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Corso di sopravvivenza al “piano giovani” Letta-Alfano

Non so esattamente come reagirei se fossi giovane all’annuncio di un imminente “piano giovani” a cura del governo Letta-Alfano Suggerisco alcune ipotesi. Uno. Invecchiare velocemente. Due. Darsi alla macchia. Tre. Auspicare serenamente il superamento della riforma Fornero che va urgentemente riformata, a quanto pare dagli stessi che votarono la riforma Fornero – non alcuni decenni fa, ma solo pochi mesi addietro – tra applausi e attestazioni di stima per il ministro più pasticcione che abbia mai calcato le scene. Vediamo il dettaglio. Darsi alla macchia costa. Invecchiare rapidamente produrrebbe innegabili vantaggi per la società. Usando alcol e fumo, per esempio (due innegabili fattori di invecchiamento) si pagherebbero più tasse, magari finendo per aiutare gli egoisti che decidono di restare giovani e approfittare del “piano giovani” del governo. Riformare la riforma Fornero sembra invece la via maestra. Con il che capirete tutti che essere giovani, oggi, da queste parti, è uno sport estremo, tipo il salto con l’elastico dal cavalcavia più alto del mondo, con il serafico pensiero che l’elastico te lo aggancia il governo.
A quanto si capisce dalle prime indiscrezioni sul “piano giovani”, la prima mossa è incrociare le dita. Fatti gli opportuni scongiuri, bisogna attendere il 29 maggio e sperare che la Ue revochi la procedura di infrazione per l’Italia. In quel caso, avremo dei soldi da spendere per sostenere il lavoro, cioè pagare la cassa integrazione per chi non ce l’ha. Seconda astuta mossa: rendere più facilmente rinnovabili (con intervalli minimi) i contrattini precari su cui campa (malamente) mezza Italia. Si scontrano qui due filosofie. Astutamente, la Fornero pensava che aumentando l’intervallo tra un contratto e l’altro le aziende avrebbero assunto i precari. Ancora più astutamente, le aziende li hanno licenziati prendendo in carico altri precari da licenziare subito dopo. Ora si sostiene invece che riducendo l’intervallo tra un contrattino e l’altro le aziende preferiscano tenersi i precari usati invece che renderli al concessionario in cambio di quelli nuovi. I contrattini perderebbero le loro “causali”, cioè ti facciamo un contratto, ma perché e percome non lo scriviamo. In questo modo tutto diventa più facile (per le aziende), aumenta la ricattabilità di chi lavora, il precariato diventa stabile, la regolarizzazione vi fa marameo. Come diceva quello che sfrecciava davanti alle finestre del secondo piano cascando dal tetto: fin qui tutto bene.
Le cose si complicano quando si mette mano alle questione generazionale. I giovani non lavorano perché i vecchi lavorano troppo a lungo. E questo, per inciso, lo dicono gli stessi che hanno votato la riforma delle pensioni (ancora Fornero) che allungava l’età lavorativa. Ora si teorizza che facendo dei contrattini part-time ai padri, potremo permetterci il lusso di fare dei contrattini a termine ai figli. Con il che, come si capisce, si dà l’ultima martellata all’unico vero e ancora funzionante welfare italiano, la famiglia. Dalla formula “Non-ho-un-lavoro-ma-grazie-a-Dio-ce-l’ha-mio-padre”, si passerà alla nuova formula: “Ho-un-lavoro-precario-esattamente-come-mio-padre”. Ed ecco sistemato il conflitto generazionale: prima si è cominciato a chiamare “privilegi” i diritti. Poi si è detto che molti non avevano diritti per colpa dei “privilegi” della generazione precedente. Ora si sistemano tutte le generazioni. Niente diritti e niente privilegi. Un piano per i giovani. Diabolico.

9 commenti »

9 Commenti a “Corso di sopravvivenza al “piano giovani” Letta-Alfano”

  1. “Ora si sistemano tutte le generazioni. Niente diritti e niente privilegi” che è esattamente quello che vogliono da sempre.

    diciamoci il vero però:
    se gli italian*)intesi come massa) non ha le palle per scendere in strada e rivoltare tutto, è giusto che questo sia quello che si meritano.
    perchè, diciamocelo, non basta usare la scusa che se vai in stada davanti ti trovi i “gendarmi a difendere l0ordine costituito” per spiegare perchè la gente non lo faccia. è che o alla gente va bene così o proprio non hanno le palle

    da stella   - giovedì, 23 maggio 2013 alle 11:40

  2. “Con il che capirete tutti che essere giovani, oggi, da queste parti, è uno sport estremo, tipo il salto con l’elastico dal cavalcavia più alto del mondo, con il serafico pensiero che l’elastico te lo aggancia il governo”… non avrei saputo descriverlo meglio! La sensazione è che l’elastico sia più che altro un filo di cotone.

    da Chiara   - giovedì, 23 maggio 2013 alle 13:03

  3. “è che o alla gente va bene così o proprio non hanno le palle”

    @Stella, ti segnalo una terza opzione: noi “gente” (riprendo un termine tuo) scendiamo in strada per provare a farci sentire (tipo – chi è milanese capirà di cosa parlo – ieri davanti a Palazzo Marino), le prendiamo di santa ragione, e tornati a casa ci vediamo segnalati dai tg come provocatori, piromani e distruttori generici.
    Capita in queste situazioni che il senso di impotenza faccia scemare il desiderio di azione. La rabbia che produceva ribellione diventa sconforto.
    Generalmente tale effetto è temporaneo. Perché il bello di essere “giovani” è che la volontà torna a infiammarci in fretta.
    Ma ogni volta la fiammella è un po’ meno intensa. I sindaci non ci vogliono, la polizia ci manganella, i tg ci discreditano, i giornali ci rimproverano, i concittadini spesso non capiscono. Il messaggio percepito è “non vi ascoltiamo, vi sediamo”.
    Un messaggio chiaro e forte, non certo incoraggiante per chi si sforza di cambiare le cose.

    da Chiara   - giovedì, 23 maggio 2013 alle 13:17

  4. continuare a essere precariamente ironici in questo stato di cose è l’ultimo atto eroico possibile.Certo,uno potrebbe sempre confidare di entrare nell’entourage di qualche trasmissione finto impegnata da prima serata.Di quelle dove i conduttori hanno l’aria di chi pur di far risorgere una società in agonia sarebbe disposta a dare un braccio(mai il loro,of course)

    da diamonds   - giovedì, 23 maggio 2013 alle 16:19

  5. @chiara
    per “gente” non mi riferisco a “noi” che ci siamo quando c’è da esserci (ovvero sempre o quasi).
    t’assicuro che sotto la Mole non è che ci vanno con i guanti di velluto in quanto a manganellate e denunce varie, eppure (come Milano, Genova, Roma, etc) non è che in piazza non ci si vada.
    E la domanda-ovvietà, appunto, non era riferito a noi, ma proprio alla gggente.

    da stella   - giovedì, 23 maggio 2013 alle 18:43

  6. tendo ad appoggiare le tesi di Stella e Chiara circa l’alta considerazione dei giovani che protestano e che magari toh! persino occupano spazi desolatamente vuoti per farci attività intelligenti e creative dentro..
    In attesa che berlusconi ammazzi qualche vecchietta (e anche in questo caso non è detto che diventi ineleggibile), informo che il Grande Fratello ha riaperto il casting..

    da paola   - venerdì, 24 maggio 2013 alle 00:49

  7. Dove ci si può iscrivere alle audizioni per il Grande Fratello? Sul blog di Grillo?

    da Tiziana   - venerdì, 24 maggio 2013 alle 12:23

  8. @Stella: a maggior ragione! Se questo riesce a scoraggiare “noi” cittadini attivi figuriamoci chi già di per sé non sarebbe portato alla protesta. Probabilmente traggono le somme e deducono che non ne vale la pena… sporcarsi le mani per un nulla di fatto. E’ certamete più semplice cedere alla realtà delle cose, con passiva rassegnazione, dire “governo ladro” di tanto in tanto e restare nella veste di spettatori a guardare come va a finire.

    da Chiara   - venerdì, 24 maggio 2013 alle 13:09

  9. Il problema lavoro ha da sempre tormentato la gioventù, anche quando negli anni del boom sembrava che la conquista del posto di lavoro fosse più facile. No, non era affatto così. L’industria, il commercio e le cd ditte individuali non sono mai stati nel loro complesso filantropi nei confronti dei dipendenti. Molti “bambini” venivano avviati al lavoro anche nei periodi delle vacanze estive della scuola elementare. Dovevano imparare il mestiere, si diceva. Chi infatti proveniva da queste esperienze al termine della scuola dell’obbligo riusciva a trovare un buco di lavoro con relativa facilità. Chi invece si attardava, magari anche solo per frequentare le medie inferiori, trovava molto più difficoltoso sistemarsi. Da parte sua lo Stato aveva predisposto un sistema di utilizzo della popolazione ai fini del lavoro preferendolo alla semplice “elemosina” delle varie formule di aiuto sociale. Conviene sempre pagare in cambio di qualcosa che pagare in cambio di nulla. Anche le cd “pensioni baby” favorivano non solo un ricambio generazionale, ma spesso producevano sul territorio una vera e propria struttura famigliare di assistenza ai vecchi e ai bambini. Siamo arrivati al “Craxi periodo”, un socialismo arraffone che della società non aveva capito assolutamente nulla. Clientelismo alla massima potenza… Da lì sono nati il berlusconismo ed il menefreghismo sociale. Si è scoperto il PC, il database, il foglio elettronico… Il lavoratore in sostanza oggi non ha più ragione di esistere. L’eventuale manovalanza ancora necessaria in Italia è lasciata allo sfruttamento dei più deboli della società ed ai clandestini spinti nelle mani dei caporali del lavoro soffocati da una legge incivile che li vuole in galera…. Tutto il resto si fa “on line”!… Perfino le nomine dei nuovi parlamentari… Chi non serve al capitale vada a ramengo… E’ un sistema che non può durare…

    da Vittorio Grondona   - domenica, 26 maggio 2013 alle 10:19

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