=Click&pgtype=Blogs&region=Body

    da Emanuele Ripamonti   - mercoledì, 5 marzo 2014 alle 14:37

  4. no ma il merito non esiste proprio, anche con uguali condizioni di partenza se qualcuno eccelle vuol dire che uno è costituzionalmente (nel senso di struttura psicofisica) migliore e che ceppa di “merito” c’è in questo?
    che merito ha Rocco Siffredi rispetto a me, per dire

    da david   - mercoledì, 5 marzo 2014 alle 17:41

  5. Il merito esiste, eccome. Purtroppo in questo mondo siamo messi in (malo) modo che solo alcuni raccomandati hanno la possibilità di dimostrarlo. Chi viene escluso dalle raccomandazioni, per dimostrare le sue capacità deve essere un personaggio davvero eccezionale. Tanto per fare un esempio di ricorrenza annuale, penso alle nuove proposte di ogni Sanremo: non c’è alcun “Mollica” o “Fazio” che abbia la delicatezza del ruolo per promuoverle sui media. Mi ricordo della canzone “Carlo”, mi era piaciuta moltissimo tanto da indurmi all’acquisto del disco, ma poi, della brava cantante che l’aveva interpretata a Sanremo non si è più saputo nulla… Così avviene per i cd “Talent”… Per questa politica sociale il mio voto di buon senso non potrebbe sicuramente superare il 4!…

    da Vittorio Grondona   - giovedì, 6 marzo 2014 alle 11:14

Lascia un commento